Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20348 del 24/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 24/08/2017, (ud. 12/04/2017, dep.24/08/2017),  n. 20348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vicenzo – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23661-2013 proposto da:

B.A., (OMISSIS), BE.PI., (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo

studio dell’avvocato GIOVAN CANDIDO DI GIOIA, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SANDRO BONELLI;

– ricorrenti –

contro

BR.MA., M.M.R., S.P.,

S.E., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso

lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ROBERTO COLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 968/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 20/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/04/2017 dal Consigliere Dott. SABATO RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO CHE

Il tribunale di Pistoia – sezione distaccata di Pescia – con sentenza depositata il 09/06/2008 – ha, tra l’altro, rigettato domanda di Be.Pi. e B.A. di attribuzione in proprietà ex art. 938 c.c., previo versamento del doppio del valore, di porzione di suolo di mq. 12 occupata con costruzione, attualmente in nuda proprietà di S.P. e Br.Ma. e in usufrutto a S.E. e M.M.R.;

con sentenza depositata il 20/06/2013 la corte d’appello di Firenze ha, per quanto rileva, rigettato l’appello di Be.Pi. e B.A. ritenendo che, ai fini del sussistere del requisito della buona fede posto dall’art. 938 c.c., essa debba persistere fino al completamento della costruzione; che la scrittura privata tra le parti del 23/01/2002 che ha esentato i costruttori convenzionalmente dal rispetto delle distanze dai confini, ammettendo una distanza inferiore, non evidenziasse detta buona fede, anche in quanto “la circostanza che i confinanti concordassero nell’identificare come confine naturale un fosse interposto di scolo (peraltro non indicato nella scrittura…) non esimeva… da effettuare preventivamente gli opportuni accertamenti catastali”; che la consapevolezza del rischio di sconfinare avrebbe dovuto accrescersi dopo la presentazione della d.i.a. del 30/09/2002 su cui si basava un ulteriore avanzamento verso il confine; che inoltre la buona fede non potesse sussistere in relazione al fatto che con la scrittura privata del 23/01/2002 i signori Be. e B. avevano rinunciato a servitù di passo sul terreno dei confinanti, avendo poi edificato proprio sulla striscia su cui precedentemente esercitavano il passaggio, ciò che consentiva di escludere ogni ragionevole convincimento che la costruzione fosse edificata su suolo proprio; infine, che la mancata opposizione dei confinanti entro tre mesi non valesse a integrare il requisito della buona fede, trattandosi di requisiti diversi che debbono entrambi concorrere ai fini dell’art. 938 c.c.;

avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Be.Pi. e B.A., affidandolo a tre motivi illustrati da memoria, cui hanno resistito con controricorso S.P. e Br.Ma. nonchè S.E. e M.M.R..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Debba affermarsi che secondo la giurisprudenza di questa Corte chiamata ad applicare la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, il vizio motivazionale ivi previsto di “omesso esame circa un fatto decisivo” (che si distingue dall’omessa pronuncia, che continua a sostanziarsi ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto) presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico, principale o secondario, oppure che si sia tradotto nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, invece, qualunque rilevanza della semplice “insufficienza” o di “contraddittorietà” della motivazione, che neppure sopravvivono come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4, (cfr. Cass. Sez. U., 07/04/2014 n. 8053; Cass. n. 08/10/2014 n. 21257 e 06/07/2015n. 13928);

in tale ottica, i fatti il cui esame sarebbe stato omesso dalla corte d’appello secondo il primo motivo di ricorso, indicati nella presunta consensuale nuova determinazione del confine da parte dei tecnici di fiducia in data 08/01/2003 e dalle prime contestazioni in data 14/01/2003, i quali soltanto avrebbero fatto emergere lo sconfinamento, siano non decisivi quanto all’accertamento della buona fede, stante l’argomentazione sopra riportata circa le ragioni che facevano ragionevolmente dubitare circa i confini; ciò che esime dall’esaminare le contestazioni sul punto mosse dai controricorrenti, stante l’inammissibilità del motivo per quanto innanzi;

il fatto, poi, il cui esame sarebbe stato omesso, in base al secondo motivo, indicato in quelli appena riferiti messi in rapporto alla mancata contestazione nel termine decadenziale di tre mesi ex art. 938 c.c., risulti in effetti esaminato, seppur indirettamente, dalla corte d’appello, che ha escluso la rilevanza della mancata opposizione al fine di ritenere integrato il requisito della buona fede, richiamando anche la giurisprudenza di legittimità in materia, avverso la quale con il secondo motivo medesimo i ricorrenti si pongono anche dal punto di vista della violazione di legge (v. pp. 7 e 8 della sentenza impugnata), senza che si evidenzino ragioni di fondatezza; ciò da cui discende l’inammissibilità in parte e l’infondatezza in altra parte del motivo;

il terzo motivo di ricorso, deducendo censure dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ex n. 4, dichiaratamente contesti la motivazione della sentenza impugnata, senza porne in luce vizi rilevanti, per cui è anch’esso inammissibile;

siano infine infondate le censure per violazione dell’art. 938 c.c., contenute in tutti e tre i motivi, avendo dato la corte territoriale seguito agli indirizzi interpretativi consolidati sull’argomento;

il ricorso debba in definitiva essere rigettato con condanna dei ricorrenti alle spese secondo soccombenza;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si debba atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

PQM

 

La corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 3.000 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 12 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2017

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