Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20346 del 28/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/09/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 28/09/2020), n.20346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18766-2019 proposto da:

D.B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE COLLI

PORTUENSI 536/A, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GORINI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUALTIERO BELLINO;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, in persona del Procuratore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ASOLONE 8,

presso lo studio dell’avvocato MILENA LIUZZI, rappresentata e difesa

dall’avvocato LORENZO MORTAROTTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 349/2018 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 23/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO

GIAIME GUIZZI.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

– che D.B.A., sulla base di due motivi, ricorre – ex art. 348-ter c.p.c., comma 3, – per la cassazione della sentenza n. 349/18, del 23 gennaio 2018, del Tribunale di Torino (già oggetto di gravame dallo stesso esperito e dichiarato inammissibile dalla Corte di Appello di Torino, ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., per mancanza di ragionevole probabilità di accoglimento, con ordinanza del 7 dicembre 2018), sentenza che ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dal D.B. avverso la società Reale Mutua di Assicurazione, quale impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime delle Strada, in relazione al sinistro stradale che ebbe ai coinvolgerlo, mentre era alla guida della propria autovettura, lungo la strada statale che conduce da (OMISSIS), il (OMISSIS), a causa, a suo dire, della necessità di evitare la collisione con un veicolo, non identificato, che aveva invaso la sua corsia di marcia;

– che, in punto di fatto, il ricorrente riferisce di aver adito il Tribunale torinese per conseguire il ristoro dei gravi danni alla persona subiti in conseguenza del sinistro, vedendo, però, rigettata la propria domanda, nonchè dichiarato inammissibile – dal giudice di appello – il gravame esperito avverso di essa, avendo la Corte territoriale ravvisato la mancanza di ragionevole probabilità di accoglimento dello stesso;

– che avverso la sentenza del primo giudice ha proposto ricorso “per saltum” il D.B., sulla base di due motivi;

– che il primo motivo denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione dell’art. 116 c.p.c. “per travisamento della piattaforma probatoria”, e ciò, in particolare:

– – per “manifesta violazione delle norme sostanziali e procedurali relative alla prova testimoniale”,

– – “per distorsione del concetto di “indizio utile” con conseguente violazione dell’art. 2729 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. in relazione alla disciplina sulle presunzioni”,

– – per “eccessivo onere probatorio in capo all’attore con conseguente violazione dell’art. 2697 c.c.”,

– – per violazione dell’art. 96 c.p.c. in sede di processo di appello;

– che, con il secondo motivo, è denunziata – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2), 3) e 4), – violazione e falsa applicazione di norme di diritto di rango costituzionale, ed esattamente, violazione “indiretta” del diritto di difesa ex art. 24 Cost. e consequenziale violazione del principio del giusto processo ex art. 111 Cost., per la mancata celebrazione del processo di gravame;

– che la società Reale Mutua di Assicurazione ha resistito, con controricorso, all’avversaria impugnazione, della quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità, per omessa indicazione dei motivi di gravame, ovvero per tardiva proposizione, o, comunque, disporsi il rigetto per l’infondatezza dei motivi;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio del 16 luglio 2020;

– che il ricorrente ha depositato memoria, insistendo nelle proprie conclusioni, nonchè assumendo la procedibilità ed ammissibilità del proposto ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso – come eccepito dalla controricorrente – è privo del requisito speciale di ammissibilità costituito dall’indicazione dei motivi di appello;

– che, pertanto, in applicazione del principio della “ragione più liquida” – operante pure nel giudizio di legittimità (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 5, ord. 9 gennaio 2019, n. 363, Rv. 652184-01; Cass. Sez. 5, sent. 11 maggio 2018, n. 11458, Rv. 648510-01) – può prescindersi dalla disamina della questione relativa alla sua tempestività;

– che, difatti, l’odierno ricorrente, in nessuna parte del proprio atto di impugnazione, ha provveduto a menzionare i motivi di gravame allora proposti avverso la sentenza oggetto di ricorso “per saltum”;

