Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20346 del 31/07/2018


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Civile Sent. Sez. U Num. 20346 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA
sul ricorso 27813-2016 proposto da:
CONSORZIO DI BONIFICA CELLINA-MEDUNA, in persona del
Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ANTONIO GRAMSCI 9, presso lo studio dell’avvocato ARCANGELO
GUZZO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CLAUDIO MARTINO;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 31/07/2018

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE, MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI E DEL
TURISMO, MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI,
EDIPOWER S.P.A., REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA,
COMUNE DI BARCIS;

avverso la sentenza n. 250/2016 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE
ACQUE PUBBLICHE, depositata il 9/08/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/04/2018 dal Consigliere UMBERTO BERRINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale FEDERICO SORRENTINO, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
udito l’Avvocato Arcangelo Guzzo.
Nonchè

sul ricorso 361-2017 proposto da:
CELLINA ENERGY S.R.L., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI 99,
presso lo studio dell’avvocato ILARIA CONTE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ERNESTO CONTE;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE, MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI E DEL
TURISMO, MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DIREZIONE GENERALE PER LE DIGHE, COMUNE DI BARCIS, REGIONE
FRIULI VENEZIA GIULIA, CONSORZIO DI BONIFICA CELLINAMEDUNA;
– intimati –

Ric. 2016 n. 27813 sez. SU – ud. 17-04-2018

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– intimati –

avverso la sentenza n. 250/2016 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE
ACQUE PUBBLICHE, depositata il 9/08/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/04/2018 dal Consigliere UMBERTO BERRINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato Ernesto Conte.
Fatti di causa
Con decreto n. 29 del 23.1.2014 il Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del territorio e del mare, di concerto col Ministro dei Beni e
delle Attività culturali e del Turismo, pronunciò la compatibilità
ambientale del progetto presentato dalla società Edipower s.p.a.,
relativo alla realizzazione dello scarico di superficie ausiliario in
sponda sinistra della diga di Barcis (PN) da realizzarsi in tale comune,
subordinandola ad una serie di prescrizioni. La presentazione del
progetto era stata sollecitata con nota del 6 settembre 2005 dal
Registro Italiane Dighe nell’ambito di una valutazione idraulica dello
sbarramento per verificarne la coerenza con la normativa
sopravvenuta.
La società Edipower s.p.a., divenuta titolare nel 2008 dell’impianto
idroelettrico di Barcis, chiese al Tribunale Superiore delle Acque
Pubbliche

l’annullamento

del

predetto

decreto

ministeriale,

sostenendone l’illegittimità in ragione della lamentata
irragionevolezza e contraddittorietà delle prescrizioni tecniche cui la
pronuncia favorevole di impatto ambientale era stata subordinata.
Analogo ricorso fu proposto dal Consorzio di Bonifica Cellina Meduna.
Con sentenza n. 250 del 9.8.2016 il Tribunale Superiore delle Acque
Pubbliche, una volta riuniti i ricorsi, li rigettò mettendo in rilievo
l’ampia discrezionalità, anche tecnica, di cui godeva la Pubblica

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Generale FEDERICO SORRENTINO, che ha concluso per

Amministrazione in tema di valutazione della compatibilità ambientale
delle opere sottoposte al suo vaglio ed evidenziando che le
prescrizioni impugnate non rappresentavano delle misure
irragionevoli nell’ottica del contemperamento dei contrapposti
interessi pubblici e privati.

quattro motivi ciascuno, sia il Consorzio di Bonifica Ceilina – Meduna
che Cellina Energy s.r.l.
Sono rimasti intimati il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e
del Turismo, la Edipower s.p.a., il Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ed il Comune di
Barcis.
Ragioni della decisione
Preliminarmente va disposta la riunione del procedimento n.
361/2017 a quello recante il numero R.G.N. 27813/2016, trattandosi
di ricorsi avverso la stessa sentenza ed aventi ad oggetto la
medesima questione.
1. Col primo motivo il Consorzio di Bonifica Cellina-Meduna (d’ora in
avanti Consorzio) denunzia l’omessa pronuncia, nonchè la violazione
e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132 n. 4 c.p.c. (art.
360 nn. 3 e 4 c.p.c.), dolendosi dell’omessa trattazione dei primi due
motivi del ricorso proposto al Tribunale Superiore delle Acque
Pubbliche,

motivi

volti

essenzialmente

ad

evidenziare

la

irragionevolezza delle prescrizioni imposte con la concessione di
derivazione di acqua pubblica, tali da vanificare, a causa della
eccessive restrizioni stabilite, l’esercizio stesso del relativo diritto.
2. Col secondo motivo, dedotto per motivazione apparente, violazione
e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132 n. 4 c.p.c.,
nonché per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio
oggetto di discussione tra le parti (art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.), il

