Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20357 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 26/07/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 26/07/2019), n.20357

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12707/2018 R.G. proposto da:

Luciano Trasporti s.r.l., in persona del liquidatore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’avv. Angelantonio Franco, con domicilio

eletto presso lo studio dell’avv. Massimo Malena, sito in Roma, via

Ovidio, 32;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, n. 2971, depositata il 12 ottobre 2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 giugno

2019 dal Consigliere Catallozzi Paolo.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– la Luciano Trasporti s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, depositata il 12 ottobre 2017, di reiezione dell’appello dalla medesima proposta avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento di diniego del credito di imposta relativo agli incrementi dell’aliquota di accisa pagata sul costo del gasolio utilizzato per autotrazione;

– dall’esame della sentenza impugnata si evince che l’Ufficio aveva negato la pretesa della contribuente in ragione della mancata produzione della documentazione fiscale attestante il pagamento del gasolio;

– il giudice di appello, premessa la sussistenza del potere dell’Amministrazione finanziaria di emanare il provvedimento impugnato, pur essendo decorso il termine per la formazione del silenzio-assenso, costituendo un implicito annullamento di tale ultimo atto, e il rispetto dei termini previsti per l’accertamento definitivo in capo all’Ufficio, ha evidenziato che la documentazione prodotta dalla contribuente non era idonea a dimostrare la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dell’agevolazione fiscale;

– il ricorso è affidato ad un unico motivo;

– resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con l’unico motivo di ricorso proposto la società contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 9 giugno 2000, n. 277, art. 4, nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per aver la sentenza impugnata ritenuto legittimo il provvedimento impugnato, benchè intervenuto dopo che si era consumato il relativo potere dell’Amministrazione e in assenza dei requisiti per cui lo stesso poteva essere equiparato ad un atto di annullamento d’ufficio;

– il motivo è inammissibile per difetto di specificità;

– la parte contesta la qualificazione operata dal giudice di appello del provvedimento di diniego impugnato (anche) quale atto di autotutela, difettando l’esplicitazione, in tale sede, delle ragioni di pubblico interesse, concreto ed attuale ad esso sottese e la comparazione di tali ragioni con l’interesse del privato;

– la mancata riproduzione di tale atto, valutata unitamente all’assenza di elementi utili desumibili dalla sentenza, non consente a questa Corte di valutare la correttezza o meno della qualificazione dell’atto medesimo in termini di atto di autoannullamento operata dalla Commissione regionale;

– per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere accolto;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

– sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis.

PQM

la Corte rigetta ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 4.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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