Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20325 del 23/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/08/2017, (ud. 05/12/2016, dep.23/08/2017),  n. 20325

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2511/2014 proposto da:

AVV. C.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RATTAZZI

2/8C, presso lo studio dell’avvocato GIAMPIERO AMORELLI, che la

rappresenta e difende unitamente a sè stessa;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di ROMA, emessa il 1/05/2013

e depositata l’11/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;

udito l’Avvocato Giampiero Amorelli, per la ricorrente, che si

riporta agli scritti.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Con ordinanza del 13 maggio 2013 il Giudice di Pace di Roma, chiamato a pronunciarsi su rinvio della Corte di Cassazione in merito al compenso dovuto per l’attività di patrocinio a spese dello Stato svolta dall’odierno ricorrente in un giudizio riguardante l’espulsione di un cittadino extra comunitario, liquidava la somma di Euro 1.155,00 per compensi e di Euro 145,00 per spese.

Avverso tale ordinanza ha promosso ricorso per cassazione D. prospettando due motivi: con il primo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; con il secondo motivo, in via subordinata, si deduce la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82, comma 1, nonchè omessa motivazione e conseguente violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1, nonchè art. 111 Cost., comma 6, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Scaduti i termini per la proposizione del controricorso, il Ministero dell’economia e delle finanze ha depositato un “atto di costituzione” al solo fine dell’eventuale partecipazione alla discussione della causa.

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c., proponendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c., che di seguito si riporta: “il ricorrente con la prima censura denuncia una liquidazione, forfettaria del compenso nonostante avesse prodotto un resoconto delle spese dettagliato, con conseguente violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82, comma 1.

Il motivo appare fondato.

Occorre premettere che nella specie trova applicazione, ratione temporis, il D.M. 8 aprile 2004, n. 127, tenuto conto del tempo in cui è stata espletata l’attività professionale.

Precisato ciò, questa Corte in tema di spese processuali ha statuito che, qualora la parte alla quale vanno rimborsate abbia presentato la relativa nota, è ammissibile la liquidazione globale, che recepisca l’importo complessivo indicato dal difensore, dovendosi presumere che il giudice abbia voluto liquidare le spese in conformità a detta nota. Tuttavia nel caso in cui non vi sia una corrispondenza tra nota e somma liquidata, il giudice deve specificare le voci riconosciute in modo da consentire il controllo sulla correttezza della liquidazione, anche in ordine al rispetto delle relative tabelle (Cass. 633812008, Cass. 2489012011, Cass. 16993/2007).

L’ordinanza in esame, ha liquidato forfettariamente il compenso spettante al ricorrente senza che però ci sia alcuna corrispondenza con l’importo indicato nella nota e ciò non consente un controllo sui criteri di calcolo adottati.

La censurata situazione realizza, quindi, la dedotta violazione di legge, con la conseguenza che il motivo va accolto.

Il secondo motivo, formulato in via subordinata, è assorbito dall’accoglimento del primo.

In definitiva, il relatore ritiene che sussistano le condizioni per procedere in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ravvisandosi la fondatezza del ricorso”.

Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione sopra riportata – cui non sono state rivolte critiche – sono condivisi dal Collegio e conseguentemente il ricorso va accolto, con annullamento della contestata decisione in punto di spese processuali e rinvio, per il riesame, allo stesso giudice che ha emanato il decreto “in parte qua” annullato, essendo esso dotato di competenza “funzionale” ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002 (con riferimento alla L. n. 794 del 1942 v. Cass. n. 1799 del 1965; Cass. n. 6055 del 1982; Cass. n. 887 del 1970; Cass. n. 3620 del 1992; di recente, Cass. n. 23169 del 2013), il quale dovrà attenersi nella sua pronuncia ai principi di diritto sopra riportati. Lo stesso giudice provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

PQM

 

La Corte, accoglie il ricorso;

cassa il decreto impugnato e rinvia al Giudice di pace di Roma, in persona di diverso giudice, anche per le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile della Corte di Cassazione, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2017

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