Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20336 del 26/09/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 20336 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CICALA MARIO

SENTENZA
sul ricorso 9135-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
.
..

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
COMUNE DI SAN MARTINO BUON ALBERGO in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
SANTAMAURA 49, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
SALACCHI, rappresentato e difeso dagli avvocati ALESSANDRO

G64.0

9-C,(

Data pubblicazione: 26/09/2014

,

TUROLLA, AMERIGO PENTA, giusta Deliberazione Giuntale n. 73
del 27.4.2012 e della Delibera di Giunta Comunale n. 125 del 27.6.2014
e giusta mandato a margine del controricorso ed inoltre giusta procura
alle liti (per nomina di nuovo difensore), che viene allegata in atti;
..

avverso la sentenza n. 5/21/2012 della Commissione Tributaria
Regionale di VENEZIA-MESTRE – Sezione Staccata di VERONA
del 12.12012, depositata il 19/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/07/2014 dal Presidente Relatore Dott. MARIO CICALA;
udito per la ricorrente l’Avvocato Pietro Garofoli che si riporta ai
motivi del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato Amerigo Penta che si riporta
agli scritti.

a
..

Ric. 2012 n. 09135 sez. MT – ud. 09-07-2014
-2-

– contraticorrente –

9135/012
Svolgimento del processo
La controversia promossa dal Comune di San Martino Buoni Albergo contro l’Agenzia delle
Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante l’accoglimento dell’appello proposto
dal Comune contro la sentenza della CTP di Verona che aveva rigettato il ricorso proposto
dal Comune avverso il silenzio rifiuto dell’Ufficio sull’istanza di rimborso di quanto versato a titolo
vari contratti di abbonamento al servizio di telefonia mobile. Il ricorso proposto si articola in due
motivi. Resiste con controricorso il Comune.
Motivi della decisione
Con primo motivo l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del d.P.R. 641/72 e
dell’art. 21 della tariffa allegata, anche in combinato con l’art. 25 e 160 del cligs. 259/03, con il
d.m. 13/2/1990, n. 33, con l’art. 1, 1 comma 203 della L. 24/12/2007, n. 244, con l’art.3 del dl.
151/1991, conv. in L. 12/7/1991, n. 202, e con Part. 28 del d.n. 8/9/1988, n. 484, in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c., laddove la CTR ha ritenuto abrogato l’art. 21 della tariffa allegata al d.P.R.
641/1972.
Con secondo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del d.P.R.
641/72 e dell’art. 21 della tariffa allegata, anche in combinato con l’art. 13 bis del d.P.R. 641/1972
e con l’art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 641/1972 , nonché in violazione dell’art. 114 Cost., in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., laddove la CTR ha ritenuto esenti dal tributo in questione anche i
Comuni.
Le censure sono fondate alla luce dei principi espressi da questa Corte ( SS.UU. sent. n. 9560 del
02/05/2014 ) secondo cui “nel difficile quadro di contrastanti posizioni esegetiche che si è
determinato in ordine alla questione qui in esame, il legislatore ha ritenuto opportuno intervenire
per un definitivo e rassicurante chiarimento con il D.L. 24 gennaio 2014, n. 4, art. 2, comma 4,
convertito con modificazioni dalla

L. 28 marzo 2014, n. 50.9.1. La richiamata disposizione

stabilisce: “Per gli effetti dell’art. 21 della Tariffa annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, le
disposizioni dell’art. 160 del Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al D.Lgs. 1 agosto 2003,
n. 259, richiamate dal predetto art. 21, si interpretano nel senso che per stazioni radioelettriche si
intendono anche le apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre di
comunicazione”. Si tratta… .di una norma interpretativa, che “prevede espressamente
l’applicabilità della tassa di concessione governativa (art. 21 della tariffa annessa al D.P.R. n. 641
del 1972, sulle concessioni governative) ai contratti di abbonamento per la telefonia cellulare”.
Questa Corte ha infine affermato che gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa
governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione
riconosciuta dall’art. 13 bis, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641, a favore
dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione, fiscale di stretta
interpretazione, e attesa, ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, l’inesistenza di

di tassa di concessione governativa relativamente all’anno 2006, a seguito della sottoscrizione di

