Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20355 del 31/07/2018


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Civile Sent. Sez. U Num. 20355 Anno 2018
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: VINCENTI ENZO

Data pubblicazione: 31/07/2018

SENTENZA
sul ricorso 6702-2018 proposto da:
LA TERZA FEDELE, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIANLUCA FALSO;
– ricorrente contro

,

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– resistente nonchè contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
– intimato avverso la sentenza n. 4/2018 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA
MAGISTRATURA, depositata il 16/01/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/07/2018 dal Consigliere ENZO VINCENTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale LUIGI
SALVATO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Gianluca Falso e Giacomo Aiello per l’Avvocatura
Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
1. – Con sentenza del 16 gennaio 2018, la Sezione disciplinare
del Consiglio Superiore della Magistratura (C.S.M.) ha dichiarato il
dott. Fedele La Terza responsabile dell’illecito disciplinare di cui agli
artt. 1 e 2, comma primo, lett. a), del d.lgs. n. 109 del 2006 (e
successive modificazioni), con condanna alla sanzione della perdita di
anzianità di mesi due, assolvendolo, invece, dall’illecito disciplinare di
cui alla lett. g) del citato art. 2, comma primo, per esser rimasto
escluso l’addebito.
2. – Il dott. La Terza era stato incolpato perché, quale sostituto
della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze e
componente del gruppo specializzato in delitti contro minori, donne e
soggetti deboli, mancando ai doveri di diligenza, laboriosità ed
equilibrio, aveva gravemente e inescusabilmente violato le

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prescrizioni di legge in tema di iscrizione delle notizie di reato e
compimento delle relative indagini.
In particolare, in quanto assegnatario del procedimento
riguardante le violenze cagionate nelle date 7 settembre 2014, 12
novembre 2014 e 13 dicembre 2014 da Davide Di Martino alla
convivente Irene Focardi, con lesioni costali e facciali ogni volta

ogni volta, ricevuto il fascicolo relativo al primo dei suddetti episodi e
poi le informative degli altri, ad emettere l’avviso di cui all’art. 415-

bis c.p.p. per il delitto di cui agli artt. 582 e 585 c.p., omettendo
(rispetto al primo episodio) “qualsiasi attività investigativa ed ogni
prudenziale iniziativa circa l’aggravamento della misura (arresti
domiciliari) cui era sottoposto il Di Martino”; “non curandosi affatto”
(rispetto al secondo episodio) “della esigenza cautelare
espressamente segnalata dalla p.g.”; persistendo (rispetto al terzo
episodio) “nel descritto atteggiamento trascurato e rinunciatario,
omettendo anche in questo caso di adottare qualunque iniziativa”.
In tal modo, l’incolpato aveva recato un danno ingiusto alla
Focardi, “lasciata alla mercé del convivente e del suo pervicace
comportamento lesivo”, come peraltro descritto nella richiesta di
rinvio a giudizio … concernente il successivo omicidio del 3 febbraio
2015″ della medesima Focardi.
3. – La Sezione disciplinare, nell’assolvere l’incolpato dall’illecito
di cui alla lett. g) del primo comma dell’art. 2 del d.lgs. n. 109 del
2006 (per non aver esso violato alcuna prescrizione di legge, avendo
tempestivamente iscritto nell’apposito registro i procedimenti
assegnatigli, “definendoli con sollecitudine, previa qualificazione
giuridica delle condotte”, non oggetto di valutazione in sede
disciplinare), ha ritenuto comunque di poter configurare l’ipotesi di un
fatto disciplinarmente rilevante “anche nel caso in cui nell’agire del
magistrato non sia ravvisabile violazione di legge”.

