Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20324 del 04/10/2011

Cassazione civile sez. lav., 04/10/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 04/10/2011), n.20324

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CORETTI Antonietta, EMENUELE DE ROSE, VINCENZO STUMPO,

giusta mandato speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

T.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2439/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI del

28/05/09, depositata il 04/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito l’Avvocato Coretti Antonietta, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. FINOCCHI GHERSI Renato che

nulla osserva.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.

1. Con ricorso al Tribunale di Foggia, T.F., operaia agricola a tempo determinato, conveniva in giudizio l’Inps chiedendo che venisse accertato il suo diritto a un conguaglio dell’indennità di disoccupazione per l’anno 2005. La ricorrente – premesso che il trattamento di disoccupazione era stato corrisposto dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 – sosteneva che il medesimo trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4 sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito.

Il giudice di primo grado accoglieva parzialmente la domanda, condannando l’Inps al pagamento della somma di Euro 98,28 e di un terzo delle spese del giudizio.

L’assicurato proponeva appello, lamentando la mancata inclusione nella somma spettantegli di quanto derivante dal computo del TFR nelle retribuzioni da porre a confronto.

2. Con l’unico motivo l’Istituto ricorrente, lamentando violazione degli 1 artt. 46, 51 e 55 del CCNL operai agricoli e florovivaisti del 2002 in relazione al D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, comma 4, lett. a) nonchè in relazione all’art. 1362 c.c. e segg., all’art. 2120 cod. civ. ed alla L. n. 297 del 1982, art. 4, commi 10 e 11, censura la sentenza per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere -contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita.

3. Il ricorso è manifestamente fondato, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è enunciato il seguente principio: Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui “Ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto”, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui al D.L. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3 convertito in L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva”. Nello stesso senso cfr. ora D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 18 convertito dalla L. n. 111 del 2011.

4. Il ricorso deve quindi essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con decisione nel merito nel senso del rigetto della domanda quanto all’incidenza del TFR (diversamente da quanto statuito dal giudice di appello ad incremento in favore dell’assicurata di quanto già stabilito dal giudice di primo grado, su cui si è formato il giudicato, in difetto di appello da parte dell’INPS).

Quanto alle spese del giudizio di primo grado, dato l’esito conclusivo del giudizio, si deve confermare la statuizione del giudice di primo grado. Invece l’attuale parte intimata, in base al criterio della soccombenza, viene condannata a rimborsare all’Inps le spese del giudizio di appello e di quello di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa al sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda quanto all’incidenza del TFR. Regola le spese del giudizio di primo grado in conformità della relativa statuizione e condanna T.F. a rimborsare all’Inps le spese dei giudizi di appello e di cassazione, liquidate per l’appello in Euro 600,00, di cui Euro 20,00 per esborsi ed Euro 350,00 per esborsi per il giudizio di cassazione in Euro 20,00 per esborsi ed Euro 400,00 per onorari.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2011

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