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Per la cassazione della sentenza ricorrono separatamente, con

Consorzio lamenta la incomprensibilità della ragione per la quale il
Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha ritenuto che le
prescrizioni ministeriali censurate non avrebbero influito sull’utilizzo e
sull’esercizio della derivazione d’acqua pubblica, viceversa
compromessi dalla previsione dello svolgimento delle operazioni di
cantiere in alveo solo nel periodo estivo per la tutela della fauna

dalla imposizione del mantenimento costante del livello del lago per la
riduzione dell’impatto visivo, ad onta della naturale variazione del
volume e dei conseguenti livelli dell’invaso. In tal modo, secondo il
ricorrente, il Tribunale ha trascurato la funzione essenziale del
serbatoio per cui è causa, ossia quella di accumulare acqua, con
conseguente aumento del livello del lago, nei periodi di piena, e di
consumarla per i fini oggetto delle concessioni assentite, nei periodi di
magra, con conseguente diminuzione di detto livello.
3. Col terzo motivo il Consorzio lamenta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 42, 43, 44 e 143 del R.D. 11 dicembre 1933,
n. 1775, nonché dei principi generali in materia di rilascio ed esercizio
delle concessioni di derivazione di acqua pubblica, oltre che la
violazione e falsa applicazione degli artt. 86 ed 89, lett. i), del d.lgs
31 marzo 1998, n. 112, dell’art. 132 n. 4 c.p.c., unitamente al
denunziato vizio di motivazione apparente (art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.).
In particolare, il Consorzio si duole del fatto che il Tribunale
Superiore, al quale era stata prospettata la illegittimità delle
prescrizioni riguardanti la fase di dismissione delle opere, aveva
respinto la censura di incompetenza dei Ministeri dell’Ambiente e dei
Beni culturali, autori del contestato provvedimento di concessione
sottoposta a condizioni ritenute inaccettabili. Spiega il Consorzio che
tale censura era stata articolata sul richiamo al trasferimento alle
Regioni delle funzioni relative alla gestione del demanio idrico,
trasferimento attuato con gli artt. 86 ed 89, lett. i), del d.lgs n.

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ittica, cioè nel periodo di assoluto bisogno di irrigazione, oltre che

112/1998, mentre il Tribunale Superiore aveva osservato, con
motivazione ritenuta insoddisfacente da esso ricorrente, che la
dismissione delle opere, il ripristino ambientale delle aree interessate
dagli interventi e l’obbligo di mantenere costante il livello del lago non
attenevano all’utilizzo della derivazione delle acque, neppure
indirettamente. Invece, secondo il Consorzio, l’esercizio delle

affidataria della gestione del demanio idrico cui erano state in
concreto attribuite le relative funzioni amministrative, autorità che si
identificava nella Regione, ai sensi delle citate norme di cui al d.lgs n.
112/1998, e non certo nei due Ministeri autori del provvedimento
impugnato.
4. Col quarto motivo, formulato per violazione e falsa applicazione
degli artt. 1, 2, 3 e seguenti delle disposizioni sulla legge in generale
e per vizio di motivazione apparente (art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.), il
Consorzio censura la parte della motivazione dell’impugnata sentenza
in cui si richiamano, a sostegno della natura discrezionale cautelare
delle misure contenute nelle prescrizioni della concessione, due note
della Soprintendenza delle Belle Arti del Friuli Venezia Giulia e della
Direzione Generale, deducendo che il giudicante non ha reso
percepibili al riguardo le ragioni della propria decisione di rigetto del
ricorso.
5. Col primo motivo la società Cellina Energy s.r.l. lamenta l’omesso
esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione,
che era stato esposto al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche
attraverso la denunzia dei diversi vizi del provvedimento di
concessione, quali la sua illogicità e contraddittorietà, l’eccesso di
potere per mancanza di motivazione, omessa istruttoria e
travisamento dei fatti, con particolare riferimento alla dedotta
valutazione della situazione di impatto ambientale. In sostanza si
imputa al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche di aver

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derivazioni di acqua pubblica era regolamentato dalla stessa Autorità

giustificato le irrazionali prescrizioni imposte ad Edipower dai due
Ministeri col richiamo alla natura discrezionale del potere della
pubblica amministrazione di sacrificare, in materia di valutazione di
impatto ambientale, un supposto interesse della parte privata
all’esecuzione dell’opera, nonostante fosse stato chiaramente
evidenziato col ricorso introduttivo del giudizio che Edipower non

