Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20355 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 26/07/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 26/07/2019), n.20355

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. SAJA Salvatore – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2477/2013 R.G. proposto da:

S.G., rappresentato e difeso dall’avv. Gianpiero

Contarin, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco

Amerigo Cirri Sepe Quarta, sito in Roma, via Lima, 41;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, n. 47/12, depositata il 4 giugno 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 giugno

2019 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– S.G. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, depositata il 4 giugno 2012, che, in accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio, ha respinto il suo ricorso per l’annullamento di un avviso di accertamento con era stata rettificata la dichiarazione resa ai fini i.v.a. relativa all’anno 2002;

– dall’esame della sentenza impugnata si evince che la ripresa fiscale muoveva dalla contestazione del mancato versamento dell’I.v.a. in relazione all’indennità percepita per la cessione bonaria di un terreno effettuata all’esito di un procedimento ablatorio instaurato dal comune di Breganze;

– il giudice di appello, dopo aver dato atto che il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso del contribuente, ha accolto il gravame dell’Ufficio osservando, quanto al momento impositivo, che lo stesso va individuato in quello della stipula dell’atto di cessione e non in quello del pagamento del corrispettivo, e, quanto all’assoggettamento dell’operazione in esame all’I.v.a., che nel caso in esame viene in rilievo la cessione da parte di un imprenditore agricolo di un’area edificabile presuntivamente destinata, in via prevalente, alla produzione agricola e, in quanto tale, imponibile;

– il ricorso è affidato a tre motivi;

– resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 6, comma 4, per aver la sentenza impugnata omesso di accertare la decadenza dal potere impositivo in cui sarebbe incorso l’Ufficio per mancato rispetto del termine previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 1, così come prorogato dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 10;

– evidenzia, in proposito, che l’operazione doveva considerarsi effettuata nel periodo di imposta 2001 in quanto in tale periodo era stato effettuato il pagamento dell’indennità e, pertanto, la notifica dell’atto impositivo con cui si contestava l’omessa contabilizzazione dell’operazione medesima e l’omesso versamento dell’Iva relativa, intervenuta solo in data 23 settembre 2009, si presenterebbe tardiva;

– il motivo è inammissibile, in quanto avente ad oggetto una questione priva di rilevanza, poichè relativa ad un vizio che inficerebbe l’attività accertatrice dell’Ufficio relativamente alla dichiarazione resa per l’anno 2001, la quale, tuttavia, non è oggetto dell’atto impositivo impugnato e non è inidonea a spiegare i suoi effetti anche sulla dichiarazione dell’anno successivo, oggetto del presente giudizio;

– con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 1 e art. 2, comma 2, lett. c) e art. 65, comma 1, Testo unico 22 dicembre 1986, n. 917, per aver il giudice di appello ritenuto che l’area ceduta all’amministrazione comunale fosse stata destinato all’esercizio dell’attività agricola;

– sottolinea, sul punto, che il bene non aveva carattere strumentale rispetto all’attività agricola esercitata, come desumibile dal fatto che lo stesso non era iscritto nell’inventario dell’impresa e che, conseguentemente, l’operazione risultava assoggettata all’applicazione dell’imposta di registro e non già dell’1.v.a., esulando dalle operazioni imponibili;

– il motivo è fondato;

– la cessione, da parte di un imprenditore agricolo, di un terreno divenuto edificabile non rientra – avendo il suddetto terreno perduto la qualità di bene strumentale all’esercizio dell’impresa – tra le operazioni imponibili D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 1, sicchè deve assoggettarsi all’imposta proporzionale di registro e non all’I.V.A. (cfr. Cass., ord., 24 gennaio 2019, n. 2017; Cass. 9 aprile 2014, n. 8327);

– una siffatta tesi interpretativa è coerente con la giurisprudenza unionale secondo cui la cessione di un terreno destinato alla costruzione deve considerarsi assoggettata all’IVA, indipendentemente dal carattere stabile dell’operazione o dalla questione se la persona che ha effettuato la cessione eserciti un’attività di produzione, commercializzazione o prestazione di servizi, nei limiti in cui l’operazione stessa non costituisca il mero esercizio del diritto di proprietà da parte del suo titolare e che non è assoggettata a tale imposta la cessione di un terreno su cui era esercitata un’attività agricola riconvertito, in seguito ad una modifica dei piani regolatori locali sopravvenuta per cause indipendenti dalla sua volontà, in terreno destinato alla costruzione, se tale cessione si iscrive nell’ambito della gestione del patrimonio privato della persona stessa (così, Corte Giust. UE, 15 settembre 2011, Slaby);

– conseguentemente, il trasferimento di un terreno dapprima agricolo poi divenuto edificabile per successiva modifica del piano regolatore deve considerarsi fuori del campo di applicazione di tale imposta;

– la Commissione regionale non ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi, in quanto ha omesso di verificare se la cessione in oggetto costituiva esercizio del diritto di proprietà da parte del suo titolare ovvero, al contrario, esercizio di un’attività economica ai sensi dell’art. 9, n. 1, e art. 12, n. 1, della direttiva IVA;

– all’accoglimento del secondo motivo segue l’assorbimento del motivo residuo con cui il contribuente si duole della violazione dell’art. 2697 c.c., nonchè dell’insufficienza e contraddittorietà della motivazione, per aver la sentenza impugnata posto a suo carico l’onere di dimostrare la mancata destinazione del terreno a finalità di imprenditoria agricola;

– la sentenza impugnata va, dunque, cassata con riferimento al motivo accolto e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione.

P.Q.M.

la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo e assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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