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prognosticate guaribili in giorni trenta, il dott. La Terza si limitava

3.1. – In particolare, il giudice disciplinare ha reputato
sussistente la violazione, da parte del dott. La Terza, “di un
fondamentale dovere di diligenza”, che va “calato nel quadro dei
valori costituzionali e declinato con specifico riferimento sia alla
rilevanza degli interessi coinvolti, che alla gravità del pericolo
concreto al quale questi possono essere esposti”, così da imporre al

bensì di “attivarsi, nei limiti della cornice organizzativa nella quale la
sua funzione è inserita, affinché questi valori siano tutelati anche
oltre il dettato delle norme codicistiche”.
In tal senso si è affermato che, a fronte della reiterazione di
notizie di reato per episodi particolarmente violenti del Di Martino in
danno della Focardi (come si evinceva dalle informative della p.g.) – e
sebbene: la qualificazione di detti episodi, successivi alla condanna
dello stesso Di Martino per il reato di maltrattamenti, non consentiva
“iniziative cautelari”; per il delitto di evasione erano stati iscritti
autonomi procedimenti assegnati ad altro magistrato; per
l’aggravamento delle misura restrittiva restava titolare il p.m. che
aveva proceduto nelle indagini per il reato di cui all’art. 572 c.p. -, il
dott. La Terza avrebbe dovuto, comunque, “attivarsi all’interno del
suo ufficio affinché venisse posto rimedio a tale situazione” e, quindi,
“sensibilizzare gli organi di raccordo interno affinché venissero prese
le iniziative del caso”, senza arrestarsi allo “stretto necessario che gli
era demandato dalla formale titolarità dei fascicoli riguardanti le
lesioni, evidentemente confidando sull’assunzione delle opportune
iniziative da parte di altri colleghi del suo ufficio”.
Atteggiamento, questo, che – ha ancora osservato il giudice
disciplinare – non poteva più giustificarsi a fronte della reiterazione
dei gravi episodi di violenza nel novembre e, soprattutto, nel
dicembre 2014, “quando era ormai evidente che la misura degli
arresti domiciliari era assolutamente inadeguata a salvaguardare le

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magistrato non già una “burocratica osservanza di regole formali”,

esigenze cautelari”, senza che, però, “nessuna iniziativa volta al suo
aggravamento veniva coltivata dal suo ufficio”, avendo mancato il
dott. La Terza di interloquire con il Procuratore aggiunto o con lo
stesso collega titolare del procedimento che avrebbe consentito di
formulare al giudice una richiesta urgente di aggravamento della
misura cautelare in atto.

integrasse la violazione del dovere di diligenza, da cui è derivato un
danno alla persona offesa, “l’omessa adozione di qualsiasi iniziativa,
pur nella dimostrata consapevolezza di un quadro allarmante e di un
pericolo crescente per l’incolumità della Focardi”, giacché tutte e tre
le aggressioni erano state operate dal Di Martino e che gli episodi di
novembre e dicembre “non si sarebbero verificati laddove dopo il
fatto del 7 settembre il Di Martino fosse stato ristretto in carcere”; di
qui, “il nesso di causalità tra il mancato rispetto della regola
deontologica e i danni subiti dalla persona offesa”.
3.3. – Il giudice disciplinare ha, infine, escluso la scarsa
rilevanza del fatto, pregiudizievole del prestigio dell’ordine giudiziario
dinanzi all’interessata e alla collettività, “resa consapevole dell’intera
vicenda all’esito della tragica fine delle Focardi”, considerando, poi,
sul piano della determinazione della sanzione, “l’ampiezza dell’arco
temporale per il quale si è protratta l’omissione ascritta al dott. La
Terza, unitamente alla reiterazione degli episodi che avrebbero
dovuto imporre un suo diverso atteggiamento”.
4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il dott. Fedele La
Terza affidandosi a quattro motivi, illustrati da memoria.
Ha depositato memoria di costituzione il Ministro della giustizia,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
contestando le ragioni del ricorso, del quale chiede sia dichiarata
l’inammissibilità o sia rigettato.