una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone
una specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa.
Nella memoria depositata per l’udienza di discussione il comune controricorrente sviluppa
molteplici argomenti di dissenso rispetto alle conclusioni alle quali è pervenuta la sentenza n.
9565/14, sollecitando il Collegio alla reiezione del ricorso dell’Agenzia delle entrate.
Ritiene il Collegio che gli argomenti spesi nella memoria del comune non giustifichino una
comma 4, d.l. 4/14- cui va riconosciuta natura interpretativa e comunque impositiva retroattiva.
Ed invero “Il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza
di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche
quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con
ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore” (così C.Cost. 209/10, punto 5.1 della
motivazione) e, nella specie, è indubbio che il decreto legge 4/14 sia intervenuto in presenza di un
contrasto interpretativo. Nella specie, il legislatore si è limitato a rendere vincolante una delle
opzioni ermeneutiche emerse nella giurisprudenza, recependo, va pure sottolineato, proprio
l’interpretazione espressa dalla Corte di cassazione, nell’esercizio della propria funzione
nomofilattica, nell’unica pronuncia decisoria in termini sull’argomento -sentenza n. 23052/12.
Va peraltro escluso che il risultato ermeneutico indicato dal legislatore con il suddetto articolo 2
d.l. 4/14 possa generare dubbi di compatibilità con la disciplina comunitaria di settore.
Al riguardo va premesso che nella materia delle telecomunicazioni e delle radiocomunicazioni
possono individuarsi due blocchi normativi di fonte comunitaria_ Un primo blocco è individuabile
nella disciplina dei telefoni cellulari in quanto tali, vale a dire le apparecchiature destinate a
ricevere o trasmettere, con l’ausilio di una rete, onde radio a scopo di comunicazione vocale; tale
blocco normativo si rinviene oggi nella direttiva n. 1999/5/CE (che fa seguito alle direttive nn.
1991/263/CEE e 199913/CE, entrambe abrogate), la quale fissa le specifiche tecniche minime che
un telefono cellulare deve possedere, stabilendo altresì i controlli cui i produttori e distributori
devono soggiacere. Tale direttiva, alla quale, come già sopra precisato, si è data attuazione col
decreto legislativo n. 269/01, distingue concettualmente le “radio” dai “telefoni” art. 2, comma 1,
lettere “a”, “h” e “c”, dir. 1999/5/CE) ma la sua disciplina, che fissa le regole tecniche che radio e
telefoni devono soddisfare per potere essere immessi in commercio, si applica in gran parte tanto
alle une quanto agli altri, tutti definiti genericamente “apparecchi”. Un secondo blocco di
normativa comunitaria è individuabile nella disciplina delle “reti” di telecomunicazione: e, quindi:
quali siano i poteri dello Stato al riguardo; come le imprese private possano fornire il servizio di
distribuzione via rete; quali siano le regole della concorrenza in questo settore. Ci si riferisce ad un
intero pacchetto di cinque direttive (sostitutive dell’abrogata direttiva 13/97), vale a dire: – la
direttiva 2002/19/CE, relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse
correlate, e all’interconnessione delle medesime (cd. “direttiva accesso”); – la direttiva
2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (c.d.
“direttiva autorizzazioni”); – la direttiva 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativa comune
per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (ad. “direttiva quadro”); – la dir ttiva

rimeditazione del tema in considerazione deii sopravvenuto intervento legislativo -articolo 2,

