Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20334 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. III, 25/09/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 25/09/2020), n.20334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28385/19 proposto da:

-) U.A., elettivamente domiciliato a Milano, v. Lamarmora n.

42, presso l’avvocato Daniela Gasparin, che lo difende in virtù di

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano 20.2.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23 giugno 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. U.A., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);

a fondamento dell’istanza dedusse di aver lasciato il (OMISSIS) a causa della condizione di estrema povertà in cui venne a trovarsi dopo aver perso casa, terreno e lavoro in conseguenza di una devastante alluvione; la Commissione Territoriale rigettò l’istanza;

avverso tale provvedimento U.A. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Milano, che la rigettò con ordinanza 23.1.2018;

tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Milano con ordinanza 20.2.2019;

la Corte d’appello ritenne che:

-) lo status di rifugiato non potesse essere concesso, perchè non nei sussistevano i presupposti, in quanto il richiedente non era vittima di alcuna persecuzione;

-) la protezione sussidiaria non potesse essere concessa, perchè non ricorreva alcuna delle ipotesi prevista dal D.Lgs. 251 del 2007, art. 14, nè in (OMISSIS) sussisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato; ha osservato, in particolare, che nella zona di provenienza del richiedente (distretto di (OMISSIS)) vi era un minore radicamento dei gruppi terroristici rispetto ad altre regioni di quel paese, ed ha dichiarato di avere rilevato tali informazioni dal sito Web “(OMISSIS)”.

-) la protezione umanitaria, infine, non potesse essere accordata perchè il richiedente non si trovava in una condizione di particolare vulnerabilità; ha osservato la Corte d’appello che a tal fine non era sufficiente, nè il richiamo generalizzato allo stato di povertà della zona di provenienza, nè la circostanza che egli svolga attività lavorativa in Italia.

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione dal soccombente con ricorso fondato su due motivi (ne indica, tuttavia, tre a p. 2 del ricorso);

il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione di molteplici norme nazionali e sovranazionali, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

L’illustrazione del motivo è così concepita:

-) dapprima si riassumono le norme ed i principi che impongono al giudice, in materia di protezione internazionale, il c.d. “dovere di cooperazione istruttoria” (pp. 5-7 del ricorso);

-) quindi si censura la sentenza per non avere “indicato il benchè minimo motivo per cui il ricorrente non dovrebbe essere credibile nelle ragioni che lo hanno indotto alla fuga” (pp. 7-8);

-) infine, il ricorrente richiama e trascrive alcune decisioni di merito le quali hanno ritenuto “instabile” il (OMISSIS), e censura la sentenza impugnata per non aver approfondito quale fosse la effettiva situazione socioeconomica di quel paese.

1.1. Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha ritenuto che le forme di protezione c.d. “maggiori” (rifugio e protezione sussidiaria) non potessero essere accordate perchè era stato lo stesso richiedente a dichiarare di aver lasciato il proprio paese per sfuggire alla situazione di povertà ivi esistente: e dunque per ragioni che nulla avevano a che farei nè con la persecuzione, nè con il rischio di condanna a morte, nè con il rischio di tortura o di pene degradanti, nè con il rischio di subire danni alla persona in conseguenza di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

La Corte d’appello, pertanto, non era tenuta a compiere alcun approfondimento istruttorio ufficioso, perchè era la stessa prospettazione posta dal ricorrente a fondamento della propria richiesta di protezione che escludeva in iure il diritto di asilo o di protezione sussidiaria.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di 18 diverse norme costituzionali e ordinarie.

Prospetta sia il vizio di violazione di legge, sia quello di omesso esame d’un fatto decisivo.

Con questo motivo viene impugnata la sentenza d’appello nella parte in cui ha rigettato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Sostiene che la Corte d’appello avrebbe malamente compiuto il giudizio di comparazione tra la situazione del richiedente asilo in Italia, e quella in cui si troverebbe nel caso di rimpatrio.

Deduce che la corte non avrebbe considerato che il richiedente asilo si trova in Italia da 10 anni; lavora; ha una abitazione; ha una rete di amicizie; ha assimilato e fatto propria la cultura italiana.