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3.2. – La Sezione disciplinare ha, dunque, ritenuto che

In prossimità dell’udienza il Ministro della giustizia ha depositato
memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b) ed e), c.p.p., violazione, inosservanza ed erronea
applicazione degli artt. 1 e 2, comma primo, lett. a), del d.lgs. n. 109

della motivazione.
La Sezione disciplinare avrebbe fondato la propria decisione in
base ad una motivazione intrinsecamente contraddittoria ed illogica,
giacché, per un verso, ha escluso ogni addebito quanto alla
tempestiva iscrizione e definizione dei procedimenti penali assegnati
al esso La Terza, concernenti gli episodi di violenza del Di Martino in
danno della Focardi, mentre, per altro verso, ha ritenuto sussistente
l’illecito disciplinare per violazione del dovere di diligenza,
nonostante, però, abbia escluso che la qualificazione giuridica degli
episodi anzidetti consentisse iniziative cautelari e ritenuto, invece,
che la richiesta di aggravamento della misura degli arresti domiciliari
fosse di pertinenza del p.m. titolare del procedimento per il reato di
cui all’art. 572 c.p., là dove, poi, neppure il p.m. titolare del
procedimento per il reato di evasione, reiterato dal Di Martino, aveva
formulato richiesta di aggravamento della misura degli arresti
domiciliari.
Peraltro, il giudice disciplinare non avrebbe tenuto in
considerazione il fatto che l’incolpato non aveva alcun “obbligo di
controllo, ovvero di sorveglianza … sull’operato degli altri colleghi
assegnatari dei vari procedimenti penali circa la gestione delle
richieste di aggravamento della misura cautelare a carico del Di
Martino” e nessun “protocollo organizzativo interno all’ufficio di
appartenenza … imponeva regole da seguire, ovvero comportamenti o
prassi da attuare, in casi come quello (in) oggetto”.

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del 2006, nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità

Dunque, la sentenza impugnata avrebbe affermato la
responsabilità disciplinare “senza peraltro specificare le regole
precauzionali, proprie di quel modello di agente, dallo stesso violate”.
1.1. – Il motivo è inammissibile quanto alla denuncia di
violazione di legge e infondato nel resto.
1.1.1. – Le veicolate censure non prospettano, invero, alcuna

nell’articolazione del motivo, critiche in ordine all’applicazione in iure
del combinato disposto degli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 109 del 2006 o
che facciano risaltare un vizio di sussunzione del fatto ascritto
disciplinarmente al dott. La Terza nell’ipotesi di illecito
normativamente prevista; le doglianze, nel loro complesso, si
orientano, piuttosto, a denunciare vizi motivazionali della sentenza
impugnata.
1.1.2. – Vizi che non è dato riscontrare nell’apparato
argomentativo che sorregge la decisione della sezione disciplinare, la
quale – in sintonia con la struttura dell’illecito di cui alla lett. a) del
primo comma dell’art. 2 del d.lgs. n. 109 del 2006, che poggia
anzitutto sulla condotta, dolosa o colposa, di violazione dei doveri
imposti al magistrato, nell’esercizio delle sue funzioni, dall’art. 1 e,
tra questi, anche del dovere di diligenza – si snoda secondo un
percorso che è ben lungi dal palesarsi illogico o contraddittorio,
cogliendo, anzitutto, la necessità di riempire il dovere di diligenza,
tramite il quale (ma non solo) il magistrato è tenuto ad adempiere
all’attività funzionale, di un contenuto non solo formalistico o
“burocratico”, esaurentesi nel mero rispetto delle prescrizioni di legge
nel disbrigo degli affari assegnati (nelle specie, quelle concernenti
l’avviso di chiusura delle indagini, ex art. 415-bis c.p.p., in relazione
ai tre episodi di aggressione violenta del Di Martino in danno della
Focardi), ma coerente con l’esigenza di tutela effettiva dei
beni/interessi che quegli stessi “affari” implicano, a tal fine

