Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20358 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 26/07/2019, (ud. 27/06/2019, dep. 26/07/2019), n.20358

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5657-2013 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE DEI

MELLINI 17, presso lo studio dell’avvocato CANTILLO CRESTE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CANTILLO GUGLIELMO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 215/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 06/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/06/2019 dal Consigliere Dott. CORRADINI GRAZIA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 71/13/2010 la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno rigettava il ricorso proposto da T.A. contro l’atto di contestazione prot. n. (OMISSIS) e l’avviso di pagamento prot. n. (OMISSIS) in data 23.6. 2009 con cui l’Ufficio delle Dogane di Salerno, a seguito di indagini avviate dalla Guardia di Finanza di Giugliano nei confronti della Sud Petroli Srl, esercente l’attività di deposito di prodotti petroliferi e di un verbale di constatazione e accertamento del 21.4.2009 della Guardia di Finanza di Salerno riguardante la azienda florovivaistica di T.A. con sede a (OMISSIS), aveva rilevato a carico della ditta T. un acquisto simulato di gasolio con accisa esente per gli anni 2004, 2005 e 2006, pari a litri 445.660 (rispetto ai 596.060 litri fatturati), avendo la Sud Petroli emesso nei confronti della azienda florovivaistica T. documenti di accompagnamento “DAS” e relative fatture per la vendita di gasolio agevolato, gran parte del quale mai arrivato presso la citata azienda agricola.

Gli atti impugnati erano basati sulle verifiche svolte dalla Guardia di Finanza attraverso l’estratto dei tabulati telepass, le intercettazioni telefoniche, l’esame della documentazione esibita in sede di accesso e l’installazione di GPS sui mezzi di trasporto che avevano consentito di accertare come numerose aziende florovivaistiche che si rifornivano dalla Sud Petroli, fra cui la azienda T., avevano perpetrato una sofisticata frode ai danni dell’Erario, derivante dalla commercializzazione di prodotti petroliferi agevolati illecitamente distratti ad usi maggiormente tassati, attraverso la formazione di falsi documenti accompagnatori e false fatture di vendita intestate a consapevoli imprenditori floro vivaistici, destinatari di agevolazione sul pagamento delle accise, che era servita ad immettere in consumo solo formalmente un prodotto petrolifero ad accisa agevolata o addirittura esente, che non era stato, però, quasi mai consegnato agli intestatari della documentazione accompagnatoria e fiscale, bensì venduto a soggetti non aventi titolo ad un prezzo conveniente. Con particolare riguardo alla azienda T., era emerso dal raffronto fra i DAS emessi dalla Sud Petroli ed i rilevamenti degli apparecchi telepass installati a bordo degli automezzi adibiti al trasporto dei carburanti, trasmessi da Autostrade per l’Italia, che nei giorni in cui sarebbe dovuto avvenire il trasporto e lo scarico del gasolio presso l’azienda T. la autocisterna, indicata nei documenti di trasporto, si trovava in ben altra località e che inoltre la azienda T. si riforniva presso un distributore sito a 70 chilometri dal luogo di ubicazione delle serre, che eseguiva tutti i pagamenti in contanti e che i grossi quantitativi fatturati non erano giustificati dal volume di affari della azienda che non necessitavano di tali quantità di carburante per il riscaldamento, per cui solo 150.400 litri di gasolio della maggiore quantità fatturata dalla Sud Petroli erano effettivamente giunti a destinazione ed erano stati impiegati nella attività agevolata.

La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso iniziale del contribuente – con cui era stato dedotto difetto di motivazione dell’atto impugnato e inconferenza delle argomentazioni addotte dall’Ufficio per sostenere la falsità delle operazioni commerciali – ritenendo provata la vendita simulata di gasolio sulla base di dati incontrovertibili emergenti dalle indagini della Guardia di Finanza di Giugliano e di Salerno, dalle risultanze dei GPS posizionati sotto le autobotti e dalle vistose incongruenze tra i volumi di affari dichiarati dalla azienda T. ed il costo sostenuto per l’acquisto di carburanti.

