Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20344 del 04/09/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 20344 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 17536-2007 proposto da:
CHIRBO SRL IN LIQUIDAZIONE, 03873100378, in persona del
liquidatore e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CUNFIDA 20, presso lo studio
dell’avvocato BATTAGLIA MONICA, che la rappresenta e difende,
come da procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
X.Z., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO
MESSICO 7, presso lo studio dell’avvocato X.Z., che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOTINO LAURA;

– controricorrenti —
e
Sul ricorso 23666 del 2007 proposto da

Data pubblicazione: 04/09/2013

CHIRBO SRL IN LIQUIDAZIONE

contro X.Z.,

ricorso non depositato
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il
09/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/06/2013 dal Consigliere Dott. IPPOLISTO PARZIALE;
udito l’Avvocato X.Z., che si riporta agli atti e alle
conclusioni assunte;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MAURIZIO VELARDI, che conclude per l’inammissibilità del ricorso
ed, in subordine, per il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’avv. Pietro X., con istanza ex art. 28 L.13.6.1942 n.794,
chiedeva la liquidazione dei diritti, degli onorari e spese per l’attività
professionale svolta in favore della società Chirbo srl in liquidazione.
La Chirbo s.r.l. si costituiva nel giudizio contestando l’entità delle
richieste attoree, parte delle quali riferibili ad attività non svolte
dall’avv. X..
2. Il Tribunale di Roma, in composizione collegiale, accoglieva
parzialmente le domande attoree, riconoscendo il diritto al compenso
solo relativamente ad una parte delle attività. In particolare, le
escludeva per l’atto di precetto, risultando il professionista solo
domiciliatario, mentre le riconosceva per la restante attività, per le quali
risultava aver ricevuto pieno mandato, liquidandole per l’intero, non
rilevando la sua qualità di codifensore. Quanto alla domanda
risarcitoria svolta dall’Avv. X., il collegio la riteneva estranea al
rito ex L. 794/42 e su di essa non provvedeva.
3. Impugna tale decisione la Chirbo s.r.1., che articola tre motivi di
ricorso. Resiste il professionista con controricorso anche con riguardo
Ric. 2007 n. 17536 sez. 52 – ud. 05-06-2013

-2-

k

al precedente ricorso a lui notificato in data 16 maggio 2007 dalla
stessa parte ricorrente con altro difensore, ricorso non depositato e
iscritto d’ufficio al n. 23666 del 2007. Il controricorrente ha depositato
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi, in quanto proposti avverso la medesima sentenza, vanno
riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ.
2. Il ricorso iscritto al n. 23666 del 2007 e non depositato è
improcedibile ai sensi dell’art 369 cod. proc. civ.
3. Le eccezioni preliminari del controricorrente
3.1 — E infondata l’eccezione d’inammissibilità, per violazione di un
principio assimilabile al “ne bis in idem”, del ricorso notificato per
secondo e recante n. 17536/07, regolarmente iscritto e depositato, in
conseguenza dell’inammissibilità di quello notificato per primo (23666
del 2007) e non depositato, derivante dalla violazione dell’art. 366-bis
cod. proc. civ., perché del tutto carente dei necessari quesiti di diritto.
Occorre osservare, infatti, che l’odierna pronuncia di improcedibilità
del ricorso 23666 del 2007, non preclude l’esame del ricorso iscritto al
numero 17536/07, dovendosi soltanto valutare per quest’ultimo
(proposto per secondo) la tempestività della impugnazione. Questa
Corte ha già avuto occasione di affermare i seguenti condivisi principi:
a) soltanto il ricorso per cassazione dichiarato inammissibile o
improcedibile non può essere riproposto, anche se non è scaduto il
termine fissato dalla legge (art. 387 c.p.c.); b) non rileva, ai fini della
consumazione del diritto all’impugnazione, la valutazione delle parti in
ordine alla eventuale declaratoria di inammissibilità o improcedibilità,
essendo rilevante la sola declaratoria emessa con provvedimento della
Suprema Corte; e) il principio di consumazione dell’impugnazione è da
interpretare in senso restrittivo, evitando formalismi rigoristici, in
Ric. 2007 n. 17536 sez. 52 – ud. 05-06-2013

-3-

d

conformità ai criteri costituzionali del giusto processo, diretti a
rimuovere gli ostacoli alla compiuta realizzazione del diritto di difesa, e
quindi a ridurre le ipotesi d’inammissibilità, escludendola ogniqualvolta
non sia comminata espressamente dalla legge; d) il principio di
consumazione dell’impugnazione non esclude che, fino a quando non