scarichi, atteso che la produzione dell’energia elettrica era già
assicurata dall’impianto esistente, mentre l’opera da approvare era
intesa esclusivamente alla tutela della pubblica incolumità.
6. Col secondo motivo, proposto per violazione degli artt. 132 e 112
c.p.c., la ricorrente società lamenta in particolare l’omesso esame
della censura diretta contro la prescrizione di limitare l’impiego di
esplosivo per lo scavo della galleria nel periodo compreso tra inizio
agosto e fine settembre, atteso che non era stata spiegata la ragione
per cui era giusto diluire nell’arco di cinque anni un lavoro che poteva
essere eseguito in meno di un anno.
7. Col terzo motivo la Cellina Energy s.r.l. denunzia la violazione degli
artt. 42, 43, 44 e 143 del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1175, nonché
dei principi generali in materia di esercizio delle concessioni di
derivazione di acqua pubblica, oltre che la violazione degli artt. 86 ed
89, lett. i), del d.lgs 31 marzo 1998, n. 112, unitamente all’omesso
esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che era stato esposto
innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche; infine, si duole
della violazione dell’art. 132 c.p.c. per motivazione apparente: error
in procedendo.
In particolare, la ricorrente lamenta che il Tribunale Superiore, al
quale era stata prospettata la illegittimità delle prescrizioni
riguardanti la fase di dismissione delle opere, aveva respinto la
censura di incompetenza dei Ministeri dell’Ambiente e dei Beni
culturali, autori del contestato provvedimento di concessione, sulla

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aveva alcun interesse all’attuazione dell’opera di potenziamento degli

scorta del rilievo che la dismissione delle opere, il ripristino
ambientale delle aree interessate dagli interventi e l’obbligo di
mantenere costante il livello del lago non attenevano all’utilizzo della
derivazione delle acque, neppure indirettamente. Invece, secondo la
ricorrente, l’esercizio delle derivazioni di acqua pubblica era

demanio idrico cui erano state in concreto attribuite le relative
funzioni amministrative, autorità che si identificava nella Regione, ai
sensi delle citate norme di cui al d.lgs n. 112/1998, e non certo nei
due Ministeri autori del provvedimento impugnato. Inoltre, continua
la ricorrente, il Tribunale Superiore aveva trascurato di considerare
che la funzione essenziale dei serbatoi idroelettrici, come quello di cui
trattasi, consisteva nell’accumulo di acqua, con conseguente aumento
del livello del lago, nei periodi di piena e di consumo della stessa, con
conseguente diminuzione del predetto livello, nei periodi di magra,
per cui ciò implicava l’illogicità della prescrizione di mantenere
costante il livello del serbatoio.
8. Col quarto motivo, formulato per violazione dell’art. 100 c.p.c. e
del principio di corrispondenza tra motivazione e dispositivo, la
ricorrente lamenta che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche,
nel confermare la natura discrezionale e cautelare delle prescrizioni
inserite nel provvedimento impugnato, ha richiamato il contenuto di
due note, una della Soprintendenza e l’altra della Direzione Generale
delle Belle Arti e del Paesaggio, contrastanti tra loro, in quanto in una
di esse si parla di prescrizione non vincolante e nell’altra di puntuale
ottemperanza delle indicazioni.
9.

Osserva la Corte che i suddetti motivi, che per ragioni di

connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono
infondati.
Anzitutto, sono infondate le doglianze incentrate sulla mancata
disamina dei motivi attraverso i quali entrambi i ricorrenti si sono

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regolamentato dalla stessa Autorità affidataria della gestione del

doluti, innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, della
mancata disamina delle censure volte ad evidenziare l’illogicità, la
contraddittorietà e l’eccesso di potere nella fissazione, da parte della
pubblica amministrazione, di determinate prescrizioni, sia con
riferimento alla fase di esercizio e di utilizzo della derivazione d’acqua

Invero, il Tribunale Superiore ha adeguatamente messo in rilievo che
la pubblica amministrazione, nel rendere il giudizio di valutazione
ambientale, aveva esercitato in pieno i propri poteri discrezionali, che
non si erano esauriti in un mero giudizio tecnico, stante la necessità
istituzionale di dover apprezzare gli interessi pubblici e privati
coinvolti, per cui la determinazione finale emessa sfuggiva al
sindacato giurisdizionale di legittimità, non ravvisandosi nella
fattispecie alcuna valutazione illogica, irrazionale o arbitraria. A tal
riguardo, il giudicante ha evidenziato che gli interessi pubblici in gioco
erano quelli della salvaguardia ambientale e dell’incolumità pubblica,
non disgiunti dall’interesse alla produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili e da quello, propriamente privato, dell’attività d’impresa,
per cui le prescrizioni adottate, oggetto di contestazione, costituivano
lo strumento adeguato per attuare in concreto il principio
dell’imparzialità e del buon andamento al quale doveva essere
improntatg, ai sensi dell’art. 97 della Costituzione, l’attività
dell’amministrazione pubblica.
Quindi, non solo non è ravvisabile alcun difetto di motivazione, che i
ricorrenti hanno tentato di evidenziare in maniera inammissibile sotto
l’apparente denunzia di vizi di violazione di legge o di omessa
pronuncia, ma nemmeno si è in presenza

di

una motivazione

apparente, avendo il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche
espresso, al contrario, una motivazione esauriente circa il dovuto
bilanciamento tra gli interessi pubblici e quelli di impresa, pervenendo
al convincimento, congruamente illustrato ed immune da rilievi di