Dopo aver detto ciò, l’illustrazione del motivo torna a esporre (citando un rapporto dell’associazione Amnesty International) varie circostanze concernenti la situazione degli attacchi terroristici nel (OMISSIS), la libertà d’espressione, la tutela dei diritti umani.

2.1. Nella parte in cui lamenta il vizio di omesso esame del fatto decisivo il motivo è inammissibile per due ragioni:

(a) sia ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., essendo tale censura non consentita nei casi, come quello di specie, di una doppia pronuncia conforme nei gradi di merito;

(b) sia in quanto il ricorrente, pur indicando i fatti che la Corte d’appello secondo la sua prospettazione avrebbe trascurato di considerare (lo svolgimento di attività lavorativa, la rete di relazioni stabili in Italia, ecc.) non indica mai, tuttavia, in che modo questi fatti sarebbero stati dimostrati nel corso del giudizio.

2.2. Nella parte in cui prospetta la violazione di legge, invece, il motivo è fondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza 13.11.2019 n. 29459, hanno stabilito quali siano il fondamento, la natura ed i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, previsto dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis, oggi abrogato e sostituito dal D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, art. 1, comma 1, lett. b), n. 2), convertito, con modificazioni, dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132).

Tale statuizioni possono così riassumersi:

a) il permesso di soggiorno per motivi umanitari è espressione del diritto di asilo costituzionalmente garantito dall’art. 10 Cost., comma 3, (così il p. 6.1. di “Motivi della decisione” della sentenza sopra ricordata);

b) il permesso di soggiorno per motivi umanitari non è imposto dalla legislazione comunitaria e non può interferire con le forme di protezione internazionale da quella previste: esso è dunque alternativo a queste ultime, nel senso che quando ricorrano i presupposti per la concessione dello status di rifugiato o per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 non vi sarà spazio per la protezione umanitaria, e viceversa (ibidem, p. 9.2);

c) presupposto del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari è il rischio che il rimpatrio del richiedente possa determinare una compromissione dei suoi diritti umani “al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale” (ibidem, p. 10.1);

d) nel valutare la sussistenza di questo rischio, il giudice di merito tuttavia deve osservare due limiti:

d1) da un lato, non può limitarsi a prendere in esame soltanto livello di integrazione conseguito dal richiedente in Italia;

d2) dall’altro, non può accordare il permesso di soggiorno per motivi umanitari per il solo fatto che, nel paese di provenienza del richiedente, sussista una generale violazione dei diritti umani, perchè così facendo “si prenderebbe (…) in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria” (ibidem, p. 10.2).

2.1. Nel caso di specie l’accertamento sub (c) indicato nel p. che precede è mancato.

La Corte d’appello, infatti, si è limitata ad affermare che il richiamo da parte dell’interessato “ad una generale situazione di povertà” del suo Paese non fosse sufficiente ad integrare una situazione di “vulnerabilità”, giustificativa del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il che può anche ammettersi in teoria, ma a condizione che:

-) sia accertato in concreto che la “generale condizione di povertà” non raggiunga addirittura la soglia della carestia (espressamente richiamata dalla sentenza delle Sezioni Unite quale causa teoricamente idonea a giustificare la concessione della protezione umanitaria);

-) tale accertamento sia compiuto sulla base di fonti attendibili ed aggiornate.

Nel caso di specie, tuttavia, la corte d’appello non cita nella propria sentenza alcuna fonte in tal senso, ad eccezione del sito Web “(OMISSIS)”: tuttavia tale fonte di informazione, come già ritenuto da questa corte, per gli scopi cui è destinata e per il pubblico cui si rivolge non può includersi nel novero delle fonti utilizzabili per i fini che qui rilevano, o quanto meno non può esserlo da sola (Sez. 3 -, Ordinanza n. 8819 del 12/05/2020, Rv. 657916 – 06).

P.Q.M.

(-) rigetta il primo motivo di ricorso;

(-) accoglie il secondo motivo di ricorso nei limiti indicati in motivazione; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla corte d’appello di Milano, in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

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