Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20331 del 16/07/2021

Cassazione civile sez. II, 16/07/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 16/07/2021), n.20331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12246/2016 proposto da:

P.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA

40, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO FILIERI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CAF SPA, SOCETA’ A SOCIO UNICO, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEI GRACCHI 209, presso lo studio dell’avvocato CESARE CARDONI,

rappresentata e difesa dall’avvocato PIER LUIGI BOSCIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3463/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/03/2021 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. P.D., già aggiudicataria dell’immobile sito in (OMISSIS), nella vendita all’incanto svoltasi il 23 dicembre 2003 presso il notaio B. di Civitavecchia, con citazione del 2006 convenne in giudizio Capitalia s.p.a. (successivamente Unicredito Italiano s.p.a.) per sentire dichiarare nullo ovvero per l’annullamento del decreto di trasferimento dell’immobile, per vizio della volontà, con conseguente condanna del creditore procedente alla restituzione del prezzo di vendita e dell’imposta di registro.

1.1. La P. dedusse di avere rilevato, successivamente all’immissione nel possesso del 28 ottobre 2005, gravi difformità del bene rispetto alla sua descrizione nell’ordinanza di vendita e nella relazione del CTU.

1.2. La convenuta eccepì che l’attrice avrebbe dovuto proporre opposizione agli atti esecutivi e che, comunque, occorreva integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i creditori intervenuti nella procedura esecutiva.

1.3. Il Tribunale di Civitavecchia, con la sentenza n. 854 del 2007, accertò che la descrizione del bene era difforme dalla reale condizione dell’immobile ed annullò il decreto di trasferimento, ordinando la restituzione all’attrice della cauzione (Euro 7.050,00), del prezzo del bene (Euro 42.950,00) e dell’imposta di registro (Euro 1.758,22).

2. La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 346 del 2015, pubblicata il 4 giugno 2015, ha riformato la decisione.

2.1. L’aggiudicataria P., secondo la Corte territoriale, avrebbe dovuto far valere il rimedio dell’aliud pro alio proponendo opposizione agli atti esecutivi, nel rispetto del termine previsto dall’art. 617 c.p.c. e pertanto la sua domanda era inammissibile.

3. P.D. ricorre per la cassazione della sentenza di appello, sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso CAF s.p.a. (già Centrale Attività Finanziarie s.p.a.), procuratrice speciale per la gestione dei crediti acquistati da Augustus SPV s.r.l., già cessionaria pro soluto del credito di cui alla procedura esecutiva oggetto della presente controversia.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione o falsa applicazione degli artt. 1422 e 1429 c.c., in relazione all’art. 617 c.p.c..

La ricorrente lamenta che la Corte d’appello, nel conformarsi alla giurisprudenza consolidata che riconduce l’azione di aliud pro alio dell’aggiudicatario nel regime dell’opposizione agli atti esecutivi (Cass., n. 7708 del 2014), avrebbe ignorato che quella stessa giurisprudenza ammette, per i casi eccezionali in cui l’aggiudicatario non abbia avuto possibilità di azionare tempestivamente i rimedi endoprocessuali, la rimessione in termini, se il processo esecutivo è ancora pendente, o la proposizione dell’autonoma azione. La situazione in cui si era trovata la ricorrente presentava caratteri tali da poter essere considerata eccezionale nel senso sopra indicato, e ciò in quanto all’epoca dei fatti – immissione nel possesso 28 ottobre 2005; atto di citazione 21 gennaio 2006 – la giurisprudenza non era univoca sul tema del rimedio a disposizione dell’aggiudicatario che intendesse contestare l’aliud pro alio, e non era ancora conclusa la stagione di riforme del processo esecutivo, culminata con l’entrata in vigore della L. n. 51 del 2006.

L’attuale ricorrente avrebbe quindi incolpevolmente azionato il rimedio sbagliato (autonoma azione ordinaria di nullità e, in subordine, di annullamento), e ciò costituirebbe il presupposto per valutare come tempestiva e legittima l’originaria azione, in virtù dei principi tempus regit actum e di prevalenza della sostanza sulla forma, o, in subordine, per riconoscere il diritto dell’originaria attrice ad essere rimessa in termini per la proposizione dell’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c..

2. Il motivo è privo di fondamento.

2.1. In premessa va smentita l’affermazione della ricorrente, secondo cui all’epoca della introduzione del giudizio (gennaio 2006) il quadro normativo e giurisprudenziale non era stabilizzato riguardo alla struttura del processo esecutivo ed ai rimedi esperibili per far valere le situazioni invalidanti.

Come si legge nell’ampia ricognizione svolta da Cassazione n. 7708 del 2014, la concezione del processo esecutivo come una successione di subprocedimenti, ovvero in una serie autonoma di atti ordinati a distinti provvedimenti successivi è risalente, analogamente all’affermazione secondo cui “l’ammissione, dopo la conclusione dell’esecuzione e la scadenza dei termini per le relative opposizioni, di azioni (…) volte a contrastare gli effetti dell’esecuzione stessa sostanzialmente ponendoli nel nulla o limitandoli – è in contrasto sia con i principi ispiratori del sistema, sia con le regole specifiche relativi ai modi e ai termini delle opposizioni esecutive” (Cass. 08/05/2003, n. 7036).

2.2. Nella fattispecie, la Corte d’appello ha escluso che ricorressero gli estremi dell’errore scusabile che connota la rimessione in termini (pag. 5 della sentenza impugnata), evidenziando che dalla data dell’immissione in possesso, avvenuta il 28 ottobre 2005, la ricorrente era consapevole della difformità dell’immobile oggetto di aggiudicazione rispetto a quanto descritto negli atti della procedura, come da lettera di segnalazione inviata al creditore procedente, e che pertanto era in condizione di proporre opposizione agli atti entro il termine di venti giorni.

Il giudizio così espresso risulta conforme al principio enucleato dalla già richiamata pronuncia n. 7708 del 2014, che ha introdotto una sorta di flessibilità del termine perentorio per attivare il rimedio endoesecuivo, al fine di adeguare la tutela dell’aggiudicatario effettivamente incolpevole, in relazione alle peculiarità delle singole fattispecie di manifestazione o di percepibilità della radicale diversità tra le caratteristiche del bene, in cui si sostanzia l’aliud pro alio.

Non si ravvisano, pertanto, le denunciate violazioni legge né risulta pretermesso l’esame delle peculiarità della fattispecie.

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese, nella misura indicata in dispositivo.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021

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