Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20306 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. III, 26/07/2019, (ud. 29/04/2019, dep. 26/07/2019), n.20306

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2430-2018 proposto da:

L.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE

14 A-4, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROSSANA BASILE,

GIOVANNI MARIA PASTEGA;

– ricorrente –

contro

DOBANK SPA, nella sua qualità di mandataria di UNICREDIT SPA, in

persona del suo rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA MIGNANELLI 3, presso lo studio

dell’avvocato PIERGIORGIO GALLI, rappresentata e difesa

dall’avvocato LUCIA CESCATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2334/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/04/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RITENUTO

che:

1. L.T. ricorre, affidandosi a quattro motivi di ricorso, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Venezia che, respingendo l’impugnazione proposta, aveva confermato la pronuncia del Tribunale con la quale era stata rigettata l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla Unicredit Spa nei suoi confronti, in quanto aveva prestato garanzia fideiussoria in favore di B.C. e F.S. per un mutuo ipotecario da loro stipulato con la banca nel 2006, per un importo di Euro 537.756,73, il quale era andato “in sofferenza”.

2. Ha resistito Unicredit Spa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo ed il secondo motivo – da esaminarsi congiuntamente in quanto riferiti a censure collegate – la ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione agli artt. 633/634 c.p.c. ed all’art. 50 TUB; deduce altresì, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento.

1.1. Assume che il provvedimento monitorio era stata emanato con riferimento all’art. 50 TUB e che, a fronte della contestazione avanzata in sede di opposizione, fondata sul fatto che il documento prodotto non costituiva un “estratto conto” come indicato dalla norma (visto che si trattava di un mero saldo contabile del rapporto di mutuo, privo di attestazione di conformità), la Corte aveva inammissibilmente statuito, con violazione dell’art. 112 c.p.c., che esisteva altra documentazione in atti, pronunciando ultra petita.

1.2. Deduce, altresì, che era stato invertito l’onere della prova che andava posto a carico della Unicredit opponente: lamenta al riguardo che la Banca non aveva prodotto documentazione sufficiente, non avendo versato in atti gli estratti conto integrali e non avendo provato di averli comunicati al debitore principale.

1.3. Il primo motivo è infondato.

1.4. La ricorrente, infatti, non tiene conto del fatto che l’art. 50 TUB prevede che il decreto monitorio possa essere richiesto “anche” (e non soltanto) sulla base dell’estratto conto, con attestazione di conformità alle scritture contabili proveniente da uno dei dirigenti della banca interessata (cfr. art. 50 TUB), con ciò non escludendo altre prove scritte che possono essere ritenute idonee allo scopo.

1.5. La Corte territoriale, nel disattendere la censura, ha reso una decisione aderente al dettato normativo (cfr. pag. 4 e 5 c.p.c.), valorizzando correttamente la circostanza che il contratto di mutuo prodotto con il piano di ammortamento e l’estratto conto allegato relativo al rapporto in sofferenza documenti sufficienti a dimostrare le pretese della banca – non erano stati oggetto di alcuna contestazione dalla parte opponente.

2. Il secondo motivo, riferito sempre alla produzione documentale versata in atti, è inammissibile.

2.1. I giudici d’appello, infatti, con motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale, hanno confermato la pronuncia di primo grado che aveva valutato sia la documentazione prodotta dalla Banca (contratto di mutuo ed estratto conto delle passività) sia l’assoluta genericità della contestazione sul quantum debeatur da parte della L. che non ha mai negato che la somma fosse stata erogata nè di aver prestato la fideiussione per l’adempimento del mutuo (cfr. pag. 5 e 6 della sentenza impugnata).

2.2. Quindi, la censura postula, in modo evidente, una richiesta di rivalutazione di merito delle risultanze istruttorie, prospettando, oltretutto, critiche non esattamente individuate.

3. Con il terzo motivo, ancora, la ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1372,1373,1375 c.c.: contesta che la Corte abbia ritenuto inefficace la comunicazione di recesso inoltrata con lettera a.r. del 22/27.3.2007 (cfr. pag. 12 del ricorso) nonchè la statuizione secondo cui la garanzia doveva protrarsi fino alla completa esecuzione del debito garantito (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).

