Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20305 del 25/09/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20305 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

ORDINANZA
sul ricorso 28739-2010 proposto da:
PAGANO ANGELO ANTONIO (PGNNLN36S25L747S)
PAGANO FRANCESCO (PGNFNC37L25L747G,) MIRAGLIA
PIETRO (VIRGPTR34P26L747U)e1ettivamente domiciliati in ROMA,
VIA BALDASSARRE PERUZZI 30, presso lo studio dell’avvocato
IULIANO LINO, rappresentati e difesi dall’avvocato GUERRERA
NICOLA, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti contro
BENVENUTO SALVATORE NVSVT32CO3E185M) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELL’..1 4SSUNZIONE 154 -palazzina 6 interno 8, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ARIETA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANNA MARIA
MAZZA, giusta procura speciale a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 25/09/2014

- contraticorrente avverso la sentenza n. 319/2010 della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO del 29.3.2010, depositata il 13/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

udito per i ricorrenti l’Avvocato Nicola Guerrera che si riporta agli
scritti, chiede raccoglimento del ricorso ed M subordine chiede inoltre
la trattazione dello stesso in pubblica udienza.

Ric, 2010 n. 28739 sez. M3 – ud. 26-06-2014
-2-

26/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

R.g.n. 28739-12 (c.c. 26.6.2014)

Ritenuto quanto segue:
§1. Pietro Miraglia, Angelo Antonio Pagano e Francesco Pagano hanno proposto
ricorso per cassazione contro Salvatore Benvenuto avverso la sentenza del 13 aprile 2010,
con la quale la Corte d’Appello di Catanzaro ha dichiarato inammissibile per inesistenza
della notificazione della citazione introduttiva dell’appello il loro appello avverso la
sentenza del 24 novembre 2005, con cui il Tribunale di Padova, nella contumacia del
Benvenuto aveva rigettato le domande contro di lui proposte dai qui ricorrenti.

§2. La Corte territoriale ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello nonostante la
costituzione del Benvenuto, che si era costituito all’udienza del 4 maggio 2007, cui la
causa era stata rinviata alla prima udienza del 2 marzo 2007, con invito agli appellanti alla
produzione della prova della notifica dell’appello. Lo ha fatto rilevando che la costituzione
del convenuto, che aveva fra l’altro eccepito l’inesistenza della notificazione, non aveva
avuto effetto di sanatoria ex tunc bensì ex nunc proprio in ragione della detta inesistenza e
risultava effettuata quando ormai era decorso il termine c.d. lungo per la proposizione
dell’appello.
§3. Al ricorso ha resistito il Benvenuto con controricorso.
§3. Prestandosi il ricorso ad essere deciso con il procedimento di cui all’art. 380-bis
c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di detta norma ed essa è stata notificata agli avvocati
delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
Considerato quanto segue:
§1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. si sono svolte le seguenti
considerazioni:
«[…] §4. Il ricorso può essere deciso con il procedimento di cui all’art. 380-bis
c.p.c., in quanto appare innanzitutto manifestamente inammissibile per inosservanza del
requisito di cui all’art. 366 n. 6 c.p.c., concernente l’indicazione specifica degli atti e
documenti su cui il ricorso si fonda.
Infatti, l’unico motivo di ricorso – che deduce “nullità della sentenza per violazione o
falsa applicazione degli artt. 140, 149, III comma, c.p.c., e per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi,
rispettivamente, dei numeri 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.” e con cui si censura la valutazione di
inesistenza della notificazione dell’atto di appello fatta dalla Corte territoriale, con una
prospettazione evocante solo un vizio di norma del procedimento ai sensi del n. 4 dell’art.
360 c.p.c. — si fonda sul contenuto della relata di notificazione che dovrebbe figurare
sull’atto di appello: senonché della relata non solo non viene fornita la riproduzione né
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Est. ConsXRaffaele Frasca