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pubblica, che a quella di dismissione delle opere.

legittimità, della insussistenza dei denunziati vizi di illogicità,
contraddittorietà ed eccesso di potere in merito alla fissazione, da
parte della pubblica amministrazione, delle opportune prescrizioni
all’interno dell’impugnato provvedimento di concessione.
D’altra parte, anche riguardo alle censure che hanno posto in

Tribunale ha adeguatamente posto in risalto che tali critiche muovono
da una visione esclusivamente soggettiva della fattispecie, come tale
inammissibile in quanto precluderebbe all’amministrazione qualsiasi
intervento, laddove, al contrario, non può minimamente porsi in
dubbio il potere della stessa di fissare quelle misure adeguate e
ragionevoli che consentono di contemperare i contrapposti interessi in
gioco, tutelando quelli di natura pubblica col minor sacrificio possibile
di quelli privati.
10. Nemmeno colgono nel segno le doglianze riflettenti l’asserita
mancata disamina della questione posta rispetto alla competenza
all’emissione delle prescrizioni oggetto di contestazione, così come
sono infondate le lamentele riguardanti la motivazione adottata al
riguardo dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche: invero, tale
organo giudiziario si è fatto carico di valutare tali censure,
pervenendo al convincimento che il denunziato vizio non sussisteva,
posto che le misure operative prescritte col provvedimento impugnato
non attenevano all’utilizzo della derivazione delle acque, né
determinavano una revoca di fatto della concessione in vigore. In
effetti, dagli stessi ricorsi si ricava che le limitazioni contestate
concernevano, in realtà, l’individuazione del periodo di svolgimento
delle operazioni di cantiere in alveo, la prescrizione di mantenimento
del livello costante del lago e l’obbligo di rispettare quelle previste per
la fase di dismissione.
11. In ogni caso, per quel che concerne la contestata competenza
statale in materia di dighe, non può, al contrario, sottacersi che col

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discussione la logicità e contraddittorietà delle prescrizioni, lo stesso

decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Il febbraio 2014,
n. 72, è stato emanato il Regolamento di organizzazione del Ministero
delle Infrastrutture e dei trasporti (ai sensi dell’articolo 2 del decretolegge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7
agosto 2012, n. 135), il cui art. 5, comma 7, prevede che la Direzione
generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche svolge le

quali quelle di cui alle seguenti lettere: c) vigilanza sull’esercizio, ai
fini della tutela della pubblica incolumita’, ed, in particolare, sulle
operazioni di controllo delle grandi dighe spettanti ai gestori ed ai
concessionari di derivazione, nonche’ monitoraggio concernente, tra
l’altro, gli aspetti di sicurezza idraulica; d) attivita’ concernenti
l’emanazione della normativa tecnica e tecnico-amministrativa in
materia di dighe; e) approvazione tecnica dei progetti delle opere di
derivazione dai serbatoi e di adduzione all’utilizzazione, comprese le
condotte forzate, nonche’ vigilanza sulla costruzione e sulle
operazioni di controllo che i concessionari sono tenuti ad espletare
sulle opere medesime; f) esame ed approvazione tecnica delle
rivalutazioni delle condizioni di sicurezza sismica ed idraulica delle
grandi dighe; parere tecnico sui progetti di gestione degli invasi ai
sensi dell’articolo 114 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e
successive modifiche; g) definizione dei requisiti tecnici della
strumentazione di controllo e dei metodi di prova per le dighe;
assistenza tecnica ad altre amministrazioni, sulla base di accordi o
convenzioni, per opere idrauliche non soggette alla successiva
approvazione.
12. In definitiva, i ricorsi, come sopra riuniti, vanno rigettati.
Non va adottata alcuna statuizione in ordine alle spese del presente
giudizio in quanto gli enti di cui in epigrafe, ai quali sono stati
notificati i ricorsi, sono rimasti solo intimati.
Ricorrono, tuttavia, i presupposti per la condanna dei ricorrenti al

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funzioni di competenza del Ministero in diversi ambiti di attività, tra le

pagamento del contributo unificato di cui all’art. 13 del d.P.R. n. 115
del 2002.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta. Nulla spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei

quello dovuto per i ricorsi, a norma del comma 1-bis dello stesso art.
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Così deciso in Roma il 17 aprile 2018
Il Consigliere estensore
Umberto Berrino
i t t.:24…-0

Il Presidente
Stefano Petitti

ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

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