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violazione di norme giuridiche, giacché non è dato ravvisare,

richiedendosi, nello specifico contesto dell’organizzazione dell’ufficio,
un’attivazione opportuna, sollecita e fattiva, sebbene pur sempre
calibrata rispetto alla situazione, fattuale e giuridica, contingente.
Di qui, pertanto, l’ulteriore non illogica, né contraddittoria,
inferenza del giudice disciplinare sul fatto che il dott. La Terza,
titolare dei procedimenti relativi a dette aggressioni (verificatesi a

novembre e dicembre 2014), avrebbe dovuto attivarsi oltre il mero
adempimento ex art. 415-bis c.p.p., rendendo edotto della situazione
di pericolo in cui versava la Focardi (che risultava particolarmente
evidente dalle informative della p.g. e di cui l’incolpato era
pienamente consapevole) anzitutto (e comunque) il Procuratore
aggiunto o, finanche, lo stesso sostituto procuratore assegnatario del
fascicolo concernente il reato di maltrattamenti nei confronti della
medesima Focardi, per il quale reato al Di Martino era stata applicata
la misura degli arresti domiciliari, al fine di sollecitare l’adozione di
una misura restrittiva più grave.
Non solo una tale condotta era imposta dalla contingenza del
caso, ma è lo stesso ricorrente (in altra parte dell’atto di
impugnazione: p. 19) ad evidenziare come l’organizzazione del
gruppo “Criminalità sesso e famiglia”, costituito all’interno della
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, prefigurava
(all’epoca dei fatti: 2014) l’opportunità di una assegnazione allo
stesso sostituto procuratore di reati in qualche modo connessi o
attinenti a vicende tra loro correlabili, con ciò postulando una
circolarità di informazioni all’interno dello stesso “gruppo”.
Cadono, quindi, anche le doglianze con le quali si lamenta, per
un verso, la configurazione, da parte della Sezione disciplinare, di un
“obbligo di controllo, ovvero di sorveglianza” dell’incolpato
sull’operato degli altri colleghi e, per altro verso, la mancata
individuazione delle “regole precauzionali” violate da parte dello

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distanza, l’una dall’altra, di contenuti lassi temporali: settembre,

stesso dott. La Terza; obblighi che la sentenza impugnata non ha
inteso affatto affermare, mettendo in risalto solo quale avrebbe
dovuto essere, nell’ambito dello stesso contesto organizzativo
dell’ufficio e in ragione delle specificità del caso, la condotta doverosa
e del tutto omessa, in assenza di “qualunque iniziativa” che
opportunamente avrebbe dovuto essere adottata dal medesimo dott.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta erronea applicazione della
legge penale in relazione al ritenuto nesso di causalità e l’evento e
degli artt. 1 e 2, comma primo, lett. a), del d.lgs. n. 109 del 2006,
nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione con riferimento al nesso causale tra comportamento e
danno.
La Sezione disciplinare avrebbe mancato di specificare quale
fosse la “legge scientifica o pratica” fondante il nesso causale tra la
condotta, di natura omissiva, dell’incolpato, integrante la violazione
del dovere di diligenza, “ed il triste evento occorso”, ossia “l’ingiusto
danno alla persona offesa Sig.ra Focardi costituito dall’essere stata
vittima dell’omicidio commesso dal Di Martino”, omettendo altresì di
considerare che la posizione di garanzia nei confronti della vittima era
stata assunta non dall’incolpato, “bensì dai magistrati che avevano
proceduto a richiedere e ad applicare la misura cautelare e da coloro
che, successivamente agli episodi di evasione dagli arresti domiciliari,
omettevano di richiedere ed applicare l’aggravamento della misura
cautelare in atto”, mentre esso La Terza non avrebbe potuto
assumere iniziative cautelari, come, del resto, riconosciuto (quindi,
contraddittoriamente con l’affermazione di responsabilità) dallo stesso
giudice disciplinare.
Peraltro, nonostante il documento organizzativo, all’epoca
vigente, del gruppo “Criminalità sesso e famiglia” prevedesse la
trasmissione delle notizie di reato al Procuratore o ai Procuratori

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La Terza.