Investita dall’appello del contribuente – che deduceva omessa pronuncia sui vizi di motivazione lamentati con il ricorso introduttivo, difetto di motivazione in relazione alla mancata contestazione da parte della Agenzia delle Dogane sulle critiche motivazionali dedotte con i motivi di ricorso e omessa insufficiente e contraddittoria motivazione della pretesa fatta valere dalla Agenzia delle Dogane per avere completamente stravolto i fatti, gli atti ed i dati contabili, in particolare omettendo di tenere conto del fatto che i rilevatori di posizione erano stati installati dalla Guardia di Finanza solo il 26.10.2006 e della congruenza fra le quantità di gasolio acquistate ed il volume di affari alla stregua di una perizia stragiudiziale versata in atti – la Commissione Tributaria Regionale della Campania, Sezione Distaccata di Salerno, con sentenza n. 215/2/2012 in data 21.6.2012, rigettava l’appello e condannava il contribuente alle spese. I giudici di appello rilevavano in primo luogo, quanto alle questioni preliminari poste dall’appellante, che i dati forniti dalla Guardia di Finanza erano pienamente utilizzabili essendo essa legittimata a fruire di tuti i mezzi istruttori ritenuti più adeguati per il conseguimento dell’obiettivo della lotta alle frodi ed alla evasione fiscale. Non vi era stata perciò alcuna lesione al diritto costituzionale, soprattutto perchè l’accertamento, prendendo origine da una attività di verifica tributaria, si era riversato in un procedimento penale. Dai controlli effettuati emergevano poi indizi gravi, precisi e concordanti in merito alla evasione della accisa sui carburanti, anche al di là della eccepita apposizione dei sistemi di rilevamento con il GPS solo nel 2006, poichè la attività di evasione era stata motivata anche sulla base di diversi altri elementi che giustificavano già di per sè l’accertamento, quali: la incongruenza palese del volume di affari prodotto dalla ditta T. rispetto ai volumi di carburante caricati; il confronto fra i DAS ed i telepass rilasciati dalla Autostrade per l’Italia; i telepass che testimoniavano, sia pure a posteriori, una condotta duratura nel tempo, tesa ad eludere la normativa sui benefici sulle accise applicabili a talune categorie di soggetti; e si trattava di un quadro completo indicativo di una corretta ricostruzione della vicenda da parte prima della Guardia di Finanza, poi della Agenzia delle Entrate ed infine del giudice di primo grado.

Contro la sentenza d’appello, depositata il 6 luglio 2012, non notificata, ha proposto appello il contribuente con atto notificato in data 20 febbraio 2013 affidato a tre motivi.

Resiste la Agenzia delle Dogane con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame di un motivo di appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere il giudice di appello omesso di pronunciare sui motivi di impugnazione formulati con il ricorso introduttivo su cui non aveva preso posizione il giudice di primo grado. In proposito il contribuente sostiene che, già con il ricorso introduttivo, aveva lamentato la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, per avere la Agenzia delle Dogane affidato la motivazione dell’atto impositivo per relationem alla verifica condotta dalla Guardia di Finanza e che, su tale punto, non aveva avuto risposta da parte del giudice di primo grado, ma neppure in appello pur avendo denunciato la questione anche in tale sede, con conseguente violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c. ed omessa decisione su un capo della domanda che, se esaminato, avrebbe portato alla nullità dell’avviso di accertamento impugnato poichè nella motivazione dell’accertamento si faceva riferimento ad altro atto, e cioè il verbale di constatazione emesso dalla Guardia di Finanza di Giugliano nei confronti della Sud Petroli, che non era stato allegato all’accertamento e non era neppure previamente conosciuto dal contribuente.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. Il ricorrente ha in sostanza dedotto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 112 c.p.c., omessa pronuncia del giudice di appello e conseguente vizio di nullità della sentenza per “error in procedendo”, censurato in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, asserendo che con l’atto di appello avrebbe lamentato la mancata statuizione da parte del primo giudice sul difetto di motivazione dell’atto impugnato, in quanto fondato su un verbale di constatazione, non allegato all’accertamento, emesso dalla Guardia di Finanza di Giugliano nei confronti di soggetto terzo. Però dalla trascrizione di parte del ricorso iniziale (eseguita dal contribuente nella nota in calce a pagina 12 del ricorso per cassazione) risulta che con il ricorso iniziale contro l’atto impugnato aveva lamentato, non già la mancata allegazione all’accertamento di atti in esso menzionati e tanto meno la violazione dell’art 7 comma 1 dello statuto dei dritti del contribuente, bensì soltanto la mancanza di attività istruttoria propria da parte della Guardia di Finanza di Salerno circa le effettive caratteristiche e condizioni di svolgimento dell’attività produttiva della ditta T., che aveva rinviato alle indagini svolte dalla Guardia di Finanza di Giugliano, così eludendo l’obbligo di motivazione ed altrettanto avrebbe fatto la Agenzia delle Dogane che, rimettendosi ai risultati effettuati dalla Guardia di Finanza di Salerno, non aveva soddisfatto l’obbligo di motivazione. La doglianza sul punto proposta con l’atto di appello non è poi trascritta in alcuna parte del ricorso di cassazione con cui si sostiene, genericamente (pag. 6 e 7 del ricorso per cassazione), che, con l’atto di appello, era stato dedotto: violazione dell’art. 112 c.p.c.. per omessa pronuncia su tutti i motivi di impugnazione svolti nel ricorso introduttivi; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della pretesa fatta valere dalla Agenzia delle Dogane, anche in relazione all’art. 24 Cost., commi 1 e 2, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36; violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000 e della L.n. 241 del 1990 nonchè della normativa vigente in materia di atti tributari per difetto di motivazione in relazione alla mancata contestazione, da parte della Agenzia delle Dogane, in sede di costituzione in giudizio, sulle critiche motivazionali dedotte con i motivi di ricorso.