un secondo ricorso per cassazione, immune dai vizi del precedente e
destinato a sostituirlo, sempre che la seconda impugnazione risulti
tempestiva. (vedi per tutte, Cass. n. 7344 del 2012, Rv. 622890).
Al riguardo, manca un’espressa comminatoria normativa
d’inammissibilità di un secondo ricorso, dovendo la tempestività
valutarsi, in caso di mancata notificazione della sentenza di secondo
grado, non solo in relazione al termine annuale, bensì in relazione al
termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima
impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza
da parte dell’impugnante (Cass. n. 22957 del 2010- Rv. 615533).
Nel caso specifico, il provvedimento impugnato è stato depositato il 9
ottobre 2008, non risulta notificato dalla controparte e quindi il
termine lungo di impugnazione è stato rispettato in entrambi i ricorsi.
Quanto al termine breve per il secondo ricorso, esso decorre dal
giorno del passaggio alla notifica del primo, che risulta avvenuto il 15
maggio 2007. Il termine è stato rispettato perché il secondo ricorso è
stato notificato a mezzo servizio postale con consegna alle Poste
avvenuta il 19 giugno 2007.
3.2 Parimenti infondata è l’eccezione d’inammissibilità per la mancata
esposizione dei fatti, che si ricavano, invece, dall’intero contesto del
ricorso e che consentono la decisione nel merito.
3.3 — Così come infondata è la questione relativa all’inammissibilità del
ricorso per essere il provvedimento gravato impugnabile soltanto con
Ric. 2007 n. 17536 sez. 52 – ud. 05-06-2013

-4-

intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto

appello, in quanto la controversia non avrebbe riguardato la sola
misura del compenso, ma la sussistenza dei presupposti stessi del
credito, con conseguente ampliamento del thema decidendum. Come si è
detto, il rito seguito è stato quello di cui alla legge speciale e il
provvedimento conclusivo è stato adottato con ordinanza collegiale.

attenendosi al principio dell’apparenza, affermato anche di recente
dalle SU n. 390 del 2011 – Rv. 615406.
3.4 È, infine, infondata l’eccezione d’inammissibilità, per inidoneità,
della procura, trattandosi, in tesi, di procura “conferita su un foglio separato,
privo di data, privo di numerazione e unito al ricorso mediante spillatura effettuata
successivamente al foglio dove è inserita la relata di notifica”. Il ricorso
17536/07, infatti, reca un’idonea procura posta in calce e di seguito al
ricorso.
4. I motivi del ricorso 17536/07.
4.1 La ricorrente denuncia col primo motivo la

“Violazione e falsa

applicazione della legge 794/1942 e dei DD.Mill. emessi in sua attuazione”.
4.2 Col secondo motivo di ricorso si deduce: «Violazione e falsa
applicazione di legge ex art. 360 n. 3 e 5 loc in relazione all’art. 7 delle tariffe
forensi (DM 8/ 4/ 2004 n.127). Omessa motivazione su punti decisivi della
controversia».
Trattando unitariamente i due motivi, la ricorrente società lamenta che
il Tribunale ha accolto le richieste dell’Avv. X., senza che questi
adempisse all’onere della prova dei fatti costitutivi il suo diritto,
negando, inoltre, l’ammissione delle prove richieste al riguardo
dall’opponente, a fronte delle specifiche contestazioni sull’effettivo
espletamento delle seguenti attività: “il pagamento del contributo
unificato, esame e scritti documentazione di controparte, consultazioni
con il cliente, esame precisazione delle conclusioni di ogni parte, atto
Ric. 2007 n. 17536 sez. 52 – ud. 05-06-2013

-5-

La ricorrente correttamente ha proposto ricorso per cassazione,

di precetto, notifica atto, collazione etc” per ciò che riguarda i diritti, e
“studio della controversia, consultazioni con il cliente e redazione atto
introduttivo” per ciò che riguarda gli onorari. Si trattava di attività o
non eseguite per nulla, o svolte dall’avv. Missio, che ne aveva studiato
gli effetti e predisposti i relativi atti.

L’avv. X. si era limitato ad agire da domiciliatario, notificando atti
predisposti da altri, iscrivendo al Ruolo il procedimento, partecipando
all’udienza di assegnazione in cui aveva depositato l’atto di intervento,
anch’esso predisposto da altri, e svolgendo le connesse attività di
cancelleria, per le quali era stato regolarmente pagato dalla Chirbo srl.
Inoltre, a fronte della contestazione, anche generica, dell’attività svolta
dal professionista, il Giudice doveva procedere anche d’ufficio al
relativo controllo ed in ogni caso liquidare il compenso soltanto in
base all’opera effettivamente prestata.
Con riferimento ai motivi 1 e 2, vengono formulari i seguenti quesiti di
diritto:
A.

E’ legittima la richiesta de/professionista che, in veste di domiciliatario con

mandato congiunto e disgiunto, pretende il pagamento di competenze ed onorari
relative ad attività professionali non personalmente e I o direttamente prestate ovvero
per la semplice apposizione delki propria firma su atti non dallo stesso redatti?
B.

