Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20337 del 10/10/2016
Cassazione civile sez. lav., 10/10/2016, (ud. 13/07/2016, dep. 10/10/2016), n.20337
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5636-2011 proposto da:
S.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato STEFANO
MENICACCI, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
G.V., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,
CIRCONVALLAZIONE CLODIA 82, presso lo studio dell’avvocato PENNISI
SEBASTIANO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3864/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 04/05/2010 R.G.N. 688/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/07/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CERONI Francesca, che ha concluso per inammissibilità o in
subordine rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Per quanto esposto nell’attuale ricorso, S.L. ha agito nei confronti di G.V.; avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello, lamentando l’errata valutazione della prova e la erroneità della sua condanna al pagamento della indennità di mancato preavviso.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 28.4/4.5.2010 (nr. 3864/2010), ha respinto il gravame.
Per la Cassazione della sentenza ricorre S.L., articolando due motivi. Resiste con controricorso G.V..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la parte ricorrente ha denunziato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – violazione e falsa applicazione degli artt. 333, 325 e 327 c.p.c..
Ha esposto che la Corte di appello aveva accolto l’appello incidentale con il quale G.V. aveva dedotto la omessa pronunzia da parte del giudice del primo grado sulla questione della propria carenza di legittimazione passiva, riformando anche il capo della sentenza con il quale la parte ricorrente era stata condannata al pagamento della indennità di mancato preavviso.
Ha dedotto che l’appello incidentale investiva un capo della sentenza non impugnato con l’appello principale e pertanto avrebbe dovuto essere proposto nel termine di impugnazione ordinario; esso era invece tardivo, essendo stato depositato oltre un anno e mezzo dopo il deposito della sentenza impugnata.
Avrebbe dovuto essere dichiarata, dunque, la improcedibilità dell’appello incidentale.
2. Con il secondo motivo la parte ricorrente ha lamentato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè vizio della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5.
Ha esposto che il giudice dell’appello aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva di G.V. sulla base delle dichiarazioni del teste M., che avrebbe indicato come datore di lavoro la madre della G..
Ha assunto che il teste nella sua deposizione intendeva invece fare riferimento alla resistente G.V. e non già alla madre di lei.
In via pregiudiziale rispetto all’esame dei motivi il ricorso va dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3 per omessa esposizione dei fatti della causa.
Dalla lettura del ricorso non è dato evincere il rapporto intercorso tra le parti, le sue cadenze temporali, le ragioni della domanda,il petitum formulato.
Del pari non si indicano le difese della parte convenuta e l’esito del giudizio di primo grado.
Analoga totale omissione si riscontra quanto alle difese della parte appellata.
Lo stesso contenuto della sentenza della Corte d’appello impugnata è esposto confusamente, poichè nella parte introduttiva del ricorso si afferma che la Corte d’appello avrebbe condannato la parte ricorrente al pagamento della indennità di mancato preavviso mentre nella articolazione del primo motivo si legge che la condanna era stata resa nella sentenza di primo grado e riformata in appello.
Le spese seguono la soccombenza.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 100 per esborsi ed Euro 3.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2016