Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20306 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/10/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 07/10/2016), n.20306

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giulio – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13517-2015 proposto da:

CENTRO FIORENTINO DISTRIBUZIONE CARNE SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona

del liquidatore e legale rappresentante pro tempore,

R.S., anche in proprio, P.A., in qualità di

amministratore della società CENTRO FIORENTINO DISTRIBUZIONE CARNE

SRL e anche in proprio, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

OVIDIO 32, presso lo studio dell’avvocato MICHELE ALLIEGRO,

rappresentati e difesi dall’avvocato PIER FRANCESCO LOTITO giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7650/2014 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA del 27/01/2014, depositata il 22/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO;

udito l’Avvocato Michele Alliegro (delega avvocato Lotito Pier

Francesco) difensore della ricorrente che si riporta agli scritti ed

insiste per l’accoglimento.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

La Centro Fiorentino Distribuzione Carne srl, R.S. e P.A., ricorrono contro l’Agenzia delle Entrate, che resiste con controricorso, per la revocazione della sentenza di questa Corte n. 7650/2014, con la quale, in accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, è stata cassata la sentenza n. 24/2007 della CTR della Toscana e, decidendo la causa nel merito, è stato respinto il ricorso introduttivo dei contribuenti.

La Corte, premesso che in materia di operazioni oggettivamente inesistenti doveva escludersi in radice la buona fede del cessionario o committente, richiamava il proprio consolidato indirizzo in forza del quale, qualora l’Amministrazione contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture in quanto relative ad operazioni inesistenti, fornendo attendibili riscontri indiziari sull’inesistenza delle operazioni fatturate, ricade sul contribuente medesimo l’onere di dimostrare la fonte legittima della detrazione, dovendo, almeno in via alternativa, dimostrare di non essersi trovato nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità delle operazioni pregresse tra cedente e fatturante in ordine al bene ceduto, oppure di non essere stato in grado di abbandonare lo stato di ignoranza sul carattere fraudolento delle operazioni degli altri soggetti collegati all’operazione.

Non è invece sufficiente dedurre che la merce è stata effettivamente consegnata e la fattura, Iva compresa, effettivamente pagata, e tanto meno la regolarità formale delle ss.cc. e le evidenze contabili dei pagamenti, trattandosi di dati e circostanze facilmente falsificabili dal contribuente.

Ciò premesso, nel caso di specie la Corte ha affermato che non giovava al contribuente la prova dell’avvenuto pagamento della merce a fronte degli elementi di “forte spessore indiziario e presuntivo forniti in giudizio dall’Amministrazione finanziaria” e consistenti nella totale assenza presso le società “cartiere”, di strutture e mezzi idonei a consentire loro di effettuare le forniture oggetto di contestazione. La ricorrente, che ha anche depositato memoria illustrativa, assume che la sentenza qui impugnata sarebbe viziata da due errori di carattere revocatorio, ex art. 395 c.p.c., n. 4), consistenti:

nell’affermata esistenza di elementi indiziari e presuntivi, ed in particolare nella totale assenza, presso le società cartiere, di strutture e mezzi idonei a consentire loro di effettuare le forniture oggetto delle fatture in contestazione;

nell’omessa considerazione di un fatto decisivo, costituito dalla sentenza del Tribunale di Roma, che aveva assolto il R. “per non aver commesso i fatti”, passata in giudicato l’11.2.2006;

La contribuente deduce infine che l’impugnata sentenza non contiene alcun cenno alle articolate difese dei contribuenti.

Tutti i motivi sono inammissibili in quanto si risolvono nella contestazione di un errore nell’esame e valutazione di materiale istruttorio, che non è, in se, riconducibile al paradigma dell’errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4), il quale, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, deve presentare i caratteri di evidenza ed obiettività(cfr. ex multis Cass. 4456/2015).

L’errore revocatorio non è invero ravvisabile nei casi, come quello in esame, aventi ad oggetto l’omesso esame di prove documentali invocate dalle parti, ovvero l’erronea o incompleta valutazione delle risultanze probatorie, incorrendo così in un errore di giudizio che esula dal perimetro del giudizio revocatorio.

Costituisce del pari necessario requisito ai fini della configurazione dell’errore revocatorio il carattere di decisività del fatto (Cass. 10544/2002), sì che dalla sua diversa considerazione discenderebbe con certezza una decisione diversa (Cass. 914/1996) e non anche su un fatto che debba essere valutato in un più ampio contesto probatorio, e sempre che il fatto Medesimo non abbia costituito punto controverso sul quale la sentenza abbia pronunciato.

Pure tali elementi non sono ravvisabili nel caso di specie.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese del presente giudizio, che liquida in 10.000,00 Euro per compensi oltre a rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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