Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20314 del 10/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 10/10/2016, (ud. 16/09/2016, dep. 10/10/2016), n.20314

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21061/2015 proposto da:

LIGUR BLOCK DI F.O., in persona del legale rappresentante

pro tempore, da considerarsi, in difetto di elezione di domicilio in

Roma, per legge domiciliato ivi presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’Avvocato GIOVANNI DELFINO, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMITO SRL, in persona del suo legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR PRESSO LA

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato ROBERTO NASUTI,

giusta procura speciale allegata in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 953/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 20/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- E’ stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., datata 9.6.16 e regolarmente notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Genova, n. 953 del 20.7.15, del seguente letterale tenore:

“p. 1. – Nella sua qualità di titolare della Ligur Block O.F. ricorre, affidandosi ad un motivo, per la cassazione della sentenza di cui in epigrafe, con cui è stato rigettato il suo appello avverso la reiezione della sua domanda di condanna della CO.MI.TO. srl al pagamento di somma equivalente al controvalore delle forniture periodiche di sabbia bianca, già oggetto di obbligazione contrattualmente assunta dalla controparte. Resiste con controricorso l’intimata, ora in liquidazione.

p. 2. – Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., essendo oltretutto soggetto alla disciplina dell’art. 360-bis c.p.c. (inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a) parendo dovervisi rigettare.

p. 3. – In particolare, il ricorrente articola un motivo di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, dolendosi sia della qualificazione di non decisività del documento costituito dal Decreto Regione Liguria 14 giugno 2007, n. 1625, da cui sarebbe risultata la persistenza della cava e quindi dell’attività estrattiva e così ancora della correlata obbligazione di fornitura contrattualmente assunta dalla controparte, sia dell’omessa considerazione di una serie di argomenti desunti da quel documento e da altri elementi istruttori.

p. 4. – Dal canto suo, la controricorrente eccepisce in primo luogo l’inammissibilità del ricorso, per avere ammesso lo stesso ricorrente che il documento invocato sarebbe stato esaminato dalla corte di merito: ma pure argomentando per la compatibilità del contenuto del documento con la cessazione dell’attività estrattiva finalizzata alla produzione di sabbia, alla stregua delle valutazioni, pure operate dalla corte di merito, del complessivo materiale istruttorio acquisito agli atti di causa.

p. 5. – Il motivo è effettivamente infondato: il documento ed il fatto da esso raffigurato sono stati oggetto di specifico, sia pure sommario e complessivo, esame da parte della corte di appello, come riconosciuto del resto dallo stesso ricorrente (quinta facciata, non numerata, del ricorso) e come si ricava dal tenore testuale (pag. 7, penultimo capoverso prima del dispositivo) della gravata sentenza.

p. 6. – Ora, alla fattispecie si applica ratione temporis il testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, risultante dalla formulazione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modif. dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (e tanto in forza della disciplina transitoria, di cui al comma 3 del medesimo art. 54 cit.): pertanto, il motivo di cassazione ai sensi di tale norma deve riguardare espressamente l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Al riguardo, alla stregua di Cass. Sez. Un., 22 settembre 2014, n. 19881 (che prosegue sulla linea interpretativa inaugurata da Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053):

a) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), disposta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui è deducibile esclusivamente (l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”;

b) il nuovo testo del n. 5) dell’art. dell’art. 360 c.p.c., introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia);

c) l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

p. 7. – Pertanto (Cass. 9 giugno 2014, n. 12928), la ricostruzione del fatto operata dai giudici del merito – fermi gli estrinseci limiti, già elaborati dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice, circa l’inammissibilità della censura di difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove da quello preteso dalla parte o della richiesta di lettura delle risultanze probatorie difforme da quella operata dal giudice del merito – è ormai sindacabile in sede di legittimità soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici che traspaiono dal suo stesso tenore, oppure se manchi del tutto, oppure se sia articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi, oppure obiettivamente incomprensibili.

p. 8. – Ma nella fattispecie la valutazione, per quanto complessiva, è idoneamente riferita all’inettitudine del documento a dare prova della persistenza di quella specifica attività di estrazione della sabbia in un contesto finalizzato piuttosto alla dismissione dell’attività d’impresa: e, per ciò stesso, è operata e tanto basta ad escludere sia l’omissione dell’esame, sia i soli gravissimi vizi rimasti rilevanti in dipendenza del nuovo testo del n. 5 dell’art. 360 c.p.c..

p. 9. – In definitiva, a maggior ragione dopo la recente novella legislativa resta fermo il principio, già del tutto consolidato (per tutte: Cass. 27 ottobre 2015, n. 21776; Cass. Sez. Un., 12 ottobre 2015, n. 20412; Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass. 23 dicembre 2009, n. 27162; Cass. sez. un., 21 dicembre 2009, n. 26825; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 9 agosto 2007, n. 17477; Cass. 18 maggio 2006, n. 11670; Cass. 17 novembre 2005, n. 23286) dell’esclusione del potere di questa Corte di legittimità di riesaminare il merito della causa, essendo ad essa consentito, di converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della conformità a diritto delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione (salvo i casi di prove cd. legali, tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile): sicchè sarebbe inammissibile (perchè in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) una nuova valutazione di risultanze di fatto (ormai cristallizzate quoad effectum) si come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, non potendo darsi corso ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di quella ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata -, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità.

p. 10. – Tali profili impongono di proporre al Collegio il rigetto del ricorso”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.- Non sono state presentate conclusioni scritte, nè le parti sono comparse in Camera di consiglio per essere ascoltate, ma hanno entrambe depositato scritti difensivi ulteriori.

3.- Peraltro, la memoria fatta pervenire dal ricorrente soltanto il 12.9.16 non può neppure essere presa in considerazione, siccome tardiva: il termine di cinque giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio va inteso non solo non libero, ma insuscettibile di abbreviazione, siccome volto a tutela del diritto di difesa della controparte, mentre le modalità di trasmissione col mezzo della posta sono eccezionalmente consentite, nel giudizio di legittimità, solo con riferimento al ricorso e al controricorso (per tutte, fra le ultime, v. Cass., ord. 20 ottobre 2014, n 22201, ovvero Cass. 31 marzo 2016, n. 6230).

4.- A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le conclusioni, avverso 1e quali del resto nessuna delle parti ha ritualmente mosso alcuna critica osservazione, non potendosi prendere in considerazione, per quanto appena argomentato, quanto possa essere stato sostenuto nella memoria di parte ricorrente.

5.- Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 c.p.c., il ricorso va rigettato e le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte ricorrente soccombente, con l’attribuzione chiesta dal difensore della controricorrente anche nella memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

6.- Deve, infine, trovare applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in forza della quale, definendola, il giudice dell’impugnazione è vincolato a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante per intero soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente, nella qualità, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, in pers. del leg. rappr.nte p.t., liquidate in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali ed accessori nella misura di legge, con distrazione al difensore per dichiaratone anticipo;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2016

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