Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20352 del 10/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 10/10/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 10/10/2016), n.20352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3340-2015 proposto da:

L.N.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TRIONFALE

7032, presso lo studio dell’avvocato DIMITRI GOGGIAMANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FILIPPO LO NIGRO giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1739/35/2014 della COMMISSIONI TRIBUTARIA

REGIONALE della Sicilia del 15/04/2014, depositata il 23/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Avv.to L.N.F. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale della Sicilia n. 1739/35/2014, depositata in data 23/05/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, per maggiore IRPEf dovuta in relazione all’anno (OMISSIS), in relazione a contratti di locazione sottoscritti, in realtà, dal L.N. non in proprio ma quale procuratore speciale della parte locatrice è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva dichiarato estinto il giudizio, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 3 per effetto dell’intervenuto sgravio, da parte dell’Amministrazione finanziaria, con atto del “17/04/2003”, con compensazione tra le parti delle spese di lite, attesa “la scusabilità dell’errore in cui era incorso l’ente finantiario”.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame del contribuente in ordine alla pronuncia sulle spese processuali, hanno sostenuto che correttamente era stata disposta la compensazione delle spese di lite e che non erano ravvisabili gli estremi per la condanna dell’Amministrazione per lite temeraria, ex art. 96 c.p.c., considerato che quest’ultima, dopo una prima difesa, nel gennaio 2002, volta a contestare il merito del ricorso, in difesa dell’atto impositivo, già con atto dell’aprile 2003 aveva adottato il provvedimento di sgravio.

A seguito di deposito di relazione ex art.380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Il ricorrente ha anche depositato memoria.

Diritto

IN DIRITTO

1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 3, all’esito della pronuncia di incostituzionalità della Corte Costituzionale con sentenza n. 274/2005. Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza della C.T.R. nella parte in cui è stata respinta la richiesta di condanna dell’Amministrazione finanziaria per lite temeraria, ex art. 96 c.p.c..

2. La prima censura è fondata nei sensi di cui appresso, con assorbimento della seconda.

In tema di processo tributario, nell’ipotesi di estinzione del giudizio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 1 per cessazione della materia del contendere determinata dall’annullamento in autotutela dell’atto impugnato (dovuta all’accoglimento di uno dei motivi preliminari d’invalidità dedotti dal contribuente), può essere disposta la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 15, comma 1 medesimo D.Lgs., in quanto intervenuta all’esito di una valutazione complessiva della lite da parte del giudice tributario, trattandosi di un’ipotesi diversa dalla compensazione “ope legis” prevista dall’art. 46, comma 3 sopra citato, come conseguenza automatica di qualsiasi estinzione del giudizio, dichiarata costituzionalmente illegittima dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 274 del 2005 (Cass. 19947/2010). Con la citata sentenza della Consulta, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, per contrasto con il principio di ragionevolezza, della norma anzidetta nella parte in cui, nel prevedere che, in caso di estinzione del giudizio per definizione delle pendenze tributarie o per qualsiasi altra ipotesi di cessazione della materia del contendere, le spese restano a carico della parte che le ha anticipate (salvo diverse disposizioni di legge), “si riferisce alle ipotesi di cessazione della materia del contendere diverse dai casi di definizione delle pendente tributarie previsti dalla legge”, dovendo, pertanto, in tali ipotesi, il giudice tributario pronunciarsi sulle spese ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1.

In particolare, questa Corte ha poi aggiunto (Cass. 26 ottobre 2011, n. 22231) che, alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell’atto in sede di autotutela, non si correla necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale, qualora tale annullamento non consegua ad una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione.

Nella specie, mentre i giudici di primo grado avevano ritenuto, sulla base dell’esame degli atti, che l’errore in cui era incorsa l’Amministrazione fosse scusabile, a fronte del riconoscimento dell’erroneità della pretesa tributaria operato dall’Ufficio nel corso del giudizio di primo grado, i giudici di appello, nel confermare tale statuizione, in ordine alla compensazione delle spese, e nell’estenderla anche al secondo grado di giudizio, si sono limitati ad applicare ritenendosi evidentemente tenuti a farlo – la compensazione ope legis di cui all’art. 46, comma 3, cit., nella versione originaria, nonostante fosse già intervenuta, all’epoca della decisione, la pronuncia di incostituzionalità, con conseguente necessità di applicazione del detto D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, che richiama l’art. 92 c.p.c..

Gli stessi hanno, inoltre, motivato, ma solo in relazione alla richiesta ulteriore di condanna per lite temeraria, mettendo in luce il comportamento dell’Agenzia delle Entrate che, sin dal 2003 (a distanza di un anno dalle controdeduzioni iniziali), aveva provveduto, in autotutela, ad annullare l’accertamento.

3. Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Sicilia, la quale provvederà sulle spese del giudizio di primo e di secondo grado uniformandosi al principio suddetto (cfr. Cass. 22150/2013).

Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2016

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