1.3. Coglie quindi nel segno il controricorrente quando sostiene che, nè con il ricorso iniziale, nè tanto meno con l’atto di appello, era mai stata dedotta la violazione della L. n. 212 del 200, art. 7, comma 1 della per omessa allegazione all’atto impositivo del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Giuliano nei confronti della Sud Petroli, per cui nessun obbligo di risposta su una questione, mai proposta, avevano il giudice di primo grado e quello di appello e nessuna conseguente nullità della sentenza di appello è configurabile per “error in procedendo” derivante da omessa pronuncia su una questione non posta.

1.4. Sul punto occorre rilevare che, se la parte intende riproporre in sede di legittimità un’eccezione non rilevabile di ufficio, formulata davanti al giudice di merito, e sulla quale questi avrebbe omesso di pronunciarsi, ha l’onere in primo luogo di procedere all’esposizione del fatto processuale e degli elementi idonei a consentire la verifica della tempestiva proposizione dell’eccezione, in aderenza al principio di autosufficienza (v. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9108 del 06/06/2012Rv. 622992 – 01), il che non è avvenuto nel caso in esame poichè dalla riproduzione nel ricorso per cassazione di parte del ricorso iniziale non si coglie che la eccezione di nullità dell’atto impositivo per mancata allegazione del pvc redatto nei confronto di un terzo sia mai stata dedotta. Risulta invece che sia stata dedotta la diversa questione di difetto di motivazione dell’atto impugnato per mancanza di autonoma valutazione di indagini pregresse svolte dalla Guardia di Finanza, ma su questa, da un lato, vi è stata una risposta nella sentenza di appello, a pagina 2 (laddove, sulle questioni preliminari, la sentenza di appello sostiene la utilizzabilità da parte dell’atto impositivo di tutti i dati raccolti dalla Guardia di Finanza e di tutti i mezzi istruttori ritenuti più adeguati per il conseguimento dell’obiettivo della lotta alle frodi e all’evasione fiscale, nonchè la mancanza di qualsiasi lesione dei diritti costituzionali nel caso in esame) e comunque è principio ampiamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello per cui, in tema di avviso di accertamento, la motivazione “per relationem” con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (v. Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 32957 del 20/12/2018 Rv. 652115 – 01; Sez. 5 -, Sentenza n. 30560 del 20/12/2017 Rv. 646303 – 01; N. 21119 del 2011 Rv. 619740 – 01).

1.5. Il ricorrente avrebbe quindi, eventualmente, dovuto dedurre, non già un vizio di nullità della sentenza per “error in procedendo”, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, bensì eventualmente un vizio di motivazione, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, con riguardo alla risposta offerta dal giudice di appello al motivo di appello concernente la omessa pronuncia sul vizio di motivazione come effettivamente proposto con il ricorso iniziale, cosicchè l’erronea sussunzione nell’uno piuttosto che nell’altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, comporterebbe l’inammissibilità del ricorso (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7268 del 11/05/2012 Rv. 622422 – 01).