2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di
comunicazione elettronica (cd. “direttiva servizio universale”);- la direttiva 2002/77/CE, relativa
alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica. Tutte tali direttive
sono state attuate nell’ordinamento, giuridico italiano dal Codice delle comunicazioni elettroniche
di cui al decreto legislativo n. 259/03, poi modificato, in attuazione della citata direttiva
2009/140/CE, dal decreto legislativo n. 70/12.
Così ricostruito il quadro delle fonti comunitarie, va ancora osservato che, secondo la Corte di
che assoggetti a prelievo fiscale la mera stipula del contratto di abbonamento tra il gestore e
l’utente finale: ciò per la semplice considerazione che tali direttive si occupano delle reti, non del
singolo contratto di utenza. Da un lato, infatti, chi offe il servizio di telefonia all’utente finale non è
necessariamente il fornitore della rete, ma può essere anche un soggetto diverso; dall’altro, la
tassa sulle concessioni governative ha per presupposto l’impiego del telefono, non la fornitura del
servizio. in definitiva, secondo la Corte di Lussemburgo, il quadro normativo comunitario sopra
ricordato non osta ad una norma nazionale che preveda un tributo come la tassa di concessione
governativa: si veda, al riguardo, Corte giust. 15.12.2010, in causa C-492109, Agricola Esposi-lo;
sostanzialmente nello stesso senso, ma con riferimento ad una accisa imposta dalla legislazione
maltese, Corte giust. 27.6.2013, in causa C-71/12, Vodafone Malta; da ultimo, Corte giust.
12.12.2013, in causa C-335/13 Umbra Packaging sri.
La sentenza da ultimo menzionata appare particolarmente rilevante per escludere il dubbio che la
tassa di concessone governativa sugli abbonamenti ai servizi .di telefonia mobile, quale risultante
dalla norma interpretativa dettata dal decreto legge 4/14, possa essere giudicata incompatibile
con il diritto europeo. Con tale sentenza la Corte di Lussemburgo, chiamata a pronunciarsi sulla
seguente questione pregiudiziale-, sollevate dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria«1) Se 1 ‘art4olo 160, D.Igs. n. 259/2003, da cui insorge la tassa di concessione governativa
4econdo la tarffa dell’art. 21 DPR n. 641/1972 sia conforme all’articolo 3 della direttiva
“autorizzazioni” che esclude nel regime liberalizzato delle comunicazioni la potestà di controllo
dell’autorità amministrativa da cui trae giustificazione il prelievo sull’utente del servizio- ha
affermato che l’articolo 3 della “direttiva autorizzazioni” non osta ad una normativa come quella
relativa alla tassa di concessione governativa, in quanto tale direttiva si applica alle autorizzazioni
per la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, mentre la tassa di concessione
governativa, in quanto tassa sull’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile
pubblico terrestre di comunicazione, non ha, come base imponibile, la fornitura di reti e di servizi
di comunicazione elettronica; con la precisazione che l’uso privato di un servizio di telefonia
mobile da parte di un abbonato non presuppone la fornitura di una rete o di un servizio di
comunicazione elettronica, ai sensi della “direttiva autorizzazioni”. La giurisprudenza della Corte:
di Lussemburgo appare dunque, in conclusione, solidamente orientata nel senso di escludere che
la disciplina europea dei servizi di comunicazione elettronica contenga prescrizioni incompatibili
con una norma interna che imponga un tributo a carico degli utenti dei servizi di telefonia
cellulare; una riprova di tale affermazione è rinvenibile, a contrariis, nella citata sentenza
27.6.2013, in causa C-71/12, Vodafone Malta, nella quale si precisa che un tributo imposto agli

giustizia, nessuna delle direttive del secondo gruppo sopra indicato osta ad una norma nazionale

t
l

operatori che forniscono servizi di telefonia mobile corrispondente ad una percentuale dei
pagamenti che essi ricevono dagli utenti di detti servizi non osta alla disciplina dettata dalla
direttiva 2002/20/CE “a condizione che il suq fatto generatore non sia collegato alla procedura di
autorizzazione generale che consente di accedere al mercato dei servizi di comunicazioni
elettroniche, ma sia collegato all’uso dei servizi di telefonia mobile forniti dagli operatori e che
esso ricada in definitiva sull ‘utente ditali servizi, circostanza che spetta al giudice del rinvio
verificare.”; ed è appena il caso di sottolineare come sia del tutto pacifico che la tassa di
concessione governativa di cui si discute in questa causa è collegata all’uso dei servizi di telefonia