11. Assume che, in tal modo, la concessione di una fideiussione finirebbe per tradursi in un vincolo perenne, contrario al principio di buona fede.

Contesta la condotta della banca che non si era avvalsa della clausola risolutiva espressa nei confronti del mutuatario.

3.2. Il motivo è infondato.

Il rapporto garantito consisteva, infatti, nel pagamento di un mutuo delimitato nel tempo.

3.3. Rispetto agli obblighi del fideiussore, questa Corte ha affermato il principio, condiviso da questo Collegio secondo cui “la fideiussione prestata a garanzia di una o più obbligazioni si protrae, salva diversa volontà negoziale, per lo stesso termine entro il quale la prestazione garantita va eseguita sicchè nella ipotesi di locazione in cui sia garantito l’obbligo del pagamento del canone, il fideiussore può recedere anticipatamente solo se, nel contratto di locazione e in quello di fideiussione, le parti abbiano espressamente convenuto il diritto del garante di recedere in qualunque momento dalla prestazione di garanzia ovvero se ricorra altra causa idonea a giustificare il recesso” (cfr. Cass. 25171/2014, ed in termini come principio di carattere generale Cass. 16758/2002; Cass. 16233/2005; Cass. 18836/2015).

3.4. La Corte ha fatto corretta applicazione di tale principio – estendibile anche al contratto di mutuo – valorizzando che in esso non era presente alcuna clausola che abilitasse ad un recesso anticipato.

4. Con il quarto motivo, infine, la ricorrente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta la violazione degli artt. 1957 e 1469 bis c.c. e dell’art. 33Codice del Consumo.

4.1. Deduce l’erronea reiezione dell’eccezione di decadenza dal termine di cui all’art. 1957 c.c., assumendo che la preventiva rinuncia pattizia configuri una clausola vessatoria, inefficace per contrasto con le previsioni di cui all’art. 33 Codice del Consumo.

4.2. Il motivo è inammissibile.

4.3. Deve premettersi che la condotta tenuta dalla Banca nei confronti del mutuatario non rileva al fine di azzerare l’impegno assunto dal fideiussore, in presenza della rinuncia contrattuale all’escussione entro i termini previsti dall’art. 1957 c.c.: la questione è stata correttamente affrontata nella sentenza impugnata (cfr. pag. 8 secondo cpv e 9 sentenza impugnata) che, dopo aver riscontrato la deroga pattizia alla previsione di cui alla norma sopra richiamata, contenuta nell’art. 3 del contratto di fideiussione, ha applicato i principi di diritto, ormai consolidati, affermati da questa Corte secondo cui:

a. “la decadenza del creditore dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria, sancita dall’art. 1957 c.c., per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, può essere preventivamente rinunciata dal fideiussore, trattandosi di pattuizione rimessa alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, per il garante, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore.” (cfr. Cass. 21867/2013; ed in termini ex multis Cass. 8839/2007), rischio evidentemente assunto dal fideiussore, nel caso di specie, con la sottoscrizione del contratto;

b. “nell’ipotesi in cui la durata di una fideiussione sia correlata non alla scadenza dell’obbligazione principale ma al suo integrale adempimento, l’azione del creditore nei confronti del fideiussore non è soggetta al termine di decadenza previsto dall’art. 1957 c.c.” (cfr. Cass. 16836/2015).

4.4. Tutte le questioni oggetto della censura in esame sono state esaustivamnete esaminate dalla corte territoriale che ha applicato i principi di legittimità affermati in materia, anche sotto il profilo della non vessatorietà della clausola introdotta nel contratto (cfr. pag. 8, 9 e 10 della sentenza impugnata) in presenza di una rinuncia alla “pronta azione” nei confronti del debitore principale: pertanto la censura postula una inammissibile rivalutazione di merito della controversia, contrapponendo alla argomentata decisione dei giudici d’appello una tesi difensiva che contrasta anche con la consolidata interpretazione dell’art. 1957 c.c., invocato.

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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