Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20310 del 23/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/08/2017, (ud. 20/06/2017, dep.23/08/2017),  n. 20310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18124-2016 proposto da:

S.S., SC.AN.RI., S.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ASSISI, 7, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCA MORFU’, rappresentati e difesi dall’avvocato

GIOVANNI BRUNO;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n 26/1/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CALABRIA, depositata 14/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/06/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Sc.An.Ri., S.G. e S.S. propongono ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Calabria n. 26/01/2016, depositata in data 14/1/2016, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di avvisi di accertamento emessi per IRPEF ed addizionali regionali e comunali dovute in relazione agli anni d’imposta 2006 e 2007 – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso dei contribuenti, stante la declaratoria di inammissibilità del gravame dagli stessi proposto per tardività.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; i ricorrenti hanno depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti lamentano, con unico motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 37, comma 2 e art. 153 c.p.c., comma 2, non avendo i giudici della C.T.R. ritenuto ammissibile un appello tardivo in caso di mancata notifica del dispositivo della sentenza, avendo avuto i contribuenti conoscenza della sentenza della C.T.P. di Catanzaro soltanto con la notificazione delle intimazioni di pagamento.

2. La censura è infondata.

Questa Corte ha, di recente, ribadito che “il termine previsto dall’art. 327 c.p.c., comma 1 decorre dalla pubblicazione della sentenza e, quindi, dal suo deposito in cancelleria e non già dalla comunicazione che di tale deposito dà il cancelliere alle parti D.P.R. n. 546 del 1992, ex art. 37, comma 2 trattandosi di attività informativa che resta estranea al procedimento di pubblicazione, della quale non è elemento costitutivo, nè requisito di efficacia” (v. Cass.7675/2015; Cass.24913/2008; Cass. 8508/2013; Cass. 639/2003).

E’ per questa ragione che è stato ritenuto privo di rilievo, gela fattispecie, l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 153 c.p.c., comma 2, a seguito della 1.69/2009, pur essendone stata riconosciuta l’applicabilità al rito tributario (da ultimo, Cass.12544/2015; Cass.8715/2014; Cass. 3277/2012).

Invero, è stato chiaramente precisato da questa Corte (Cass. 8151/2015) che “l’errore sulla norma processuale che disciplina le forme di notifica della sentenza tributaria di appello, rimane escluso dall’ambito di applicazione dell’istituto della rimessione in termine già previsto dall’art. 184 bis cod. proc. civ., abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, e sostituito dalla generale previsione di cui all’art. 153 c.p.c., comma 2, in quanto viene a risolversi in un errore di diritto inescusabile (cfr. Cass. n. 17704 del 29/07/2010), non integrante un fatto impeditivo della tempestiva proposizione della impugnazione, estraneo alla volontà della parte, e della prova del quale quest’ultima è onerata (cfr. Cass. n. 23323 del 2013, che, subordina l’ammissibilità dell’impugnazione tardiva, oltre il termine “lungo” dalla pubblicazione della sentenza, previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 3, alla dimostrazione dell'”ignoranza dei processo”, dovendo la parte fornire prova di “non averne avuto alcuna conoscenza per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza”), postulando la causa non imputabile che legittima la rimessione in termine il verificarsi di un evento che presenti il carattere della assolutezza – e non già una impossibilità relativa, nè tantomeno di una mera difficoltà – e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza (cfr. Cass. 8216 del 2013)”.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte respinge il ricorso e condannai ricorrenti, in solido, ai rimborso delle spese processuali del presente Giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2017

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