Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2036 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2022, (ud. 03/12/2021, dep. 25/01/2022), n.2036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9325/2016 proposto da:

Solar Power Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via Cosseria, 2 presso lo Studio

Fais Placidi, rappresentato e difeso dall’avvocato Amoruso Lorenzo;

– ricorrente –

contro

Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2089/2015 della COMM.TRIB.REG., PUGLIA,

depositata il 07/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2021 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO;

lette le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. De Matteis Stanislao, che ha chiesto il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

FATTI DELLA CAUSA

1. In causa su avvisi di classamento di due immobili a destinazione speciale (precisamente due impianti fotovoltaici accatastati in D/1) di proprietà della srl Solar Power, con attribuzione di rendita superiore a quella proposta dalla società con procedura Docfa, la CTR della Puglia, con la sentenza in epigrafe, in totale riforma della sentenza di primo grado con la quale gli avvisi erano stati annullati per difetto di motivazione, dichiarava gli avvisi legittimi facendo tre affermazioni: “quanto alla eccepita omessa stima diretta da parte della Agenzia del Territorio”, detta eccezione è infondata giacché “era stata la stessa contribuente, mediante procedura Docfa, a… fornire (all’Agenzia) le schede tecniche degli impianti medesimi sulla base delle quali l’Agenzia ha potuto valutare le dimensioni e la potenza degli impianti e rideterminare di conseguenza il classamento e la rendita catastale”; “la stima diretta, intesa come sopralluogo dell’ufficio, non era nel caso di specie necessaria essendo il nuovo classamento conseguito alla denuncia di variazione catastale presentata dalla contribuente”; “quanto alla eccezione di nullità dell’avviso per omessa o carente motivazione… l’avviso di accertamento impugnato deve ritenersi sufficientemente motivato. Infatti in esso sono indicati tutti gli elementi oggettivi, sufficienti e necessari, a rendere edotto il contribuente dei motivi del riclassamento operato dall’ufficio quali la categoria attribuita agli impianti accertati, la potenza degli impianti determinata in KW, il saggio adottato del 2% (non contestato dalla contribuente) e la rendita pari a Euro2000, applicabile ad ogni singoli KW accertato”.

2.La contribuente ricorre per la cassazione di detta sentenza. Il ricorso è basato su tre motivi. Memoria depositata.

3. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

4. La pubblica udienza del 3 dicembre 2021 è stata tenuta in camera di consiglio ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, conv. con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, nonché del D.L. 23 luglio 2021, n. 105, art. 7 conv. con modif. dalla L. 16 settembre 2021, n. 126.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la contribuente lamenta violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3. Sostiene che la CTR abbia errato nel ritenere gli avvisi motivati giacché l’Agenzia “aveva stravolto i dati e le metodologie” di calcolo della rendita proposti da essa contribuente, in particolare “non valutando gli impianti in base alle superfici radianti bensì in base al valore assegnato a ciascun kilowatt di potenza senza spiegare il motivo di tale scelta e quindi utilizzando un valore apodittico e indimostrato e neppure giustificato da elementi certi”. “La nuova rendita attribuita derivava da un diverso metodo applicato e da complessi conteggi e ragionamenti che il contribuente non era stato messo in grado di comprendere”.

2. Con il secondo motivo di ricorso la contribuente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR affermato che “la stima diretta, intesa come sopralluogo dell’ufficio, non era nel caso di specie necessaria essendo il nuovo classamento conseguito alla denuncia di variazione catastale presentata dalla contribuente”, laddove mai vi era stata questione sulla necessità o non del sopralluogo avendo invece ed essa ricorrente eccepito “che l’indicazione (contenuta negli avvisi secondo cui l’ufficio aveva proceduto con “stima diretta”) non poteva essere considerata sufficiente” a integrare la motivazione degli avvisi.

3. Con il terzo motivo di ricorso la contribuente lamenta, sotto la rubrica di “violazione dell’art. 112 c.p.c.” che la CTR abbia ritenuto gli avvisi sufficientemente motivati malgrado gli stessi non facessero riferimento ai contenuti della circolare n. 6/T emanata dall’Agenzia del Territorio il 30 novembre 2012 in tema di procedimento – o diretto o indiretto – previsto per la stima diretta degli immobili, come quelli di cui trattasi, a destinazione speciale. La contribuente, nella parte finale dell’esposizione del motivo, richiama valutazioni di cui ad una “memoria illustrativa del 6/10/2014 depositata davanti alla CTP)”, tendenti a contestare la valutazione dell’ufficio.