aggiunti coordinatori, nonché l’opportunità di interventi per
identificare notizie di reato “che attengono a vicende, per natura e
riferimenti soggettivi, connessi o comunque tra gli stessi relazionabili,
al fine di assicurare la loro assegnazione al medesimo P.M.”, “nessun
intervento di coordinamento veniva posto in essere da parte del
Procuratore Aggiunto”.

concreto elemento in base al quale un eventuale intervento del dott.
La Terza presso il procuratore aggiunto avrebbe evitato il danno
ingiusto subito dalla vittima, poiché da un lato non vi era alcuna
disposizione in tal senso nel piano organizzativo dell’ufficio di procura
e poiché, quand’anche la segnalazione dei tre procedimenti penali dei
quali era titolare fosse stata formulata, non era affatto conseguente
né che venisse richiesto un aggravamento della misura cautelare
degli arresti domiciliari pendente, né che il giudice avrebbe concesso
la misura custodiale in carcere”.
2.1. — Il motivo, nella sua complessiva articolazione, non può
trovare accoglimento.
2.1.1. – In tema di responsabilità disciplinare del magistrato, le
ipotesi di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 109 del 2006
configurano fattispecie di illecito cosiddetto di evento, per le quali,
non diversamente da quanto si verifica nell’ambito del diritto penale,
la consumazione non si esaurisce con la condotta tipica, ma esige la
verificazione di un concreto accadimento lesivo, in danno del soggetto
passivo, che costituisca la conseguenza diretta, voluta o comunque
prevista dall’agente, dell’azione o dell’omissione vietate.
Ne consegue che, ai fini dell’integrazione dell’illecito contestato,
è necessario che la condotta non si esaurisca con la violazione dei
doveri di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 109 del 2006, ma che arrechi
anche un “ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti” (tra

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Sicché, la Sezione disciplinare non avrebbe indicato “alcun

le altre, Cass., S.U., 15 febbraio 2011, n. 3669; Cass., S.U., 27
novembre 2013, n. 26548).
Gli elementi costitutivi dell’illecito disciplinare, pertanto, sono:
l’esercizio delle funzioni; un comportamento che violi uno (o più) dei
doveri elencati dall’art. 1; un ingiusto danno o un indebito vantaggio
ad una delle parti arrecato da tale comportamento; il nesso di

vantaggio anzidetti (Cass., S.U., 12 marzo 2015, n. 4954), tale,
dunque, che l’evento costituisca conseguenza diretta dalla condotta
vietata disciplinarmente (Cass., S.U., 22 aprile 2013, n. 9691).
In particolare, il nesso di causalità tra condotta ed evento, in
ragione della morfologia dell’illecito disciplinare e di tale sua precipua
natura, che investe direttamente il piano personale del soggetto
interessato, nella sua estrinsecazione professionale, dovrà, al pari di
quello concernente la materia dell’illecito penale, essere indagato e
accertato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica e in forza
della regola di funzione “oltre il ragionevole dubbio” e non già in base
alla regola probatoria della preponderanza dell’evidenza o “del più
probabile che non”, che attiene allo

standard

di cd. certezza

probabilistica dell’illecito civile.
Ciò in quanto, a differenza della responsabilità civile, ove rileva
piuttosto il profilo della riparazione del pregiudizio patito dal
danneggiato e, quindi, dell’allocazione del costo ad esso relativo, in
ambito disciplinare (mutuandosene la ratio da quello penalistico, sul
quale specifico ambito, tra le molte, Cass., S.U., 11 gennaio 2008, n.
578) la causalità si incentra, come detto, sempre e comunque sulla
condotta dell’agente.
2.1.2. – La sentenza impugnata si sottrae alle doglianze di
parte ricorrente non avendo infranto i principi innanzi ricordati, né
avendo esibito una motivazione intrinsecamente viziata in termini di
illogicità e contraddittorietà.

