Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20328 del 10/10/2016

Cassazione civile sez. lav., 10/10/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 10/10/2016), n.20328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 966-201) proposto da:

G.G., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MOLICA, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rapprosentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia, in ROMA, ALLA

VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1259/20I0 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 22/10/2010 r g. n. 907/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2016 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL FATTO

1. La Corte d’Appello di Messina con la sentenza n. 1259 del 2010, depositata il 31 dicembre 2010, rigettava l’appello proposto da G.G., nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in relazione alla sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Patti, n. 1034/2008.

2. Il G., già dipendente del Comune di S. Stefano Camastra, aveva adito il Tribunale esponendo di essere transitato a domanda all’Agenzia delle entrate di Patti, ove aveva preso servizio in data (OMISSIS).

Deduceva che l’Amministrazione, nonostante il passaggio dovesse avvenire con l’anzianità e nella qualifica maturate e mantenendo il trattamento economico acquisito, aveva effettuato una decurtazione retributiva con cancellazione degli assegni personali in godimento, comunicando al lavoratore anche, con un ulteriore provvedimento, il recupero di credito erariale.

Il G. affermava, quindi che l’assegno ad personam, in cui andava ricompresa la retribuzione di posizione o indennità di funzione, non era riassorbibile in caso di passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, dovendo trovare applicazione, per il personale contrattualizzato, la L. n. 537 del 1993, art. 3, commi 57 e 58.

Chiedeva, pertanto, il riconoscimento del diritto a conseguire la qualifica C3 super, contratto comparto ministeri, 3^ fascia F5 contratto agenzie fiscali, corrispondente al D5 contratto enti locali, con diritto all’assegno non riassorbibile mensile pari a Euro 676,86, con la condanna dell’Amministrazione al pagamento dei relativi importi.

3. Il Tribunale rigettava le domande reputando la insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto reclamato.

4. La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado. Con riguardo alla qualifica D5, affermava la Corte d’Appello che il ricorrente al momento del passaggio aveva precisato la qualifica come D3 contratto enti locali corrispondente alla qualifica C2 ministeri, mentre il riferimento al conseguimento della qualifica D5 era intervenuto successivamente alla domanda di passaggio. Affermava, quindi, la correttezza della decisione di primo grado: poichè il passaggio trova causa nella domanda del dipendente e nella possibilità di copertura di posti vacanti nell’Amministrazione di destinazione, sussiste la necessità di avere riguardo alla qualifica conseguita al momento della domanda, perchè è a tale momento che l’Amministrazione verifica la corrispondenza e la vacanza.

Il giudice di secondo grado riteneva non meritevole di censura anche la statuizione del Tribunale che non aveva riconosciuto il diritto a mantenere l’assegno ad personam, atteso che la disciplina invocata dal G. trova applicazione nei passaggi tra Amministrazioni dello Stato e non tra diverse amministrazioni non statali o tra una di esse e lo Stato, dovendovi invece, nella specie, fare riferimento al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31. Nè poteva essere invocata la categoria dei diritti quesiti.

L’indennità di amministrazione costituiva un emolumento fisso e continuativo che, dunque, rientrava nei trattamenti economici da comparare.

5. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il G. prospettando quattro motivi di ricorso.

6. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso con ogni conseguente statuizione.

Nella premessa l’Amministrazione espone che il G. instaurava due contenziosi analoghi. Il primo deciso dal Tribunale di Patti con la sentenza di rigetto n. 2138/07, avverso il quale pendeva appello, il secondo deciso dal Tribunale di Patti con la sentenza di rigetto n. 1034/09, confermata dalla Corte d’Appello di Messina con la sentenza n. 1259/2010, oggetto del presente ricorso per cassazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va premesso che all’odierna udienza pubblica è stato trattato anche il ricorso iscritto al n. 26930 del registro generale 2012, vertente tra le stesse parti, avente ad oggetto sentenza della Corte d’Appello di Messina n. 1660/2012 che rigettava l’appello proposto da G.G. avverso la sentenza del Tribunale di Patti n. 2138 del 2007.