4.1 tre motivi di ricorso possono essere esaminati assieme perché sono centrati sulla medesima censura di violazione delle norme sulla motivazione degli avvisi di classamento.

E’ stato da questa Corte precisato che, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito della procedura disciplinata dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2 convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 1993, n. 75, e del D.M. n.19 aprile 1994, n. 701 (cosiddetta procedura DOCFA), ed in base ad una stima diretta eseguita dall’ufficio, l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento, stabilito dalla L. n. 212 del 2000, art. 7 è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, nel caso in cui gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso opposto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass. n. 31809/2018; Cass. n. 12777/2018; Cass., Sez. 6 – 5, ord. n. 6065 del 2017; conf. Cass. sez. 6-5, ord. 13 febbraio 2014, n. 3394, Cass. sez. 5, 31 ottobre 2014, n. 23237, Cass. sez. 6-5, ord. 16 giugno 2016, n. 12497).

E’ stato altresì detto che “In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito della procedura disciplinata dal D.L. n. 16 del 1993, art. 2 conv. in L. n. 75 del 1993, e del D.M. 19 aprile 1994, n. 701 (cd. procedura DOCFA) ed in base ad una stima diretta eseguita dall’Ufficio (come accade per gli immobili classificati nel gruppo catastale D), tale stima, che integra il presupposto ed il fondamento motivazionale dell’avviso di classamento (esprimendo un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, in relazione al quale la presenza e l’adeguatezza della motivazione rilevano ai fini non già della legittimità, ma dell’attendibilità concreta del cennato giudizio, e, in sede contenziosa, della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa), costituisce un atto conosciuto e comunque prontamente e facilmente conoscibile per il contribuente, in quanto posto in essere nell’ambito di un procedimento a struttura fortemente partecipativa, con la conseguenza che la sua mancata riproduzione o allegazione all’avviso di classamento non si traduce in un difetto di motivazione (Cass. n. 17971 del 2018; n. 16824 del 2006).

La CTR ha affermato che “era stata la stessa contribuente, mediante procedura Docfa, a… fornire (all’Agenzia) le schede tecniche degli impianti medesimi sulla base delle quali l’Agenzia ha potuto valutare le dimensioni e la potenza degli impianti e rideterminare di conseguenza il classamento e la rendita catastale” ed ha quindi ritenuto gli avvisi sufficientemente motivati.

La CTR ha affermato che l’ufficio non aveva messo in discussione la consistenza fattuale ed oggettiva degli impianti – non aveva cioè assunto che la società Solar Power non avesse denunciato componenti immobiliari o mobiliari rilevanti ai fini dell’attribuzione di rendita -, bensì aveva attribuito a tale (riconosciuta) consistenza una diversa valutazione economica.

La violazione delle norme sulla motivazione degli atti tributari sarebbe stata commessa dalla CTR se essa – diversamente da quanto ha affermato – avesse evidenziato che gli elementi di fatto indicati dal contribuente erano stati disattesi dall’Ufficio ed avesse ritenuto nondimeno gli avvisi motivati mediante la semplice indicazione della rendita attribuita agli immobili in rettifica della rendita proposta.

Va rilevato che dalle pagine 15 e ss. del controricorso, emerge che il procedimento seguito per il calcolo della rendita con stima diretta era stato quello c.d. indiretto (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 27 e ss.) con riferimento al valore di mercato, espresso in Euro/Kv, ricavato da alcune compravendite di impianti similari a quelli in questione.

Sotto questo profilo, appurata la conformità metodologica seguita alla disciplina di riferimento (D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 28-29), è inammissibile, in sede di legittimità, la doglianza che, presentata nella forma del difetto di motivazione dell’avviso, sia tendente a contestare la valutazione estimativa (cfr. Cass. 23220/2020, in motivazione).

La sentenza impugnata laddove ha ritenuto gli avvisi motivati si sottrae ad ogni censura.

5. Il ricorso deve essere rigettato.

6. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la contribuente a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro4500,00, oltre spese prenotate a debito;

ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, a carico della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, a norma del comma 1-bis, stesso art., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

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