2. Con il secondo motivo il contribuente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 26 ottobre 1995 n. 504, artt. 3,18 e 19 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poichè il potere di rettifica attribuito dal legislatore alla Amministrazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), era condizionato alla necessità di servirsi di presunzioni gravi, precise e concordanti, mentre nella specie la sentenza impugnata, pur dando atto della inutilizzabilità dei GPS per la dimostrazione dell’illecito presunto, aveva fatto riferimento alla semplice affermazione di elementi indimostrati o supposizioni generiche, privi di adeguato riscontro probatorio, che si erano limitati alla assertiva reiterazione delle circostanze addotte dall’Ufficio.

2.1. Il motivo è inammissibile poichè, sotto il profilo della violazione di legge, viene in realtà dedotto, sulla base di una ricostruzione della fattispecie concreta, diversa da quella operata dal giudice di merito (il quale, come si legge nella sentenza impugnata, aveva ritenuto provata la evasione dall’accisa sui prodotti petroliferi in presenza di plurimi elementi giustificativi gravi, precisi e concordanti), che gli elementi probatori valorizzati dal primo giudice sarebbero inconsistenti e sarebbe mancata la espressa valutazione delle prove offerte dal contribuente.

2.2. In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione, se in ipotesi sussistente: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla con t.ta valutazione delle risultanze di causa (v. Cass. Sez. 6 2, Ordinanza n. 24054 del 12/10/2017 Rv. 646811 – 01; Sez. L, Sentenza n. 16698 del 16/07/2010 Rv. 614588 – 01).

2.3. Nella specie non è stato neppure prospettato un problema interpretativo della fattispecie accertativa astratta relativa alle accise (disciplinata dal D.Lgs. n. 504 del 1995, artt. 3,18 e 19, essendo invece improprio il richiamo al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, che riguarda l’accertamento delle imposte sui redditi, le quali non vengono in considerazione nel caso in esame), bensì soltanto una erronea valutazione delle risultanze processuali da parte del giudice di merito, il quale, in concreto, non avrebbe fatto corretta applicazione della prova presuntiva, il che rende evidente la inammissibilità del motivo sotto il profilo della violazione di legge.

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, infine, omessa, insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo precedente alla novella di cui alla L. n. 83 del 2012, per avere il giudice di appello utilizzato, ai fini della decisione, argomenti inconsistenti, quali la distanza eccessiva tra il deposito e la ubicazione delle serre, i pagamenti in contanti ed il quantitativo di gasolio acquistato non adeguato rispetto al fatturato della ditta, senza invece considerare le risultanze della consulenza stragiudiziale presentata dal contribuente che aveva reputato congrua la quantità di gasolio fatturata rispetto alla produzione ottenuta, limitandosi ad affermare, per contrastare tale argomento, la “incongruenza palese dei volumi di affari prodotti dalla ditta appartenente a T.A., rispetto al carburante caricato” ed il “confronto fra i DAS e i telepass rilasciati dalla Autostrade per l’Italia”.

