Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20354 del 24/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 24/08/2017, (ud. 09/05/2017, dep.24/08/2017),  n. 20354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20702-2013 proposto da:

S.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE

ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato UGO OJETTI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati FILIPPO TORCIA,

VINCENZA CARRIERO;

– ricorrente –

contro

M.L., MA.PA., V.G., V.S.,

P.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 988/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 21/08/2012.

Fatto

FATTO IN FATTO

Con atto di citazione notificato in data 20/10/1992 S.A. convenne innanzi al Tribunale di Mantova A. e V.S., P.M., M.B. e Ma.Pa., proprietari dei terreni confinanti col proprio fondo, per sentir condannare i convenuti alla eliminazione delle opere da essi realizzate, che modificavano il regime di scorrimento e scolo delle acque, con conseguente verificazione di allagamenti interessanti il proprio fondo.

A. e V.S. si costituivano, deducendo che il S. aveva in passato sollecitato l’emissione di provvedimenti cautelari, che era stata svolta una consulenza tecnica che aveva escluso che gli allagamenti fossero ad essi imputabili. Ciò premesso, chiedevano dichiararsi inammissibile la domanda, poichè il ricorrente aveva omesso di instaurare il giudizio di merito nel termine concessogli dal pretore, ovvero infondata nei loro confronti, essendo estranei alle vicende che avevano comportato l’allagamento del fondo del S..

P.M., M.B. e Ma.Pa. non si costituivano.

Il Tribunale di Mantova, espletata ctu, condannava il M. ed il Ma. ad eseguire le opere indicate dal Ctu e a rifondere al S. ed ai signori V. le spese del giudizio.

Avverso detta sentenza proponevano appello i signori Ma. e M..

La Corte d’Appello di Brescia, rilevato che nelle more del giudizio di primo grado S.A. era deceduto ed era a lui succeduto la figlia R., ordinava preliminarmente di integrare il contraddittorio nei confronti di quest’ultima, mediante notifica dell’atto di appello.

Nel merito, la Corte rilevava che la sentenza di primo grado, disattese le domande iniziali in quanto le modifiche lamentate da parte attrice non erano state provate, aveva accolto le domande formulate dalla S. solo in comparsa conclusionale, il cui contenuto non era stato portato a conoscenza di M.B. e Ma.Pa., rimasti contumaci, non risultando adempiuti nei loro confronti gli obblighi di cui all’art. 292 c.p.c..

Il Giudice d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava dunque la domanda proposta dalla S. nei confronti del Ma., in quanto nulla era stato dedotto, nè provato a suo carico, e del M., in quanto non risultava alcuna causa petendi a sostegno del petitum richiesto, nè era stato provato che gli inconvenienti lamentati dall’attrice trovassero causa in atti o comportamenti da lui posti in essere.

La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, revocava la statuizione di condanna di Ma. e M. alla rifusione delle spese di lite sostenute dai signori V., in quanto questi ultimi erano stati evocati in giudizio dal S. e non vi era stato alcun contraddittorio con il Ma. ed il M..

Per la cassazione di detta sentenza propone ricorso, con tre motivi, S.R..

V.S., V.G. in qualità di erede di V.A., M.L. in qualità di erede di M.B., e Ma.Pa. non hanno svolto nel presente giudizio attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo, articolato, motivo, che cumula una pluralità di censure, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’artt. 342 c.p.c., art. 330 c.p.c., comma 1, e art. 170 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per invalidità ed inefficacia della notifica dell’atto di appello e violazione e falsa applicazione dell’art. 292 c.p.c. deducendo che la Corte aveva erroneamente escluso l’illegittimità della notifica dell’atto di appello, nonostante tale notifica fosse stata effettuata nei confronti di una parte deceduta, ancorchè ritualmente sostituita nel giudizio dall’unica erede. Ancora, la ricorrente deduce che la Corte ha erroneamente affermato la violazione dell’art. 292 c.p.c., per l’omessa notifica ai convenuti contumaci delle domande contenute nella comparsa conclusionale, laddove tale comparsa non conteneva domande nuove ma la specificazione, nei confronti dei singoli convenuti, della originaria domanda.

La prima doglianza, con la quale la ricorrente deduce l’inammissibilità dell’appello per tardività dello stesso, è destituita di fondamento.

Risulta infatti che l’appello avverso la sentenza di primo grado fu proposto dei signori Ma. e M., oltre che nei confronti del defunto S.A., anche nei confronti di A. e V.S. nonchè di P.M..

Con l’impugnazione, gli appellanti hanno censurato la statuizione del Tribunale di Mantova con cui era stata accertata la loro responsabilità esclusiva in ordine ai danni lamentati dal S., che nella domanda proposta aveva affermato l’imputabilità dei danni alle distinte condotte illecite poste in essere dai diversi convenuti. I signori Ma. e M. hanno altresí censurato il capo della sentenza di primo grado che li aveva condannati alla refusione delle spese nei confronti dei signori V., con i quali, peraltro, non si era mai istaurato il contraddittorio.