1.1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 1175, 1375, 1406, 1409, 1362, 1363, 1326, 2103 e 2113 c.c.; violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5: omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30.

Dopo aver richiamato il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 il ricorrente ricorda che con Delib. direttore dell’Agenzia delle entrate 22 ottobre 2002, n. 175864 del 2002, veniva inquadrato, ai sensi dell’art. 13 del CCNL sottoscritto il 16 febbraio 1999, nell’area C, posizione C2, con profilo professionale di funzionario tributario conservando l’anzianità nella qualifica posseduta all’atto del trasferimento nell’amministrazione di provenienza e il trattamento economico acquisito.

Nella motivazione del provvedimento si leggeva che “con successivo provvedimento sarà determinato il trattamento economico spettante al sig. G.”.

Da ciò il G. deduce che l’inquadramento in C2 era provvisorio, e che si sarebbe dovuto tener conto della qualifica posseduta non al momento della domanda (D3/C2) ma al momento del passaggio in data (OMISSIS) (D5/C3 super). Diversamente esso ricorrente non avrebbe accettato il passaggio.

1.1. Il motivo non è fondato.

Occorre ricordare che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, comma 1, primo e secondo periodo, del stabilisce: le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all’art. 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell’amministrazione di appartenenza. Le amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere.

Va osservato che, correttamente il ricorrente veniva inquadrato in C2 in ragione di quanto fatto presente nella domanda di passaggio, come affermato dalla Corte d’Appello, in ragione del buon andamento dell’Amministrazione.

Dall’intervenuto accoglimento della domanda di passaggio ad altra amministrazione in relazione alla qualifica esposta nella domanda stessa, con inquadramento nella qualifica corrispondente, non discende il diritto per il dipendente ad ottenere, in ordine al rapporto di lavoro costituito su tale base, il superiore inquadramento in ragione della qualifica superiore acquisita, nelle more del passaggio stesso, nell’amministrazione di provenienza, atteso che il passaggio è chiesto ed avviene proprio in ragione di una disponibilità creatasi nell’organico dell’Amministrazione di destinazione, nella qualifica prevista.

La domanda di passaggio non può essere scissa dalla qualifica per cui è chiesta in ragione delle disponibilità palesate dall’Amministrazione di destinazione, nè dall’atto di quest’ultima, che dà corso al passaggio, può essere scorporato quanto relativo al trasferimento da quanto relativo alla qualifica per cui lo stesso è effettuato, non sussistendo un diritto del dipendente al passaggio indipendentemente dal posto in organico per cui è stato chiesto e disposto.

Inoltre non appare coerente con le esigenze di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, in ragione di quanto previsto dal citato D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 che un ente terzo incida sul rapporto di lavoro presso altra P.A., potendone conseguire un possibile pregiudizio per l’organizzazione e la programmazione del fabbisogno di personale e delle risorse finanziarie dell’ente titolare del rapporto di lavoro, sia quando il superiore inquadramento sia disposto dall’Amministrazione di provenienza dopo il passaggio (Cass., n. 17117 del 2013), con effetto ex tunc, sia, come nel caso di specie, quando lo stesso sia disposto dopo la domanda, prima del passaggio.

Nè, in ragione di tali principi, appaiono lesi i principi di correttezza e buona fede.

Peraltro, quanto riportato nel provvedimento di inquadramento, come richiamato dal G., si riferisce al trattamento economico, che presuppone la qualifica come attribuita.

2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta violazione della L. n. 241 del 1990, art. 1 del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 2 e 45 della L. n. 527 del 1993, art. 3, commi 57 e 58 come interpretati dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 226, art. 12 preleggi, violazione degli artt. 25 e 32 del CCNL ministeri del 19 maggio 2001.

Il ricorrente censura la statuizione che non ha riconosciuto il proprio diritto al mantenimento del trattamento economico, con esclusione del riassorbimento.

3. Con il terzo motivo di ricorso, il G. deduce la violazione della L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 58, dell’art. 6 del CCNL Ministeri, del 16 maggio 2001 e dell’art. 49 del CCNL Agenzie fiscali, dell’art. 12 preleggi.