E’ legittima, nell’ambito di un procedimento ex art. 28 L 794/1942, la

liquidazione di compensi al professionista che non adempia all’onere probatorio
dimostrando di aver effettivamente svolto le prestazioni professionali contestate?
4.3 Col terzo motivo di ricorso si deduce: «violaione e falsa applicazione di
legge ex art. 360 n. 3 oc in relazione all’art. 2 ed alla tabella A, sezione VII,
artt. 55 e 56 Tariffè forensi (DM 8/ 4/ 2004 n.127)».
Col terzo motivo la ricorrente deduce che il Collegio, nella
determinazione del quantum debeatur,, aveva immotivatamente superato
i massimi della tariffa professionale ed erroneamente applicato i
Ric. 2007 n. 17536 sez. 52 – ud. 05-06-2013

-6-

2

principi di cui agli artt. 4 e 5 della Tariffa Forense e della Tabella A
n.55 e 56 che prevedono: «A) la necessità de/parere dell’ordine in caso di
superamento dei massimi (art. 4); B) la necessità di considerazione della natura,
del valore della controversia con speciale riguardo all’attività svolta dall’avvocato
innanzi al Giudice (art. 5); C) nell’ipotesi che, pur nell’identità di posizione

particolari e diverse rispetto all’oggetto della causa, il compenso per l’avvocato
secondo tariffa sia ridotto del 30%. »
Formula al riguardo il seguente quesito: «È legittimo nell’ambito di un
procedimento ex art. 28 L 794/1942 il superamento dei massimi tariffari senza
che ricorrano le condizioni previste dagli artt. 4, 5 e 6 delle tariffi forensi DM 8
aprile 2004 n. 127»
5. Il ricorso è infondato e va rigettato.
5.1 Il primo e il secondo motivo, ai limiti dell’ammissibilità, riguardano
la prova e il relativo onere sulle attività svolte, nonché la
commisurazione del compenso alla attività effettivamente svolta.
La ricorrente lamenta la carenza di prova sullo svolgimento delle
attività per le quali è stato richiesto e riconosciuto il compenso,
ritenendo la prova a carico del professionista una volta contestate
specifiche voci, e lamentando la mancata ammissione da parte del
giudice delle prove richieste al riguardo e la mancata verifica, d’ufficio,
dello svolgimento delle attività per le quali era stato riconosciuto il
compenso.
Al riguardo, il provvedimento impugnato, reso all’esito dello speciale
procedimento ex lege 794 del 1942, aveva per oggetto soltanto la
liquidazione delle spettanze dell’avvocato, che presuppone non
contestato il conferimento dell’incarico e la relativa debenza. Il giudice
di merito si è limitato a verificare l’avvenuto conferimento del
mandato, tanto da escludere le attività per le quali il professionista era
Ric. 2007 n. 17536 sez. 52 – ud. 05-06-2013

-7-

processuale del cliente la prestazione professionale comporti l’esame di situazioni

solo domiciliatario. Per il resto è stato rilevato dal giudice di merito, e
la stessa ricorrente non lo contesta, che vi era mandato congiunto. Né
la ricorrente, in violazione del principio della specificità del motivo,
indica dove e come ha chiesto lo svolgimento d’istruttoria al riguardo,
impendendo alla Corte di operare la necessaria valutazione di influenza

giudice di merito accertare se le singole attività fossero state o meno
materialmente predisposte da uno solo dei professionisti incaricati, da
entrambi o in varia misura dall’uno e dall’altro, almeno quanto agli
onorari, posto che in mancanza di prova sul punto, la sottoscrizione
dell’atto, secondo i principi generali, deve ritenersi, in via presuntiva,
idonea a far ritenere che alla sua stesura abbiano contribuito coloro
che lo hanno sottoscritto. Se mai, in tal caso, si pone il problema della
determinazione concreta dell’entità del compenso. Ma sul punto i
motivi risultano generici. I relativi quesiti si rilevano, quindi,
inconferenti, posto che suppongono come provati fatti diversamente
accertati dal giudice di merito, che, come risulta dal passaggio
motivazionale relativo alla verifica della qualità dell’attività svolta dal
professionista ed alla sua valutazione, ha depositato i relativi atti.
Sicché il primo e il secondo motivo vanno rigettati perché infondati.
5.2 Anche il terzo motivo è infondato e va respinto. La censura sembra
riguardare l’avvenuta liquidazione delle debenze oltre i massimi previsti
dalle tabelle. In tal senso il quesito formulato. Al riguardo, la ricorrente
fornisce indicazioni del tutto generiche per operare qualsiasi verifica
(limitandosi ad affermare il valore della controversia senza fornire
ulteriori indicazioni sul giudizio) e ciò a fronte della chiara indicazione
del giudice di merito che chiarisce che le parcelle presentate «risultano
contenute nei limiti tariffari e propom.onate alla qualità dell’attività svolta ed
utilità conseguita dal cliente per effetto della attività stessa».
Ric. 2007 n. 17536 sez. 52 – ud. 05-06-2013

-8-

e rilevanza delle prove in tesi dedotte. Sicché, restava precluso al

5. Le spese seguono la soccombenza.
P .T .M .

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara improcedibile il 23666 del 2007 e
rigetta il ricorso 17536 del 2007. Condanna la parte ricorrente alle

compensi e 200,00 (duecento) euro per spese, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 5 giugno 2

3

L’ESTENSORE

CEPOSITATO Iti CR4Calali
Roma,
kietiDr

4,

TiO

SLI.2

G i uditimi»
Fo. D’AMA

CORTE SUPREMA Di CASSAZIONE
Si attesta ia registrazione presso

spese di giudizio, liquidate in 2.500,00 (duemilacinquecento) euro per

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA