Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20310 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. III, 26/07/2019, (ud. 29/04/2019, dep. 26/07/2019), n.20310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28396/2017 proposto da:

M.S., M.R., M.P., C.R.,

ME.SA., quali eredi de de cuis M.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ETTORE XIMENES, 3, presso lo studio

dell’avvocato VESSELINA PANOVA, rappresentati e difesi dagli

avvocati VINCENZO BUONOCUNTO, ELVIRA LAMA;

– ricorrenti –

contro

MA.AN.GI., MA.LU., MA.AN., GENERALI ITALIA

ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1759/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 04/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/04/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso del 17/4/2009 M.P. e C.R., in proprio e nella qualità di esercenti la potestà sulle figlie minori M.S. e Sa. e M.R. in proprio e quali eredi di M.A., chiesero al Tribunale di Napoli di accertare la responsabilità della Tragemar s.r.l. e di Generali Assicurazioni S.p.A. per i danni arrecati alla minore A. in occasione di un incidente stradale avvenuto in data (OMISSIS), quando la ragazzina, a bordo di un ciclomotore (senza casco, senza patente e senza assicurazione), nel tentare un sorpasso di un autoarticolato tipo Daf di proprietà della Tragemar “veniva risucchiata” dalle ruote posteriori del rimorchio e riportava gravissime lesioni, decedendo poco dopo. Chiesero il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti iure proprio e iure hereditatis.

Il Tribunale di Napoli accolse parzialmente la domanda ritenendo che la responsabilità del sinistro era da imputare per i 2/3 alla ragazzina deceduta e per 1/3 al conducente dell’autoarticolato per non aver guardato nello specchietto retrovisore.

Liquidò una serie di somme in favore di ciascuno degli attori.

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 1759/2017, per quel che ancora qui di interesse, adita in via principale dagli originari attori ed in via incidentale dalla compagnia di assicurazione, ha rigettato entrambi gli appelli confermando la decisione di primo grado, escludendo la richiesta di applicazione della presunzione di pari responsabilità ex art. 2054 c.c., trattandosi di norma sussidiaria e non rinvenendo, tra gli elementi di fatto raccolti in giudizio, dati utili a poter deviare dalla valutazione operata dal primo giudice. La Corte d’Appello ha ritenuto che la responsabilità dell’incidente fosse da imputare per la quasi totalità alla M. che aveva tentato una manovra di soprasso non consentita, in violazione delle norme del C.d.S. e che dovesse, sia pur per una percentuale minore ritenersi responsabile il conducente del Tir che, dopo la sosta, era ripartito senza assicurarsi che la minore lo avesse completamente superato o si fosse arretrata a distanza di sicurezza.

La Corte d’Appello ha altresì rigettato anche il motivo di appello volto ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale futuro sulla prospettiva di reddito che la minore avrebbe potuto sviluppare nel corso della sua vita, in mancanza di prova e di allegazione circa il fatto che gli attori appellanti avrebbero potuto beneficiare in futuro del reddito della minore. La Corte d’Appello ha ritenuto del tutto esclusa la prova del danno patrimoniale futuro, ha pertanto rigettato i due appelli e compensato le spese.

Avverso la sentenza M.P. e gli altri congiunti propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Resiste Generali Italia S.p.A. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., commi 1 e 2, con riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Assumono che la Corte d’Appello abbia errato nel non applicare l’art. 2054 c.c., in quanto, per superare la presunzione legale del pari concorso di responsabilità, il conducente del veicolo che ha travolto lo scooter, oltre a dare la prova della condotta dell’altro conducente, in violazione delle regole che impongono il principio del neminem laedere e delle norme che regolano la circolazione stradale, avrebbe dovuto dare prova della conformità della propria condotta alle norme del C.d.S. nella immunità della stessa da colpa generica, prova che nella specie era del tutto mancata. Le prove testimoniali raccolte in giudizio avrebbero riferito non di un azzardato tentativo di sorpasso da parte della minore ma di un incolonnamento di tutti i mezzi.

1.1 Il motivo è inammissibile perchè volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione degli elementi probatori, accertamento esclusivamente riservato al giudice del merito. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle fra esse ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice del merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre e nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pure astrattamente possibili) non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva (Cass., 6-3, n. 12928 del 9/6/2014; Cass., 6-5n. 16300 del 16/7/2014, Cass., L, n. 21439 del 21/10/2015).

2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano l’omesso esame della richiesta di applicazione del principio di pari concorsualità ex art. 2054 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

2.1 In disparte i profili di inammissibilità del motivo per violazione del principio della cd. “doppia conforme” che preclude il ricorso per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, occorre rilevare la non conformità del motivo all’attuale testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto esso non indica quale fatto storico sarebbe stato omesso dal giudice di appello. Peraltro in relazione all’applicazione dell’art. 2054 c.c., la Corte si è pure pronunciata escludendo l’applicazione della disposizione, di guisa che non è neppure possibile rilevare una vera e propria omissione. In ogni caso anche con il secondo motivo la ricorrente tenta di ottenere da questa Corte una inammissibile rivalutazione del merito della causa.

3. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile ed i ricorrenti condannati alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, e al cd. “raddoppio” del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.800, oltre Euro 200 per esborsi, più accessori di legge e spese generali al 15%. Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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