Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20333 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. III, 25/09/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 25/09/2020), n.20333

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28109/19 proposto da:

-) B.O., elettivamente domiciliato a Milano, v. Raffaele

Bertieri n. 1, presso l’avvocato Leonardo Bardi, che lo difende in

virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano 23.4.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23 giugno 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.O., cittadino (OMISSIS) (ovvero del (OMISSIS)), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. n. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 14:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

Il ricorso oggi in esame non indica quali fatti dedusse l’odierno ricorrente a fondamento della domanda di protezione internazionale, limitandosi a riferire genericamente di aver avanzato la propria domanda nei gradi di merito “in ragione della oggettiva pericolosità del proprio paese di origine, anche considerata l’assoluta indisponibilità di reti di protezione familiare e sociale”.

Dalla sentenza impugnata si apprende che l’odierno ricorrente a fondamento della domanda di protezione dedusse che dopo la morte del padre, ed in seguito all’allontanamento degli altri membri del nucleo familiare, era andato a vivere con uno zio, il quale lo osteggiava per la sua fede musulmana, lo costringeva a lavorare duramente e lo sottoponeva a severe punizioni; che l’odierno ricorrente sospettava lo zio di avere assassinato il proprio fratello; che in occasione del funerale del proprio fratello, insorti dissidi tra i familiari circa il rito funebre da osservare, in preda all’ira aveva ferito con un coltello un cugino; che in seguito a questi fatti venne convinto da un altro zio a lasciare il (OMISSIS); che da qui si recò prima in Nigeria, poi in Libia ed infine in Italia.

2. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento B.O. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Milano, che lo rigettò con ordinanza 21.2.2018.

Tale provvedimento venne appellato dal soccombente.

Con sentenza 23.4.2019 la Corte d’appello di Milano rigettò il gravame.

La Corte d’appello ritenne che:

-) lo status di rifugiato non potesse essere concesso perchè il richiedente non era esposto ad alcuna persecuzione, nè del resto aveva mai allegato di essere perseguitato;

-) la protezione sussidiaria non potesse essere concessa perchè in (OMISSIS) non poteva dirsi sussistente una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) in ogni caso il richiedente non aveva neanche prospettato il rischio di danno alla persona derivante da una situazione di conflitto armato, ed in mancanza di tale prospettazione non era consentito al giudicante indagare ex officio sulla sussistenza dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per la concessione della protezione sussidiaria;

-) ad abundantiam, la Corte d’appello ha aggiunto che il racconto del richiedente era lacunoso, e che a fondamento delle sue domande aveva posto vicende di natura esclusivamente privata;

-) infine, la Corte d’appello ha ritenuto che il permesso di soggiorno per motivi umanitari non potesse essere concesso perchè il richiedente non presentava alcun profilo di vulnerabilità; non poteva dirsi integrato in Italia; non poteva dirsi esposto ad una lesione dei diritti inviolabili della persona nel caso di rimpatrio, dal momento che il (OMISSIS) è una repubblica costituzionale guidata da un presidente eletto, e dove “le autorità civili in genere hanno un controllo efficace sulle forze di sicurezza”.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da B.O. con ricorso fondato su due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ superfluo dar conto dei motivi di ricorso, in quanto quest’ultimo va dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 1. Il ricorso è stato infatti notificato all’avvocatura generale dello Stato, a mezzo PEC, in data 10 settembre 2019; da tale data è iniziato a decorrere il termine di 20 giorni stabilito dall’art. 369 c.p.c., comma 1, per il deposito in cancelleria del ricorso stesso.

Nel caso di specie, tuttavia, il deposito è avvenuto soltanto 5 ottobre 2019, e quindi oltre la scadenza del suddetto termine, maturato lunedì 30 settembre 2019.

2. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

3. La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17): infatti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 11 il contributo unificato è prenotato a debito nei confronti della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, sempre che tale ammissione non sia stata revocata dal giudice competente.

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) dichiara improcedibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

 

 

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