Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20324 del 10/10/2016
Cassazione civile sez. lav., 10/10/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 10/10/2016), n.20324
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15994/2015 proposto da:
F.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA NIZZA, 45, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO MARIANI,
rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO CAMPANATI, giusta delega
in atti;
– ricorrente –
contro
ADRIATICA LOGISTIC S.R.L.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 715/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,
depositata il 22/12/2014 R.G.N. 534/14;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/06/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
udito l’Avvocato PAOLO CAMPANATI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CERONI Fabrizio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza depositata il 22/12/2014 la Corte d’appello di Ancona confermò la decisione del giudice di primo grado che aveva rigettato l’impugnazione del licenziamento intimato per giusta causa a F.G. il (OMISSIS) da Adriatica Logistic s.r.l.. Si addebitava al lavoratore la grave negligenza, consistita nel condurre il trattore affidatogli con la centina del semirimorchio sollevata, così da urtare l’archivolto di un cavalcavia la cui altezza non superiore ai quattro metri era stata debitamente segnalata. La decisione accertò, altresì, il credito della società per i danni cagionati al mezzo. In riforma della sentenza di primo grado la Corte d’appello aveva escluso dall’importo della condanna a carico del F. la somma corrispondente alla rivalsa IVA.
2. Con ricorso per cassazione il F. impugna la sentenza sulla base di due motivi. Controparte non ha svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ex art. 360 c.p.c., n. 3, omesso giudizio di proporzionalità tra provvedimento comminato e fatto contestato. Rileva che è stata omessa ogni valutazione sulla proporzionalità della sanzione comminata al dipendente rispetto all’addebito contestato, al fine di stabilire se il fatto potesse essere considerato tanto grave da poter pregiudicare il rapporto di fiducia, tenuto conto del carattere colposo e non volontario del medesimo.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ex art. 360 c.p.c., n. 3, irritualità, nullità e illegittimità del licenziamento, violazione delle norme che regolano il procedimento disciplinare. Osserva che il licenziamento è stato comminato in violazione dei principi di legge e contrattuali che sovrintendono la procedura di irrogazione delle sanzioni disciplinari. Rileva che nel caso in esame il datore di lavoro aveva obliterato completamente l’iter del procedimento disciplinare, poichè con unica lettera aveva contestato il fatto e comminato il licenziamento, elidendo il diritto di difesa del ricorrente.
2.1. I motivi possono essere trattati congiuntamente. Entrambi, infatti, prospettano questioni che non risultano in alcun modo trattate nella sentenza di appello. Va rilevato che “Nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, a meno che si tratti di questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti” (in tal senso, tra le altre, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4787 del 26/03/2012, Rv. 621718). Sulla scorta di tali principi è stato affermato che “qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare “ex artis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione” (Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013, Rv. 627975). A tali adempimenti non si è conformato il ricorso in disamina, talchè non è dato comprendere nè se le questioni siano state proposte ab origine, nè, in caso in ipotesi affermativa, se le stesse abbiano formato oggetto dei motivi d’appello oppure siano ormai definitivamente coperte dal giudicato.
2.2. Per le indicate ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile. Nessun provvedimento va adottato riguardo alle spese del giudizio, in mancanza di svolgimento di attività difensiva ad opera della controparte.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 16 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2016