Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20326 del 10/10/2016

Cassazione civile sez. lav., 10/10/2016, (ud. 21/06/2016, dep. 10/10/2016), n.20326

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9304-2011 proposto da:

N.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

COSTANTINO MORIN 45, presso lo studio dell’avvocato ANDREA SALVIATI,

che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA SCIENTIFICA, C.F.

(OMISSIS) in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende, giusta delega in atti, atto di

costituzione del 16.05.2011;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1205/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 19/10/2010 R.G.N. 809/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato ANDREA SALVIATI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Catanzaro ha respinto l’appello di N.M. avverso la sentenza del Tribunale di Cosenza che aveva rigettato il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, volto ad ottenere l’accertamento della illegittimità del diniego alla permanenza in servizio fino al settantesimo anno di età e la conseguente condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni subiti.

2 – La Corte territoriale ha premesso che la istanza della N. era stata respinta prima che intervenisse il decreto del 15 luglio 2005, con il quale il Ministero aveva autorizzato il trattenimento di complessivi 175 dirigenti scolastici. Ha aggiunto che il decreto era stato comunicato il 18 luglio e che lo stesso faceva espressamente salvi gli atti posti in essere per la copertura dei posti vacanti “nelle more dell’approvazione medesima, avvenuta in una fase ormai avanzata di svolgimento delle operazioni finalizzate al corretto imminente avvio dell’anno scolastico”. Ha escluso, pertanto, che la amministrazione fosse tenuta a revocare il provvedimento di rigetto della domanda, poichè nella Regione Calabria erano già state completate le operazioni di mobilità dei dirigenti scolastici. Ha ritenuto, infine, irrilevante che dette operazioni fossero state concluse in anticipo rispetto al termine del 31 luglio fissato dal D.L. n. 255 del 2001, art. 4 in quanto il termine in parola era stato posto nell’interesse della Pubblica Amministrazione.

3 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso N.M. sulla base di tre motivi. Il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ha depositato procura al fine di partecipare alla discussione, ma il difensore non è comparso all’udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo la ricorrente denuncia “omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione dei provvedimenti di esclusione” adottati in date 24 giugno e 29 luglio 2005. Sostiene che nessuno dei due provvedimenti di rigetto sarebbe stato “adottato sulla base di una contestazione della ricorrenza dei requisiti positivamente indicati dalla legge”, requisiti che, al contrario, sicuramente sussistevano nella fattispecie, in quanto ricorreva l’esigenza di assegnare l’incarico per il quale la ricorrente, in possesso della necessaria professionalità, aveva proposto la domanda, incarico poi conferito ad altro dirigente. Assume che l’amministrazione si era limitata a valorizzare la necessità del rispetto del termine del 15 luglio 2005, quando, in realtà, il termine da osservare era quello del 31 luglio, tanto che altri dirigenti erano stati nominati dopo la data sopra indicata.

1.2 – Il secondo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione della legge sotto il profilo della conferma, in via amministrativa, di un atto invalido”. La N. censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il decreto governativo non fosse immediatamente esecutivo e che avesse “efficacia sanante ex post rispetto ad un’attività della stessa amministrazione già posta in essere in assenza dei requisiti di legge e quindi illegittima ab origine”. Assume che non può essere consentito alla Pubblica Amministrazione di pregiudicare diritti soggettivi o interessi legittimi di terzi attribuendo efficacia ad atti adottati in assenza dei requisiti previsti dalla legge.

1.3 – Con il terzo motivo la ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione della legge sotto il profilo della ritenuta prevalenza di un atto amministrativo sulla normativa statale”. Sostiene che la nota n. 447 del 21 aprile 2005, con la quale era stato imposto il termine del 15 luglio, non poteva prevalere sulla normativa statale, con la quale era stato previsto che le operazioni dovessero concludersi entro il 31 luglio. Aggiunge che il provvedimento di assegnazione al posto da lei richiesto di altro dirigente scolastico era stato adottato il 16 luglio e, quindi, la stessa Amministrazione scolastica aveva mostrato di ritenere non perentorio il primo dei termini sopra indicati.

2 – Il ricorso è inammissibile in tutte le sue articolazioni, perchè formulato senza il necessario rispetto degli oneri imposti dall’art. 366 c.p.c., nn. 3, 4 e 6, e art. 369 c.p.c., n. 4.

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che il ricorso per cassazione deve contenere gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo (Cass. 3.2.2015 n. 1926).

Il ricorrente ha, quindi, l’onere di indicare specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato, mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la indicazione indiretta, accompagnata dalla specificazione della parte del documento alla quale corrisponde l’indiretta riproduzione.

Parimenti consolidato è il principio secondo cui, sebbene l’indicazione delle norme che si assumono violate non sia un requisito autonomo ed imprescindibile di ammissibilità della censura, ma solo un elemento richiesto al fine di chiarirne il contenuto e di identificare i limiti dell’impugnazione, tuttavia la relativa omissione può comportare l’inammissibilità della singola doglianza, o del ricorso nella sua interezza, quando gli argomenti addotti non consentono di individuare le norme ed i principi di diritto asseritamente trasgrediti, così precludendo la delimitazione delle questioni sollevate (in tal senso fra le più recenti Cass. 7.11.2013 n. 25044).

2.1 – Nel caso di specie la ricorrente, pur lamentando la illegittimità dei provvedimenti adottati in date 24 giugno e 29 luglio 2005, della circolare del 21 aprile 2005 n. 447, del decreto del 15 luglio 2005 con il quale il Ministero nell’autorizzare i trattenimenti in servizio aveva fatto salvi gli effetti degli atti già adottati, non ha riportato nel ricorso il contenuto di detti atti, dovendo ritenersi insufficiente la sintesi contenuta nella esposizione sommaria dei fatti di causa, nè ha precisato in quale sede e da chi gli stessi erano stati prodotti.

La trascrizione integrale del contenuto dei provvedimenti si imponeva, a fronte della censura di asserita insufficienza della motivazione adottata a fondamento del diniego.

La ricorrente, inoltre, nel lamentare la illegittimità degli atti adottati, non ha precisato quali norme di legge o quali regole di condotta la amministrazione avrebbe violato nel respingere l’istanza di revoca del diniego, proposta successivamente alla adozione del decreto ministeriale con il quale i trattenimenti in servizio erano stati autorizzati.

L’unico riferimento normativo contenuto nel corpo dei motivi, ossia il richiamo alla L. n. 333 del 2001, non è idoneo a sorreggere le censure, poichè, come già osservato da questa Corte in fattispecie analoga a quella oggetto di causa (Cass. 13.4.2015 n. 7393) l’indicazione di un termine finale, a prescindere dalla sua natura, ove non sia anche accompagnata dalla imposizione di un termine iniziale, non impedisce che la attività sia compiuta con anticipo rispetto alla scadenza fissata.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Non occorre statuire sulle spese del giudizio di legittimità poichè il Ministero non ha svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2016

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