E’ pacifico che l’impugnazione proposta dai signori Ma. e M. nei confronti dei signori V. è stata ritualmente e tempestivamente proposta.

Da ciò discende la legittimità del provvedimento con il quale la Corte d’Appello di Brescia dispose di integrare il contraddittorio nei confronti di S.R., quale erede di S.A. nel frattempo deceduto, dovendo al riguardo correggersi la motivazione, posto che nel caso di specie la notifica dell’impugnazione a S.R. trova la sua giustificazione nella necessità di integrare il contraddittorio ai sensi dell’art. 102 c.p.c., comma 2 e art. 331 c.p.c., stante l’inscindibilità delle cause.

Ed invero, secondo il consolidato indirizzo di questa corte, nelle cause inscindibili, la tempestiva notifica dell’impugnazione eseguita nei confronti di uno solo dei litisconsorti introduce validamente il giudizio di gravame nei confronti di tutti (Cass. 11552/2013) e l’omessa notifica dell’impugnazione ad un litisconsorte necessario non si riflette sull’ammissibilità o sulla tempestività del gravame, che conserva, così, l’effetto di impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, ma determina solo l’esigenza della integrazione del contradditorio, “iussu iudicis” (Cass. 18364/2013).

Nel caso di specie l’inscindibilità delle cause deriva dalla necessaria unitarietà dell’accertamento in ordine alla responsabilità degli allagamenti ed altri inconvenienti lamentati dalla parte attrice, accertamento specificamente contestato dagli appellanti.

Anche avuto riguardo alla statuizione, contenuta nella sentenza di primo grado, di condanna degli appellanti alla refusione delle spese lite dei signori V., l’impugnazione proposta nei confronti di questi ultimi, e fondata sulla mancanza di iniziativa processuale e della stessa costituzione di un rapporto processuale diretto nei loro confronti, appare legata da vincolo di dipendenza rispetto all’impugnazione spiegata nei confronti della S. in ordine al medesimo capo della sentenza di primo grado.

A seguito dell’ordinanza della Corte d’Appello il contraddittorio risulta dunque ritualmente integrato nei confronti di R. S., la quale, costituendosi, contestò nel merito l’impugnazione proposta da Ma. e M..

Con il secondo molino la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità del procedimento e della relativa sentenza di appello per mancanza dei presupposti processuali e delle condizioni dell’azione, deducendo che l’ordinanza della Corte d’Appello, con cui la stessa ha rimesso in termini gli appellanti, era del tutto illegittima con conseguente nullità della notifica e di tutti i successivi atti del procedimento.

Il motivo resta assorbito dal rigetto del primo e dalla ritenuta legittimità dell’integrazione del contraddittorio nei confronti della S., ex artt. 102 e 331 c.p.c..

Con il lego motivo la ricorrente denuncia la contraddittoria e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c, n. 5, deducendo che la Corte, motivando il rigetto della domanda attorea nei confronti del M. per carenza di causa peiendi, è incorsa nel vizio di omessa e insufficiente motivazione per erronea valutazione di alcune risultanze probatorie decisive.

La ricorrente contesta inoltre la statuizione della Corte d’Appello che ha affermato la mancanza di domanda nei confronti del Ma., deducendo che la Corte territoriale avrebbe erroneamente qualificato le conclusioni rassegnate in comparsa conclusionale come domande nuove, trattandosi invece di mera specificazione delle domande originariamente formulate.

La prima censura è inammissibile, in quanto si risolve nella sollecitazione ad operare una nuova valutazione, nel merito, delle acquisizioni istruttorie, estranea al sindacato di legittimità.

La Corte territoriale, sulla base della descrizione dello stato dei luoghi da parte del Ctu, ha infatti ritenuto, con valutazione di merito adeguata, che non risultava accertato che gli inconvenienti lamentati dall’attore trovassero causa nei comportamenti posti in essere dal M. ma, piuttosto, risultava che tali problemi fossero riconducibili alla “conformazione e giacitura dei fondi”, atteso che il fondo dell’attore è situato a livello più basso rispetto agli altri.

Orbene, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. Civ. Sez. L. sent de118/03/2011 n. 6288). Non sussiste dunque il dedotto vizio di carenza motivazionale, configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza del procedimento logico posto a base della statuizione censurata.

Nel caso, invece, in cui vi sia mera difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente il motivo di ricorso si risolve, come nel caso di specie, in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Ss. Uu. 24148/2013).

Il rigetto di detta censura e la conseguente conferma della statuizione di merito della Corte d’Appello che ha escluso la sussistenza di profili di responsabilità a carico dei signori M. e Ma. assorbe l’esame dell’ulteriore doglianza spiegata dalla ricorrente sull’altra ratio decidendi posta dalla Corte territoriale che, con giudizio di fatto riservato al giudice di merito, ha affermato che nei confronti di Ma.Pa. non risultava ritualmente proposta dall’odierna ricorrente alcuna domanda.

Il ricorso va dunque respinto e, considerato che gli intimati non hanno svolto nel presente giudizio attività difensiva non deve provvedersi sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte respinge il ricorso.

Nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2017

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