Il ricorrente censura la statuizione con la quale la Corte d’Appello ha affermato che nel calcolo per la determinazione dell’assegno andava esclusa in quanto avente natura fissa e continuativa, l’indennità di amministrazione.

3.1. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati.

Come questa Corte ha già affermato (Cass., n. 12906 del 2013), in materia di trattamento economico degli impiegati civili dello Stato, ai sensi della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 3, comma 57, come autenticamente interpretato dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 226, nei casi di passaggio di carriera, alla determinazione dell’assegno personale concorre ogni elemento retributivo fisso e continuativo, sebbene non pensionabile e non dovuto in caso di sospensione del rapporto, con esclusione delle sole voci premiali, connesse ai risultati.

Si è altresì, affermato che, in tema di passaggio di personale da un’amministrazione all’altra, il mantenimento del trattamento economico collegato al complessivo “status” posseduto dal dipendente prima del trasferimento opera nell’ambito, e nei limiti, della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento, dovendosi contemperare, in assenza di una specifica previsione normativa, il principio di irriducibilità della retribuzione, con quello di parità di trattamento dei dipendenti pubblici stabilito dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 45 (Cass., n. 24950 del 2014).

Da ultimo, con ordinanza n. 4545 del 2016, in tema di lavoro pubblico, si è statuito che nel caso di passaggio di lavoratori da un’amministrazione ad altra, ovvero nell’ipotesi di mutamento di posizione all’interno della stessa amministrazione con assegnazione a settori diversi da quelli di provenienza, deve essere assicurata la continuità giuridica del rapporto e il mantenimento del trattamento economico, il quale, ove risulti superiore a quello spettante presso l’ente o il settore di destinazione, opera secondo la regola del riassorbimento degli assegni “ad personam” attribuiti al fine di rispettare il divieto di “reformatio in pejus” del trattamento economico acquisito, in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti a seguito del trasferimento.

Questa Corte, anche per l’indennità di amministrazione ha ritenuto operante il riassorbimento (Cass., n. 12956 del 2005, citata Cass., n. 24950 del 2014), non potendo ascriversi la stessa a voce premiale.

Pertanto, correttamente, la Corte d’Appello ha affermato che al dipendente transitato volontariamente ad altra amministrazione deve riconoscersi un assegno personale utile al mantenimento del trattamento economico da lui percepito nell’amministrazione di provenienza, soggetto a riassorbimento, comprensivo dell’indennità di amministrazione.

4. Con il quarto motivo di ricorso la sentenza è censurata per la violazione della L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 58; art. 360 c.p.c., n. 4, ed art. 112 c.p.c..

Assume il ricorrente che nelle more del giudizio di primo grado, a seguito di procedura interna per lo sviluppo economico per progressione orizzontale, gli veniva attribuito un incremento economico dalla posizione economica F3 ex C2 Ministeri e D3 contratto enti locali, appartenente alla terza area funzionale del contratto collettivo agenzie, alla posizione (F4), corrispondente alla posizione C3 ministeri (D4 enti locali).

Di tale incremento si chiedeva la cristallizzazione come autonoma voce stipendiale, per evitarne il riassorbimento in caso di riconoscimento della posizione C3 super F5. La Corte d’Appello disattendeva tale domanda ritenendola implicitamente assorbita dal rigetto della domanda principale, in violazione delle disposizioni sopra richiamate.

4.1. Il motivo è inammissibile, in ragione di quanto previsto dall’art. 366 c.p.c..

Il rimettente, fa riferimento a quanto da se medesimo dedotto nel primo grado di giudizio, afferma che la Corte d’Appello avrebbe implicitamente disatteso la domanda, ma non prospetta, anche al fine di sostanziare l’invocato ex art. 360 c.p.c., n. 4, di aver formulato motivo di appello sul punto, nè rinvia al suddetto atto, con la conseguenza che il motivo risulta non conforme ai requisiti di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1.

5. Il ricorso deve essere rigettato.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro tremila per compensi professionali, oltre spese, spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2016

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