3.1. Premesso che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è stato correttamente richiamato dalla ricorrente nella formulazione previgente “per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” – poichè non è applicabile ratione temporis il testo come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83 art. 54, convertito con L. 7 agosto 2012, n. 134, il quale, ai sensi del cit. art. 54, comma 3, si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, mentre la sentenza della CTR in esame è stata pubblicata il 6.7.2012 -, peraltro il vizio di motivazione su un “fatto controverso e decisivo per il giudizio”, anche nella formulazione previgente, nella interpretazione consolidata che ne ha dato questa Corte, cui si ritiene di dare continuità in questa sede, doveva riferirsi esclusivamente a fatti principali, ossia a fatti costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi del diritto controverso ex art. 2697 c.c., sicchè doveva provvedersi alla loro precisa individuazione e all’evidenziazione del carattere decisivo degli stessi, ossia della idoneità del vizio denunciato a determinare una diversa ricostruzione del fatto (v., per tutte, Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 33578 del 28/12/2018 Rv. 652151 – 01). Inoltre il vizio relativo all’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione doveva essere riferito ad un “fatto”, da intendere quale specifico accadimento in senso storico-naturalistico, ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. Sez. 1, 04/04/2014, n. 7983; Cass. Sez. 1, 08/09/2016, n. 17761; Cass. Sez. 5, 13/12/2017, n. 29883; Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass. Sez. U., 23/03/2015, n. 5745; Cass. Sez. 1, 05/03/2014, n. 5133). Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152), gli elementi istruttori, una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass. Sez. L, 21/10/2015, n. 21439). E’ quindi inammissibile l’invocazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 per sostenere il mancato esame di deduzioni istruttorie, di documenti, di eccezioni ovvero di semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico o per lamentarsi di una “motivazione non corretta” o ancora per lamentare l’omesso esame di “una o più questioni giuridiche sottoposte all’esame dei giudici di secondo grado nell’ambito di quella domanda o di quella eccezione” (v. Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018 Rv. 650798 – 01), che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate. Ancora, non può essere dedotto sotto il profilo di vizio di motivazione, quello di omesso esame di un fatto decisivo della controversia per la mancata considerazione di una perizia stragiudiziale, in quanto la stessa costituisce un mero argomento di prova (v. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8621 del 09/04/2018 Rv. 647730 – 01), mentre, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia nel regime precedente alla modifica introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato a una diversa soluzione della vertenza.

3.2. Il mancato esame di elementi probatori costituisce quindi vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base (v. Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 21223 del 27/08/2018 Rv. 650030 – 01; Cass. N. 24092 del 2013 Rv. 629172 -01) e comunque l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (V. Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. 2 -; Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018 Rv. 651028 – 01).

3.3. Occorrerebbe, in sostanza, al fine di individuare un vizio di motivazione della sentenza impugnata idoneo a determinare la nullità della stessa, che “nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, fosse riscontrabile un mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia” poichè l’art. 360 c.p.c., n. 5 “non conferisce a questa Corte il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento ed all’uopo valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute più idonee a dimostrare i fatti in discussione” atteso che “la valutazione delle risultanze delle prove… involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 17 luglio 2001 n. 9662, 3 marzo 2000 n. 2404)”.

3.4. Il terzo motivo di ricorso, così come formulato dal contribuente, rivela quindi diffusi profili di inammissibilità poichè non viene dedotta, nella sostanza, una insufficiente o omessa motivazione su fatti controversi, bensì soltanto che il giudice di appello avrebbe utilizzato prove di scarso spessore o argomenti inconsistenti, trascurando invece la consulenza stragiudiziale versata in atti dal contribuente, diretta a dimostrare che il carburante fatturato poteva in astratto essere stato impiegato per la produzione dei fiori in serra, pur se il suo costo azzerava quasi il fatturato e cioè la scelta degli elementi probatori e la loro valutazione che costituisce questione di puro fatto riservata al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità.

3.5. In ogni caso non è neppure vero che il giudice di appello abbia fatto erronea applicazione della prova presuntiva poichè ha indicato tutti gli elementi che conducevano a ritenere accertata la falsità dei DAS e delle fatture, sulla base di plurimi indizi, dotati di rilevante spessore che era accresciuto dalla loro concordanza ed ha esaminato pure le argomentazioni contrarie addotte dal contribuente in quanto ha sottolineato che la attivazione del rilevamento dei GPS solo nel corso del 2016 non escludeva la rilevanza e concordanza delle altre autonome prove e testimoniava comunque, seppure a posteriori, una condotta duratura nel tempo tesa ad eludere la normativa in materia di accise (che è argomento tutt’altro che illogico) e come la incongruenza “palese” dei volumi di affari della ditta T. rispetto al preteso carburante fornito fosse argomento idoneo ad escludere il fondamento dell’appello con riguardo a tutte le questioni di fatto e di diritto con esso poste.

4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

5. Ferma restando la condanna alle spese del ricorrente già operata dal giudice di merito, anche le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Poichè il ricorso per cassazione è stato notificato successivamente al 31 gennaio 2013, al presente procedimento si applica la L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1.17, con il quale è stato modificato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, mediante l’inserimento del comma 1-quater, che riguarda i procedimenti civili di impugnazione iniziati dal trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della suddetta legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1.17.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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