– che trova, pertanto, applicazione il principio secondo cui “nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, proponibile ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3, l’atto d’appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza, pronunciata ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), è necessario che nel suddetto ricorso per cassazione sia fatta espressa menzione dei motivi di appello e della motivazione dell’ordinanza ex art. 348-bis c.p.c., al fine di evidenziare l’insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame” (Cass. Sez. 6-3, ord. 15 maggio 2014, n. 10722, Rv. 630702-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 23 dicembre 2016, n. 26936, Rv. 642322-01);

– che la “ratio” sottesa alla necessità dell’indicazione dei motivi di appello, nel ricorso “per saltum” di cui alla norma suddetta (ovvero, consentire a questa Corte la verifica dell’insussistenza di un giudicato interno), dà conto dell’impossibilità di recepire le argomentazioni svolte dal ricorrente nella propria memoria, e secondo cui quei motivi sarebbero stati “maggiormente sviluppati ed approfonditi” con l’odierna impugnazione;

– che va, pertanto, ribadito che, nella peculiare ipotesi di ricorso “per saltum” previsto dall’art. 348-ter c.p.c., nonostante “la sostituzione, quale oggetto del giudizio di legittimità, del provvedimento di secondo grado con quello originario di primo grado”, mantiene pienamente vigore “la regola generale dell’art. 329 c.p.c., visto che il processo si è comunque sviluppato secondo le ordinarie sue regole e, solo, il grado di appello ha avuto uno svolgimento compresso e sommario”, di talchè “il conseguimento della definitività della pronuncia di primo grado per tardività della proposizione dell’appello, come ogni altra definizione in rito del gravame derivante dal riscontro meramente estrinseco ed esteriore dell’atto di gravame e non quindi da una valutazione del gravame stesso in rito o in merito”, comporta “il consolidamento del giudicato e la preclusione di ogni ulteriore mezzo di impugnazione, rilevabile anche di ufficio dalla corte di legittimità” (cfr., in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. n. 10722 del 2014, cit.);

– che, in questa prospettiva, pertanto, si è precisato che “oggetto del ricorso per cassazione ex art. 348-ter c.p.c. non possono essere questioni che siano già precluse al momento della proposizione dell’appello dichiarato inammissibile ex art. 348-bis c.p.c.: in particolare, il giudicato interno, anche implicito, formatosi in ragione della mancata impugnazione di uno o più capi della sentenza di primo grado comporta la preclusione, nel corso del medesimo processo, delle relative questioni”, donde, allora, la necessità che la proposizione di tale peculiare ricorso rechi l’indicazione dei motivi su quali si fondava l’appello dichiarato inammissibile per difetto di ragionevoli probabilità di accoglimento (così, nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. n. 10722 del 2014, cit.);

– che, questo appena illustrato, è un principio, come detto, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, che ha anche precisato come “il ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, previsto dall’art. 348-ter c.p.c., comma 3, ha natura ordinaria e, in quanto tale, deve contenere, a pena di inammissibilità, “l’esposizione sommaria dei fatti di causa”, prevista all’art. 366 c.p.c., n. 3) da intendersi come esposizione dei fatti sostanziali oggetto della controversia e di quelli processuali relativi al giudizio di primo e di secondo grado, e dunque le domande ed eccezioni proposte innanzi al giudice di prime cure e non accolte o rimaste assorbite, oltre agli elementi che evidenzino la tempestività dell’appello e i motivi su cui esso era fondato” (così Cass. Sez. 6-3, ord. 23 dicembre 2016, n. 26936, Rv. 642322-02);

– che d’altra parte, è stato anche escluso che “l’onere di indicare i motivi di appello e la motivazione dell’ordinanza ex art. 348-bis c.p.c.” si ponga “in contrasto con l’art. 6 CEDU, in quanto esso è imposto in modo chiaro e prevedibile (risultando da un indirizzo giurisprudenziale di legittimità ormai consolidato), non è eccessivo per il ricorrente e risulta, infine, funzionale al ruolo nomofilattico della Suprema Corte, essendo volto alla verifica in ordine alla mancata formazione di un giudicato interno” (cfr. nuovamente, Cass. Sez. 6-3, ord. n. 26936 del 2016, cit.);

– che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;

– che in ragione della declaratoria di inammissibilità del ricorso, va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando D.B.A. a rifondere alla società Reale Mutua di Assicurazione le spese del presente giudizio, che liquida nella misura di Euro 5.600,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, più spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2020

 

 

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