Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20352 del 24/08/2017
Cassazione civile, sez. II, 24/08/2017, (ud. 27/04/2017, dep.24/08/2017), n. 20352
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonella – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15651-2011 proposto da:
D.S.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA DI PIETRA 26, presso lo studio dell’avvocato GIANDOMENICO
MAGRONE (deceduto), che lo rappresenta e difende;
D.L.N., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APPIA NUOVA,
96, rappresentata e difesa dall’avvocato MARINI MARINO;
– ricorrenti –
contro
F.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA SAVOIA 31, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BRUNO,
rappresentato e difeso dall’avvocato GINO COLAROSSI (deceduto);
M.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
DELL’UNIVERSITA’ 11-A-6, presso lo studio dell’avvocato VALERIO
MENALDI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ERNESTO TORINO-RODRIGUEZ;
– controricorrenti –
e contro
D.L., (OMISSIS), + ALTRI OMESSI
– intimati –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di PESCARA, depositata il
16/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
27/04/2017 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato MARINI Marino, difensore della ricorrente D.L.
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Pescara, con ordinanza depositata il 16 marzo 2011, ha accolto parzialmente l’opposizione proposta ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 da M.M., F.F., L.G. e Z.F. avverso il decreto con cui la Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale aveva liquidato il compenso ai consulenti D.S.C. e D.L.N., nella misura di Euro 107.748,48 IVA esclusa) per l’attività prestata nell’ambito di procedimento penale a carico degli opponenti e di latri soggetti.
2. Premesso che la natura autonoma degli accertamenti richiesti e delle relazioni tecniche elaborate dai consulenti giustificava la liquidazione degli onorari per ciascuno dei distinti accertamenti, il Tribunale ha ritenuto non dovute le maggiorazioni che erano state riconosciute dall’Ufficio della Procura. Quanto al raddoppio degli onorari ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52, il Tribunale ha rilevato che i compensi erano stati parametrati su valori medi, e che ciò non consentiva il raddoppio, peraltro non motivato. Quanto all’ulteriore maggiorazione del 40%, il Tribunale ha escluso il presupposto della collegialità dell’incarico, poichè la nomina del secondo consulente era dovuta esclusivamente alla quantità del lavoro affidato al primo consulente.
2.1. Il compenso è stato rideterminato riconoscendo, per ciascuno dei cinque accertamenti svolti, onorari in misura superiore ai valori medi, in considerazione della complessità dell’incarico, per un importo complessivo di Euro 50.000, oltre alle spese.
3. Per la cassazione dell’ordinanza hanno proposto ricorso straordinario D.S.C. e D.L.N., sulla base di cinque motivi. Resistono con separati atti di controricorso M.M. e F.F.. Non hanno svolto difese gli altri intimati.
Il ricorso, già chiamato all’udienza pubblica del 21 gennaio 2016, è stato rinviato a nuovo ruolo per il rinnovo dell’avviso di udienza ad entrambi i ricorrenti personalmente, in quanto dalla relata di notifica effettuata al domicilio dell’unico difensore, avv. Giandomenico Magrone, risultava l’avvenuto decesso del medesimo. Alla successiva udienza del 15 novembre 2016, alla presenza del nuovo difensore della sola ricorrente D.L., è stato disposto ulteriore rinvio a nuovo ruolo perchè non risultava notificato l’avviso di udienza al ricorrente D.S..
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è infondato.
1.2. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52, comma 1, e art. 168, e si contesta l’interpretazione restrittiva delle norme che prevedono la maggiorazione del compenso in ragione dell’eccezionale complessità dell’indagine svolta.
2. Con il secondo motivo è denunciata violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168, e si contesta il rilievo del Tribunale riguardo all’assenza di motivazione della riconosciuta maggiorazione che, al contrario, era espressamente giustificata con la ritenuta “eccezionale complessità dell’incarico svolto”.
3. Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente per l’evidente connessione, sono infondate.
3.1. Il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52, come già il previgente L. 8 luglio 1980, n. 319, art. 5, configura uno strumento di adeguamento degli onorari liquidati al consulente tecnico d’ufficio, quante volte il giudice ritenga, con valutazione insindacabile se congruamente motivata, che la prestazione presenti un tasso di importanza e di difficoltà “eccezionale”, e come tale necessariamente maggiore rispetto a quello che deve essere compensato con l’attribuzione degli onorari nella misura massima. Risulta pertanto erroneo, perchè in evidente contrasto con la ratio della norma, l’applicazione dell’aumento al compenso che sia stato parametrato in misura inferiore a quella massima prevista dalle tabelle (ex plurimis, Cass. 09/10/2014, n. 21339).
3.2. La doglianza prospettata con il secondo motivo, che riguarda la sussistenza-adeguatezza della motivazione del riconosciuto aumento, è priva di rilievo. Per un verso, infatti, la rilevata erroneità dell’applicazione dell’aumento assorbe ogni questione di motivazione, e, per altro verso, il Tribunale non era tenuto ad argomentare le ragioni per le quali non ha ravvisato, a differenza dell’Ufficio di Procura, l’eccezionale complessità dell’indagine svolta dai periti (ex plurimis, Cass. 19/03/2007, n. 6414).
4. Con il terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 53, assumendosi l’erroneità della valutazione del Tribunale, che aveva negato la natura collegiale dell’incarico a fronte della specifica indicazione contenuta nel provvedimento di nomina della dott.ssa D.L., e della presunzione di collegialità che sussiste, secondo la giurisprudenza di legittimità, nei casi in cui l’incarico sia affidato a più consulenti.
5. Con il quarto motivo è denunciata violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52, comma 1, e art. 221 c.p.p., e si contesta l’esclusione della natura collegiale dell’incarico di consulenza, non necessariamente connessa alle differenti professionalità dei consulenti. I ricorrenti evidenziano che il requisito richiesto ai fini della costituzione di collegio peritale è quello indicato dall’art. 221 c.p.p., relativo alla “notevole complessità” degli accertamenti demandati ai periti e che, in ogni caso, i consulenti avrebbero dovuto essere liquidati ciascuno per l’intero dell’attività svolta, poichè nella nomina della dott.ssa D.L. non era specificato che la stessa avrebbe svolto l’attività in qualità di ausiliaria.
6. Le doglianze, connesse e quindi da esaminare congiuntamente, sono infondate.
6.1. Il richiamo al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 53 si rivela incongruente ai fini della contestazione della natura collegiale dell’incarico peritale, trattandosi di norma che si limita a prevedere l’aumento del compenso nell’ipotesi di incarico collegiale, ma non fornisce alcuna indicazione al riguardo.
6.2. Non sussiste la violazione dell’art. 221 c.p.c..
La norma indicata prevede, al comma 2, che “il giudice affida l’espletamento della perizia a più persone quando le indagini e le valutazioni risultano di notevole complessità ovvero richiedono distinte conoscenze in differenti discipline”.
Il Tribunale, dopo avere rilevato l’assenza di motivazione specifica della nomina della dott.ssa D.L. nel decreto di liquidazione del P.M., nonchè la coincidenza delle competenze professionali dei due periti, ha ritenuto che la nomina della dott.ssa D.L. fosse riconducibile esclusivamente alla quantità di lavoro affidato al dott. D.S., e non alla qualità dello stesso, donde la funzione di ausilio della medesima D.L., come del resto confermato dalla liquidazione disposta dall’Ufficio di Procura, che aveva riservato alla predetta una minima parte percentuale del compenso complessivo. La conclusione raggiunta dal Tribunale risulta coerente con quanto affermato da questa Corte, secondo cui il solo dato numerico, della nomina di più consulenti, non è sufficiente a configurare la collegialità dell’incarico (Cass. pen. 01/04/2009, n. 18356).
7. Con il quinto motivo è denunciata, in subordine, violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52, e si assume che l’imponente quantità di lavoro svolto dai consulenti, riconosciuta nel decreto opposto, avrebbe imposto il raddoppio degli onorari.
7.1. La doglianza è infondata. Si è già detto, nell’esame dei primi due motivi, che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52 è lo strumento con il quale il legislatore riconosce al giudice il potere di adeguare il compenso, superando gli onorari massimi previsti nelle tabelle, quante volte l’attività del consulente presenti un tasso di importanza e di difficoltà “eccezionale”.
La valutazione del lavoro svolto dal consulente in termini di eccezionalità spetta al giudice di merito, che è tenuto a dare conto delle ragioni della ritenuta “eccezionalità”, mentre nel caso di mancato esercizio di tale potere, la natura prettamente discrezionale dello stesso esclude la necessità di una specifica motivazione, dovendosi ritenere implicita una valutazione negativa dell’opportunità di avvalersene, con conseguente sottrazione a qualsiasi titolo al sindacato di legittimità (ex plurimis, Cass. 18/09/2009, n. 20235; Cass. 19/03/2007, n. 6414).
8. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alle spese del presente giudizio, come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida, a favore di ciascuno dei controricorrenti, in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2017