Manifestamente infondati sono infine i dubbi di legittimità costituzionale sollevati con riguardo
alla norma impositiva risultante dal combinato disposto degli articoli 21 della Tariffa allegata al
d.p.r. 641/72 (nel testo attuale, che riproduce il contenuto della voce 131 della stessa Tariffa,
introdotta dall’articolo 3 d.l. 151/91 e successivamente abrogata), 3 dei decreto ministeriale 33/90
e 160 D.Lgs. 259/03, come autenticamente interpretato dall’articolo 2, comma 4, d.l. n. 4/14. In
particolare, secondo la difesa dei controricorrente, la suddetta disciplina si porrebbe in contrasto,
per un verso, con l’ articolo 23 e, per altro verso, con gli articoli 114 e 118 della Costituzione. Sotto
il primo profilo, il comune ravvisa una violazione della riserva di legge per l’imposizione di
prestazioni patrimoniali, argomentando che, a seguito della liberalizzazione del settore delle
comunicazioni e della conseguente venuta meno della necessità di qualunque concessione o
autorizzazione all’uso del telefono cellulare, il tributo de quo avrebbe perso la natura di tassa ed
assunto – in difetto di una previsione legale esplicita – quella di imposta. In proposito si osserva che
la verifica della fondatezza dell’assunto dei comuni secondo cui il tributo de quo dovrebbe ora
classificarsi, in assenza di qualunque concessione o autorizzazione all’uso del telefono cellulare,
come imposta invece che come tassa, è irrilevante ai fini della decisione; tale assunto infatti,
quand’anche fondato, avrebbe portata meramente classificatoria e sarebbe inidoneo ad
manifestare l’esistenza ii una violazione dell’articolo 23 della Costituzione. La riserva di legge
prevista da detto articolo risulta infatti rispettata in quanto la tassa in questione trova il suo

fondamento in norme dettate dalla legge o da atti con forza di legge (articoli 3 d.l. 151/91, 160
D.Lgs. 259/03, 2 d.l. n. 4/14).
Sotto il secondo profilo, il comune sospetta di illegittimità costituzionale la disciplina impositiva sul
rilievo che la mancata esenzione dei comuni dalla tassa in questione violerebbe il principio di
equiordinazione tra Stato ed enti locali di cui all’articolo 114 Cost., nonché il principio di
sussidiarietà verticale di cui all’articolo 118 Cost..
Anche le suddette questioni sono manifestamente infondate. Quanto alla pretesa violazione
dell’articolo 114 Cost. , è sufficiente rilevare che lo Stato è esente dalla tassa sulle concessioni
governative, a differenza dai comuni, non perché a questi ultimi sovraordinato, ma perché,
essendo il percettore delle entrate derivanti dalla tassa, il suo assoggettamento alla tassa darebbe
luogo ad una mera partita di giro, priva di significato finanziario. Quanto alla pretesa violazione
dell’articolo 118 Cost., e del principio di sussidiarietà verticale ivi sancito, è sufficiente rilevare che
il fatto che i comuni debbano versare – al pari di tutti gli altri utenti dei servizi di telefonia ppbile

nobile forniti dagli operatori e grava sugli utenti di tali servizi.

che non beneficino di specifiche norme di esenzione – la tassa di concessione governativa sugli
abbonamenti stipulati per la fruizione di detti servizi è palesemente ininfluente ai fini della loro
possibilità di svolgere, nell’esercizio dei loro poteri di pianificazione territoriale, le funzioni
amministrative di loro competenza in materia di installazione di infrastrutture di reti di telefonia
mobile.
In definitiva, in conformità ai principi espressi dalle Sezioni Unite nella citata sentenza n. 9565/14,
si deve ribadire la permanente vigenza della tassa sugli abbonamenti ai servizi di telefonia cellulare
testo attuale, che riproduce il contenuto della voce 131 della stessa Tariffa, introdotta dall’articolo
3 di. 151/91 e successivamente abrogata), 3 del decreto ministeriale 33/90 e 160 D.Lgs.
259/03,

come autenticamente

interpretato dall’articolo 2, comma 4, d.l. n. 4/14,

riaffermando altresì la soggezione dei comuni a tale tassa.
Consegue da quanto sopra raccoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata;
non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., decidendo nel
merito, va rigettato il ricorso proposto dai Comuni in epigrafe avverso il silenzio rifiuto dell’Ufficio
sull’istanza di rimborso di quanto versato a titolo di tassa di concessione governativa,
compensando tra le parti le spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso
compensa fra le parti le spese dell’intero giudizio. Così deciso in Roma, il 9/7/2014

alla stregua dei combinato disposto degli articoli 21 della Tariffa allegata al d.p.r. 641 n. 2 (nel

edrA

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