Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20363 del 28/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/09/2020, (ud. 09/09/2020, dep. 28/09/2020), n.20363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4062-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

STARWOOD ITALIA SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE N. 1,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO FEDELE, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4680/14/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 31/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle entrate notificò in data 16.4.2015 la cartella di pagamento n. (OMISSIS) alla Starwood Italia srl relativa al pagamento della somma di Euro 449.980,05 di cui Euro 429.985,70 a titolo di interessi di sospensione, dovuti per il periodo dal 5.6.2012 al 2.12.2014 sulle somme portate dalla cartella di pagamento n. (OMISSIS) la cui esecuzione era stata sospesa giudizialmente dalla CTP di Milano in pendenza del ricorso proposto dalla contribuente, poi rigettato nel merito con sentenza n. 10740/40/2014.

La contribuente impugnò la cartella di pagamento n. (OMISSIS) relativa agli interessi davanti alla CTP di Milano, lamentando: a) l’infondatezza della pretesa originata da una precedente iscrizione illegittima, poichè basata su un avviso di liquidazione sospeso in via giudiziale; b) la non debenza degli interessi sulle somme oggetto della cartella n. (OMISSIS) l’esecutività della quale era stata sospesa, non essendo applicabile la disciplina in tema di interessi prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 39, comma 2 in ipotesi di sospensione dell’esecuzione della cartella disposta dall’Ufficio. La CTP respinse il ricorso, sostenendo che la ricorrente aveva lamentato vizi relativi all’atto prodromico senza prospettare censure rispetto al contenuto proprio della cartella impugnata, senza nemmeno considerare che il giudizio relativo all’atto prodromico si era già concluso con esito sfavorevole al contribuente in primo grado.

Inoltre, secondo la CTP gli interessi in caso di sospensione giudiziale erano dovuti in base alla disposizione di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 39 relativa all’ipotesi di interessi in caso di sospensione disposta dall’Ufficio.

La contribuente propose appello davanti alla CTR Lombardia che, con la sentenza indicata in epigrafe, accolse l’impugnazione.

Il giudice di appello ritenne l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo degli interessi in ragione della riconosciuta illegittimità della precedente iscrizione a ruolo degli importi richiesti dall’Ufficio sulla base dell’avviso di liquidazione soggetto a sospensione in sede giudiziale.

La CTR rilevò il comportamento scorretto dell’Amministrazione che non aveva disposto l’annullamento della cartella esattoriale in autotutela, ma si era limitata ad adottare un provvedimento di sospensione degli effetti dell’atto, mai comunicato alla contribuente.

La CTR, inoltre, ritenne non dovuti gli interessi maturati sulle somme indicate come dovute dalla cartella sospesa giudizialmente in quanto in tale lasso temporale il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 47 nella versione ratione temporis vigente, non prevedeva l’applicazione di alcun interesse sul debito fiscale sospeso. Secondo la CTR solo con l’introduzione del D.Lgs. n. 546 del 1992, citato art. 47, comma 8 bis a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 156 del 2015, sarebbe stata espressamente stabilita l’applicazione degli interessi al medesimo tasso di quelli originariamente dovuti in caso di sospensione d’Ufficio anche per le ipotesi di sospensione giudiziale.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

La parte intimata ha resistito con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 47, comma 1, e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, poichè la sospensione giudiziale dell’esecuzione dell’atto impositivo non precluderebbe l’iscrizione a ruolo e la notifica della cartella di pagamento.

Tale motivo è fondato.

Ed invero, questa Corte è ferma nel ritenere che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 47 prevede al comma 1 che il contribuente ricorrente possa chiedere alla CTP la sospensione dell’esecuzione dell’atto, se dallo stesso “può derivargli un danno grave ed irreparabile” ed al comma 7 che “Gli effetti della sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado”. Giova altresì rammentare che le Sezioni unite hanno chiarito che la cartella di pagamento è atto prodromico all’esecuzione, avendo più volte affermato che, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 come modificato dalla L. n. 448 del 2001, art. 12 “sono sottratte alla giurisdizione del giudice tributario le sole controversie attinenti alla fase dell’esecuzione forzata” con la conseguenza che “l’impugnazione degli atti prodromici all’esecuzione, quali la cartella esattoriale o l’avviso di mora (o l’intimazione di pagamento D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 50) è devoluta alla giurisdizione delle commissioni tributarie, se autonomamente impugnabili ai sensi dell’art. 19 del medesimo D.Lgs.” (Cass. S.U. nn. 8279/2008, 8770/2016, 13913/2017). Da ciò questa Corte ha tratto il convincimento che la cartella è solo un atto prodromico all’esecuzione ed ha un carattere meramente consequenziale rispetto agli avvisi di accertamento. Sicchè la sospensione dell’atto impositivo, concernendo l’esecuzione, non spiega diretti effetti sulla cartella, che è atto prodromico dell’esecuzione, di guisa che la cartella, ove impugnata, avrebbe dovuto essere a sua volta oggetto di richiesta di sospensione qualora la parte avesse ritenuto che potesse derivarle un danno grave ed irreparabile richiesta che nel caso di specie non sembra essere stata avanzata – (Cass. n. 30584/2017).

Orbene, facendo applicazione di tali principi al caso di specie la CTR non avrebbe potuto annullare la cartella, come erroneamente ha fatto: ciò a maggior ragione dal momento in cui la cartella qui impugnata era stata emessa in epoca successiva alla sentenza di rigetto della CTP di Milano relativa all’avviso di accertamento ritenuto legittimo dal giudice tributario successivamente alla sospensione dell’esecuzione della prima cartella di pagamento emessa a carico della parte contribuente.

Il motivo va pertanto accolto.

Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione dell’art. 1282 c.c., poichè la CTR avrebbe dovuto ritenere applicabili, per il periodo di sospensione giudiziale dell’atto impositivo e della successiva cartella, gli interessi legali.

Il motivo è fondato.

Premesso che la questione relativa alla debenza degli interessi legali era già entrata nel tema oggetto del giudizio per espressa richiesta azionata in via subordinata dalla parte ricorrente e dalla stessa Agenzia delle entrate, il motivo è fondato.

Ed invero, questa Corte ha già avuto modo di affermare che in materia tributaria, qualora il ricorso del contribuente sia accolto solo parzialmente e la sentenza di merito confermi la legittimità del titolo impugnato, l’intervenuta sospensione giudiziale della riscossione di cartelle di pagamento non determina la necessità di una nuova iscrizione a ruolo per gli interessi intanto maturati sull’importo dell’imposta dovuta, fondandosi tale pretesa sul principio generale di cui all’art. 1282 c.c., comma 1, secondo cui i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto in misura del tasso legale, salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente – cfr. Cass. n. 15970/2014 -. In tale occasione, la Corte ha rammentato che gli interessi per il periodo di sospensione sono comunque dovuti “al tasso legale con riferimento (anche) al duplice periodo di sospensione, in virtù della generale norma codicistica sopra menzionata (per l’appunto, l’art. 1282 c.c.)”.

In modo ancorpiù pertinente rispetto alla vicenda qui all’esame di questo Collegio va rammentato, poi, quanto affermato da Cass. n. 1312/2018.

In tale ultima occasione, questa Corte, rigettando il ricorso proposto dal contribuente nell’ambito di una vicenda sostanzialmente sovrapponibile a quella qui in esame-impugnazione di cartella relativa ad interessi dovuti per il periodo di sospensione cautelare della pretesa fiscale disposta dal giudice tributario, ebbe a rilevare, rigettando il ricorso della parte contribuente che “…A norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 47, comma 7, “gli effetti della sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado”. La tesi del ricorrente secondo cui tale cessazione di efficacia non può comunque comportare il recupero degli interessi decorsi durante il periodo di sospensione muove dall’implicito assunto che tale sospensione abbia comunque di per sè determinato la sterilizzazione della pretesa, con riferimento ai suoi accessori, e ciò indipendentemente dal successivo esito del giudizio di merito e dunque da ogni definitiva valutazione sulla fondatezza della stessa. Tale premessa è priva di fondamento e risulta ascrivibile ad una lettura erronea della finalità e, conseguentemente, degli effetti della sospensione cautelare di cui alla citata norma. Questa infatti, per la funzione cautelare e non decisoria che le è propria, non incide sull’efficacia del provvedimento impugnato, il quale conserva nelle more del giudizio i suoi effetti e la sua validità, ma esclusivamente sulla esecutività della stessa, con la sola conseguenza che, se e fin quando permane il provvedimento di sospensione, non potrà procedersi alla riscossione coattiva nè dei tributi nè degli interessi relativi, ma non anche che la dovutezza nel merito di questi ultimi debba ritenersi definitivamente esclusa sia pure per il solo intervallo temporale della sospensione. E’ per questo che può affermarsi, secondo comune definizione, che la cessazione degli effetti della sospensione in conseguenza della sentenza di primo grado reiettiva del ricorso determina la “caducazione” o il “travolgimento” degli effetti medesimi, comportando essa la possibilità di procedere a riscossione coattiva per l’intero credito dei relativi accessori accertati nel merito in sentenza. In tal senso questa Corte ha già affermato che qualora il ricorso del contribuente sia accolto solo parzialmente e la sentenza di merito confermi la legittimità del titolo impugnato, l’intervenuta sospensione giudiziale della riscossione di cartelle di pagamento non determina la necessità di una nuova iscrizione a ruolo per gli interessi intanto maturati sull’importo dell’imposta dovuta, fondandosi tale pretesa sul principio generale di cui all’art. 1282 c.c., comma 1, secondo cui i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto in misura del tasso legale, salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente (Cass. 11/07/2014, n. 15970)”.

E nella medesima occasione è stato ancora chiarito che “…Non può condurre a diversa conclusione l’introduzione nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 47, ad opera dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, comma 1, lett. r), n. 4), (Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario), di un comma 8-bis a mente del quale “durante il periodo di sospensione cautelare si applicano gli interessi al tasso previsto per la sospensione amministrativa”. Tale novella, oltre a non essere applicabile alla fattispecie ratione temporis (la stessa infatti trova applicazione a decorrere dal 1 gennaio 2016, ai sensi di quanto disposto dall’art. 12, comma 1, del medesimo D.Lgs.), non può nemmeno costituire argomento per una ricostruzione della disciplina previgente nei sensi proposti dal ricorrente. L’innovazione introdotta da tale disposizione non consiste infatti nell’aver essa previsto l’applicazione, durante il periodo di sospensione cautelare, di interessi che prima, in mancanza di espressa previsione, andavano esclusi, ma solo nell’aver parificato – per evidenti esigenze di razionalità e parità di trattamento – il tasso di interesse applicabile nel detto periodo a quello che sarebbe stato da applicare laddove, anzichè di sospensione giudiziale, si fosse trattato di sospensione amministrativa, ossia disposta, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 39″.

Risulta dunque evidente l’error iuris nel quale è incorsa la CTR nell’escludere il diritto alla corresponsione di qualunque tipologia di interessi per il periodo di sospensione, ritenendo che la materia fosse stata innovativamente regolata dall’art. 47 ult. cit. senza fare applicazione della disciplina codicistica.

Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia rinvio ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2020

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