Rtc. 2018 n. 06702 sez. SU – ud. 17-07-2018

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causalità tra comportamento ed evento, costituito dal danno o

La Sezione disciplinare, infatti, alla stregua di un giudizio di
fatto (quale è quello sull’accertamento del nesso eziologico tra
condotta ed evento) ad essa riservato, ha evidenziato come tra la
condotta di violazione del dovere di diligenza del dott. La Terza
(“omessa adozione di qualsiasi iniziativa, pur nella dimostrata
consapevolezza di un quadro cautelare allarmante e di un pericolo

ingiusto, patito dalla persona offesa, ossia le lesioni personali
arrecate alla Focardi dal Di Martino dopo l’episodio di aggressione del
7 settembre (pp. 9/10 sentenza; ciò che, peraltro, evidenzia come
parte ricorrente non abbia colto, con le censure, l’effettiva

ratio

decidendi della sentenza impugnata, che ha individuato il “danno
ingiusto” in detti episodi violenti – verificatesi nel novembre e
dicembre 2014 – e non già nell’omicidio della stessa Focardi,
avvenuto il successivo febbraio 2015), sussistesse il nesso causale,
posto che le lesioni anzidette non si sarebbero verificate ove “il Di
Martino fosse stato ristretto in carcere” all’esito dell’iniziativa che
avrebbe dovuto assumere lo stesso dott. La Terza.
Tale giudizio ipotetico, a carattere controfattuale e in termini di
ragionevole certezza (“oltre ogni ragionevole dubbio”), che ha portato
il giudice disciplinare a reputare che la condotta (ipotetica ed omessa
da parte del dott. La Terza) di attivazione opportuna presso il
Procuratore aggiunto e/o il collega titolare del procedimento per il
reato di maltrattamenti a carico del Di Martino avrebbe condotto
all’emissione, nei confronti di quest’ultimo, di un provvedimento
cautelare più grave degli arresti domiciliari (ossia la restrizione in
carcere), è sufficientemente supportato, in modo non implausibile,
dalla dettagliata descrizione delle informative della p.g. sulla gravità
delle aggressioni in danno della Focardi e dal conseguente e correlato
convincimento sul (già rilevato) “quadro cautelare allarmante” e sul
“pericolo crescente per l’incolumità della Focardi”.

Ric. 2018 n. 06702 sez. SU – ud. 17-07-2018

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crescente per l’incolumità della Focardi”: p. 9 sentenza) e il danno,

Per il resto, le doglianze, oltre a postulare, esse stesse
contraddittoriamente (come messo in evidenza in sede di scrutinio del
motivo che precede) l’assenza di raccordi organizzativi interni
all’ufficio di Procura tali da non consentire iniziative diverse da quelle
formalmente assunte dall’incolpato, sono orientate a fornire una
lettura delle emergenze probatorie divergente da quella del giudice

all’apprezzamento di merito ad esso unicamente riservato.
3. – Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b) , c.p.p., violazione ed erronea applicazione dell’art.
5 del d.lgs. n. 109 del 2006.
La

Sezione disciplinare

non

avrebbe adeguatamente

apprezzato, nella scelta della sanzione, “le documentate capacità
professionali del dott. La Terza nell’esercizio della sua lunga carriera
giudiziaria”.
3.1. – Il motivo è infondato.
In disparte la stessa non pertinente indicazione della norma
asseritamente violata (l’art. 5 del d.lgs. n. 109 del 2006, che elenca
soltanto le sanzioni disciplinari e regolamenta il caso di concorso di
più illeciti, che non è rilevante nella specie), occorre rilevare,
anzitutto, che la sanzione irrogata al dott. La Terza è quella della
perdita dell’anzianità per mesi due, quale sanzione prevista in
correlazione stretta con il tipo di illecito ad esso contestato, ossia, a
mente dell’art. 12, comma, 2, dello stesso citato d.lgs., i
“comportamenti che, violando i doveri di cui all’articolo 1, arrecano
grave e ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle parti”.
Inoltre, detta sanzione è stata irrogata nel suo minimo edittale
di due mesi (art. 8 del medesimo d.lgs.), con la conseguenza che non
avrebbe potuto aversi una graduazione ancora più favorevole per
l’incolpato.

