Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20343 del 28/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/09/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 28/09/2020), n.20343

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26367-2019 R.G. proposto da:

TEBICO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO VENTURA;

– ricorrente –

contro

T.A.;

– intimata –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di

UDINE, depositata il 02/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO

GIAIME GUIZZI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO SGROI, che chiede che

la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, in accoglimento del

ricorso per regolamento, annulli l’ordinanza indicata in premessa e

rimetta le parti dinanzi al Tribunale di Udine per la prosecuzione

del giudizio.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

– che la società Tebico S.r.l. ha proposto ricorso per regolamento di competenza avverso l’ordinanza, emessa il 2 luglio 2019 dal Tribunale di Udine, con cui l’adito giudicante ha disposto la sospensione, ex art. 295 c.p.c., del giudizio pendente innanzi ad esso ed avente ad oggetto la richiesta di rilascio di immobile, in assenza di qualsiasi titolo che ne legittimi l’occupazione, da tale società affidato ad T.A., quale titolare dell’omonima farmacia;

– che la ricorrente, in punto di fatto, riferisce di aver stipulato con la predetta T., in data 28 novembre 2011, un contratto che qualifica come “precario immobiliare oneroso”, avente ad oggetto la concessione in godimento di locale ubicato in (OMISSIS);

– che, avendo la T. cessato ogni pagamento a far data dal 14 giugno 2014, essa società Tebico conseguiva un decreto ingiuntivo, relativo al pagamento dei canoni per il trimestre luglio-settembre 2014, oggetto di opposizione ex art. 645 c.p.c. da parte della debitrice ingiunta, la quale eccepiva, tra l’altro, la nullità del contratto per difetto di registrazione;

– che accolta dall’adito giudicante l’eccezione “de gud’ e, per l’effetto, revocato il provvedimento monitorio, siffatta decisione era gravata con appello dalla Tebico, che chiedeva accertarsi la validità ed efficacia del contratto (anche in ragione di tardiva registrazione) e, quindi, la condanna della T. al pagamento dei canoni già indicati nel ricorso per decreto ingiuntivo, manifestando, inoltre, l’appellante il proposito di chiedere il pagamento dei canoni per tutto il restante periodo di occupazione dell’immobile;

– che nelle more del giudizio di appello la medesima società incardinava, sempre innanzi al Tribunale di Udine, altro giudizio ex art. 702-bis c.p.c., nel quale – sul presupposto che la farmacia della T. avesse mantenuto la disponibilità del locale suddetto senza versarle nulla – chiedeva il rilascio dello stesso, riservandosi ogni altra azione per ottenere il pagamento di quanto dovutole, ma anticipando la volontà di chiedere, in ogni caso, la risoluzione del contratto per inadempimento, qualora se ne accertasse “aliunde” la validità e l’efficacia;

– che tale giudizio per il rilascio del bene veniva, tuttavia, sospeso ex art. 295 c.p.c., ritenendosi “pregiudiziale” la definizione dell’appello sulla validità del contratto; e ciò sul presupposto che la società attrice avesse “fondato la sua domanda di rilascio esclusivamente sulla inesistenza di un valido titolo in forza del quale la farmacia della convenuta occuperebbe l’immobile”, essendosi la Tebico riservata “di chiedere la risoluzione per inadempimento”, senza però “fondare la domanda di rilascio, come pure avrebbe potuto, anche sul titolo rappresentato dal contratto”;

– che avverso tale statuizione la società Tebico ha proposto regolamento di competenza, sulla base di tre motivi;

– che il primo motivo denunzia violazione dell’art. 295 c.p.c., norma non applicabile al caso trattato; e ciò sul rilievo che, essendo quello pendente in appello il giudizio pregiudiziale (o meglio, “pregiudicante”), la sospensione avrebbe dovuto essere disposta ai sensi dell’art. 337 c.p.c.’;

– che il secondo motivo denunzia, nuovamente, violazione dell’art. 295 c.p.c., essendo stata detta norma applicata ad un caso in cui non ricorre un rapporto di pregiudizialità, atteso che “la definizione del giudizio promosso dalla ricorrente per ottenere il rilascio dell’immobile non dipende affatto dalla decisione del giudizio in appello concernente la validità e l’efficacia del contratto tra le parti”, poichè il rilascio dell’immobile è stato richiesto sul presupposto proprio della sentenza accertativa della nullità del contratto;

– che, pertanto, deve per ciò solo escludersi che l’eventuale riforma della sentenza che ha ravvisato la nullità per difetto di registrazione possa determinare un contrasto tra i giudicati, o meglio tra i loro effetti pratici, visto che il giudice della domanda di rilascio non era stato chiamato a pronunciarsi sulla validità del contratto “inter partes”, ma solo a prendere atto della sentenza che ne aveva accertato la nullità, donde il rapporto tra i due giudizi era esclusivamente di pregiudizialità logica, non tecnico-giuridica;

– che, in altri termini, l’eventuale accoglimento dell’appello avrebbe come effetto unicamente di travolgere la statuizione di rilascio, perchè fondata su una sentenza riformata, di talchè il caso che occupa non differirebbe da quello di contemporanea pendenza di giudizio su “an” e su “quantum debeatur”, caso in relazione al quale è stato escluso il rapporto di pregiudizialità rilevante ai fini ed agli effetti dell’art. 295 c.p.c.;

– che, infine, con il terzo motivo è denunziata l’esistenza di una “carenza di motivazione”, ovvero “motivazione apparente e/o perplessa”, censurando la decisione impugnata laddove, nell’affermare che la ricorrente “non ha ritenuto di fondare la domanda di rilascio, come pure avrebbe potuto, anche sul titolo rappresentato dal contratto”, senza, però, che il Tribunale friulano spieghi perchè, in presenza di una domanda siffatta, esso si sarebbe trovato “in una condizione diversa da quella che l’ha convinto a pronunciare la sospensione del giudizio di rilascio”;

– che è rimasta intimata la T.;

– che è intervenuto il giudizio il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo sostituto, per chiedere l’accoglimento del ricorso in relazione al primo motivo;

– che in prossimità dell’adunanza camerale la società Tebico ha rinunciato al ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che in ragione della rinuncia al ricorso va dichiarata l’estinzione del presente giudizio, non dovendosi provvedere sulle spese, essendo la T. rimasta intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara estinto il presente giudizio di legittimità.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2020

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