Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2035 del 29/01/2010

Cassazione civile sez. III, 29/01/2010, (ud. 22/10/2009, dep. 29/01/2010), n.2035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29151/2005 proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA in persona del Direttore p.t.

della Filiale di (OMISSIS) della Banca, Dott. D.S.

G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAPOSILE 2, presso

lo studio dell’avvocato ANZALDI ANTONINA, rappresentato e difeso

dall’avvocato PASCA Alessandro giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.P., P.A., P.G.;

– intimati –

sul ricorso 4291/2006 proposto da:

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

CONCIATORI 3, presso lo studio dell’avvocato LORETA UTTARO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MESCHINI GIOVANNI giusta procura

speciale del Delegato alle funzioni notarili Dott. LORENZO ARCARI del

Consolato Generale D’Italia in Londra 15/01/2009, rep. n. 43;

– ricorrenti –

e contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 467/2005 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

emessa il 26/05/2005, depositata il 23/08/2005, R.G.N. 165/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

22/10/2009 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.M., avendo prestato fideiussione in favore della s.n.c. VI.MI., ricevette dal Monte dei Paschi di Siena intimazione di pagamento del debito della garantita. Successivamente la Banca gli comunicò la chiusura del conto a lui intestato e l’incameramento della somma a credito. Il P. citò allora in giudizio la Banca perchè fosse condannata a rimborsargli la somma indebitamente prelevata o, in via subordinata, la somma prelevata in esubero rispetto all’effettivo debito.

Il Tribunale di Salerno accolse la domanda, sul rilievo che il P. era all’epoca residente in (OMISSIS) e la fideiussione da lui prestata ((OMISSIS)) era nulla perchè contraria alla L. n. 786 del 1956, che faceva divieto ai residenti in (OMISSIS) di compiere atti idonei a produrre obbligazioni tra loro ed i non residenti, senza la preventiva autorizzazione ministeriale. Di qui la condanna della Banca a restituire al P. la somma prelevata sul suo conto.

A seguito d’impugnazione della Banca (nei confronti degli eredi di P.M., frattanto deceduto), la Corte di Salerno ha confermato la sentenza di primo grado, pur revocando la declaratoria di nullità della fideiussione (ex L. n. 786 del 1956) nella considerazione che il D.M. 12 marzo 1981, aveva riconosciuto validità ed efficacia alle fideiussioni prestate da non residenti in Italia che, seppur non autorizzate, riguardino linee di credito o affidamenti relativi a rapporti di debito credito da risolversi in territorio italiano. La Corte d’appello ha pure escluso che il contratto in questione fosse nullo perchè privo, al momento della sottoscrizione, dell’indicazione del debitore e della data di sottoscrizione (la denunzia di abusivo riempimento di foglio in bianco avrebbe dovuto tradursi in una querela di falso, in mancanza della quale il documento conserva l’idoneità a provare l’intero contenuto). Il giudice, invece, qualificato il contratto come autonomo di garanzia, ha ritenuto inoperante la fideiussione per violazione, da parte della Banca, dei doveri di correttezza e buona fede, consistente nell’avere assegnato al fideiussore un solo giorno dall’intimazione per procedere al pagamento.

Propone ricorso per cassazione, in via principale, la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (subentrata nei rapporti già facenti capo al Monte dei Paschi di Siena), attraverso cinque motivi. Risponde con controricorso la P., che propone anche ricorso incidentale attraverso cinque motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., siccome proposti contro la medesima sentenza.

1. – A seguito di ordine di integrazione del contraddittorio il ricorso risulta essere stato notificato a P.G. ed A.. Quanto alla P., la sua difesa nel presente giudizio ha sanato qualsiasi eventuale nullità della notificazione del ricorso principale.

2. – Preliminarmente deve essere esaminato il ricorso incidentale della P., che nel primo motivo insiste nell’affermazione di nullità del contratto fideiussorio, sul presupposto che il D.M. 12 marzo 1981, non poteva, in base al principio di gerarchia delle fonti, stabilire, in contrasto con la L. del 1956, la concessione di un’autorizzazione generale per la ricezione, da parte di istituti di credito operanti in (OMISSIS), di garanzia rilasciate da non residenti.

Il motivo è infondato, essendo del tutto impertinente il richiamo al principio di gerarchia delle fonti. In particolare, il D.M. del 1981, è intervenuto, nell’ambito della L. del 1956, per concedere in via amministrativa una autorizzazione di tipo preventivo e generale alla stipula di siffatto genere di negozi, senza per nulla procedere alla abrogazione della legge stessa, sopravvenuta solo a far data 1 gennaio 1989, ad opera della legge n. 148 del 1986 (per tali concetti, cfr. Cass. 17 gennaio 1996, n. 365; 7 settembre 1992, n. 10260).

Inammissibile in quanto contenente una questione nuova è il terzo motivo, con il quale si deduce un diverso titolo di nullità del contratto, che scaturirebbe dalla violazione del D.M. 4 luglio 1982, art. 5.

Inammissibili sono i successivi motivi, con i quali si propongono questioni di merito già risolte dalla sentenza impugnata con motivazione congrua e logica.

3. – Con il primo motivo del ricorso principale la Banca, nel lamentare la violazione dell’art. 1362 c.c., e segg., ed i vizi della motivazione, censura la sentenza nel punto in cui ha affermato che essa, nel chiedere al fideiussore il pagamento nel termine di un giorno, ha violato i principi di correttezza e buona fede.

Il secondo motivo censura il vizio della motivazione nel punto in cui la sentenza ha affermato che il termine per il recesso può essere pattiziamente escluso o anche ridotto ad un giorno, salvo in ogni caso il rispetto della buona fede in executivis e l’esclusione di qualsivoglia comportamento arbitrario.

I primi due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. L’accertamento della violazione delle regole di buona fede e correttezza costituisce un giudizio demandato al giudice del merito che, se esercitato attraverso motivazione congrua e logica, si sottrae alla censura di legittimità. Nella specie, il giudice ha spiegato in maniera assolutamente sufficiente e coerente le ragioni (che qui non è neppure necessario ripetere) per le quali ha ritenuto che l’avere la Banca assegnato al fideiussore un solo giorno di tempo dalla comunicazione per procedere al pagamento costituisce, appunto, violazione dei suddetti canoni contrattuali .

Il terzo motivo censura la sentenza per il vizio di ultrapetizione, nonchè della motivazione. Vi si sostiene che l’accoglimento dell’appello e la conseguente revoca del capo della sentenza di primo grado che aveva dichiarato la nullità del contratto avrebbe dovuto comportare l’intera revoca della sentenza di primo grado, compreso la condanna della Banca al rimborso. Non avrebbe, invece, potuto il giudice d’appello confermare le statuizioni accessorie alla riformata pronuncia principale.

Il motivo è infondato. In quanto quella di rimborso è stata la domanda principale della parte e consequenziale alla pronunzia del giudice d’appello che, pur ritenendo (diversamente dal Tribunale) valido il contratto, ha reputato scorretto il comportamento della Banca con riferimento al termine esiguo di pagamento concesso al fideiussore.

Infondato è il quarto motivo relativo alle spese del giudizio di merito. Correttamente, infatti, la sentenza impugnata ha tenuto conto della soccombenza sostanziale della Banca, sia in primo che in secondo grado, essendo stata confermata in appello la decisione del primo giudice, benchè sotto un diverso profilo.

Il quinto motivo lamenta, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio della motivazione, che la sentenza impugnata, pur qualificando la garanzia fideiussoria in esame quale contratto autonomo di garanzia a prima richiesta, applichi ad essa norme e schemi interpretativi tipici dell’accessorietà, finendo così con lo svuotare di contenuto la clausola del contratto di garanzia che prevedeva l’obbligo del fideiussore di pagare immediatamente e dietro semplice richiesta scritta.

Il motivo è infondato in considerazione del fatto che, come ha correttamente osservato la sentenza impugnata, la sussistenza di una clausola come quella in esame impedisce al debitore ogni contestazione, ma non esclude che, in ossequio alla regola di buona fede e correttezza, gli debba essere concesso un termine congruo per valutare l’intimazione e provvedere all’eventuale pagamento.

4. – In conclusione entrambi i ricorsi devono essere respinti, con conseguente, totale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2010

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