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disciplinare, in tal modo surrogandosi inammissibilmente

4. – Con il quarto mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b) e c), c.p.p., violazione, inosservanza ed erronea
applicazione dell’art. 18, comma 4, del d.lgs. n. 109 del 2006, nonché
inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, in
relazione all’art. 522 c.p.p., per omessa correlazione tra il fatto
contestato e quello ritenuto in sentenza.

disciplinare un fatto diverso da quello contestato nel capo di
incolpazione, non essendo ivi possibile individuare “alcun specifico
comportamento che avrebbe integrato il generale dovere di
diligenza”, tale da essere ritenuto addirittura fattore determinante
della morte della vittima, non ravvisabile, tantomeno, nella condotta
omissiva di “non avere avvertito il procuratore aggiunto e gli altri
sostituti titolari di procedimenti connessi a quelli assegnati al dott. La
Terza delle ulteriori condotte di lesioni poste in essere dal Di Martino
contro la Focardi”.
4.1. – Il motivo è infondato.
Giova rammentare che, nel procedimento disciplinare a carico di
magistrati, non solo la modificazione del fatto, dalla quale scaturisce
la mancanza di correlazione tra l’addebito contestato e quello diverso
ritenuto in sentenza, si ha soltanto quando venga operata una
trasformazione o sostituzione degli elementi costitutivi dell’addebito
(Cass., S.U., 27 aprile 2017, n. 10415), ma la stessa individuazione
della condotta addebitata, cui deve essere correlata l’affermazione di
colpevolezza, non va necessariamente operata con esclusivo
riferimento a quanto specificamente indicato nel capo d’incolpazione,
dovendo altresì considerarsi il complesso degli elementi aggiuntivi
portati a conoscenza dell’incolpato e sui quali egli è stato posto nelle
condizioni di difendersi (tra le altre, Cass., S.U., 23 dicembre 2009,
n. 27290).

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La sentenza impugnata avrebbe ritenuto come illecito

Ciò posto, in disparte la non pertinenza, rispetto alla ratio
decidendi della sentenza impugnata, della censura che individua,

nella specie, il “danno ingiusto” di cui alla lett. a) dell’art. 2 del d.lgs.
n. 109 del 2006, nella morte della Focardi (a seguito dell’omicidio del
febbraio 2015), mentre questo – come detto – è da configurarsi nelle
lesioni patite da quest’ultima a seguito degli episodi violenti del

individua non solo la serie delle aggressioni perpetrate dal Di Martino
e gli adempimenti, in ossequio solo formale alle prescrizioni di legge,
dell’incolpato, ma a ciò contrappone l’assenza di “qualunque
iniziativa” da parte del dott. La Terza, così da evidenziare la necessità
di una necessaria attivazione del magistrato, in rapporto alla gravità
della contingente situazione, a carattere non solo prettamente
burocratico.
In tale contesto, già evidenziante l’omissione radicale oggetto di
rimprovero disciplinare, il ricorrente – nonostante in sentenza si
riportino tutte le scansioni del procedimento disciplinare, anche con
l’audizione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Firenze sui profili organizzativi dell’ufficio – non ha affatto dedotto di
non esser stato posto in condizioni di difendersi, né che le
precisazioni proprio in punto di rapporti organizzativi all’interno
dell’ufficio non siano mai state rappresentate e portate a sua
conoscenza nel corso dell’istruttoria.
5. – Il ricorso va, dunque, rigettato, con integrale
compensazione delle spese del giudizio di legittimità, sussistendone i
presupposti di cui all’art. 92 c.p.c. in ragione del peculiare atteggiarsi
della vicenda sostanziale.
PER QUESTI MOTIVI

rigetta il ricorso e compensa interamente le spese del giudizio
di legittimità.

Ric. 2018 n. 06702 sez. SU – ud. 17-07-2018

-15-

novembre e, soprattutto, del dicembre 2014, la contestazione

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezioni
Unite Civili della Corte suprema di Cassazione, il 17 luglio 2018.

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