R.g.n. 28739-12 (c.c. 26.6.2014)

diretta né indiretta (con l’indicazione della parte dell’atto in cui l’indiretta riproduzione
troverebbe rispondenza) e, soprattutto, sia riguardo ad essa sia riguardo all’atto di appello
non si dice se e dove sia stato prodotto in questo giudizio di legittimità e, dunque, dove
sarebbe, (ove prodotto, anche agli effetti del secondo comma n. 4 dell’art. 369 c.p.c., cioè
della procedibilità del motivo) esaminabile.
In tale situazione non risultano osservati i contenuti del precetto dell’art. 366 n. 6
c.p.c. siccome individuati da consolidata giurisprudenza della Corte (si vedano Cass. sez.

un. nn. 28547 del 2008 e 7161 del 2010, nonché, ex multis, Cass. n. 7455 del 2013, che ha
precisato che detta nonna costituisce il precipitato normativo del c.d. principio di
autosufficienza dell’esposizione del motivo di ricorso per cassazione. Si veda ancora Cass.
sez. un. n. 22726 del 2011, che, per gli atti processuali ha ammesso che la parte possa
indicare la presenza nel fascicolo d’ufficio dell’atto, astenendosi dal produrlo, indicazione
che nella specie manca).
§5. Il motivo appare, inoltre, inammissibile, dato che nemmeno individua la tipologia
della pretesa notificazione, che si assume nulla e non inesistente, tanto che la stessa
intestazione di esso evoca contraddittoriamente sia l’art. 140 sia l’art. 149 c.p.c., e
considerato che si risolve nell’enunciazione di una serie di massime di giurisprudenza di
questa Corte senza alcuna correlazione alla vicenda notificatoria, atteso che essa nemmeno
risulta individuata.
In tal modo il motivo risulta inammissibile perché privo di specificità, alla stregua
del seguente principio di diritto: «Il requisito di specificità e completezza del motivo di
ricorso per cassazione è diretta espressione dei principi sulle nullità degli atti processuali e
segnatamente di quello secondo cui un atto processuale è nullo, ancorché la legge non lo
preveda, allorquando manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento del
suo scopo (art. 156, secondo comma, cod. proc. civ.). Tali principi, applicati ad un atto di
esercizio dell’impugnazione a motivi tipizzati come il ricorso per cassazione e posti in
relazione con la particolare struttura del giudizio di cassazione, nel quale la trattazione si
esaurisce nella udienza di discussione e non è prevista alcuna attività di allegazione
ulteriore (essendo le memorie, di cui all’art. 378 cod. proc. civ., finalizzate solo
all’argomentazione sui motivi fatti valere e sulle difese della parte resistente), comportano
che il motivo di ricorso per cassazione, ancorché la legge non esiga espressamente la sua
specificità (come invece per l’atto di appello), debba necessariamente essere specifico, cioè
articolarsi nella enunciazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze idonee ad evidenziarlo.
In riferimento alla deduzione di un “error in procedendo” e, particolarmente, con riguardo
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Est. Cons. Ra

asca

R.g.n. 28739-12 (c.c. 26.6.2014)

alla deduzione della violazione di una norma afferente allo svolgimento del processo nelle
fasi di merito, ai sensi del n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ., il rispetto dell’esigenza di
specificità non cessa di essere necessario per il fatto che, com’è noto, la Corte di
Cassazione, essendo sollecitata a verificare se vi è stato errore nell’attività di conduzione
del processo da parte del giudice del merito, abbia la possibilità di esaminare direttamente
l’oggetto in cui detta attività trovasi estrinsecata, cioè gli atti processuali, giacché per poter
essere utilmente esercitata tale attività della Corte presuppone che la denuncia del vizio
processuale sia stata enunciata con l’indicazione del (o dei) singoli passaggi dello sviluppo

é

processuale nel corso del quale sarebbe stato commesso l’errore di applicazione della
norma sul processo, di cui si denunci la violazione, in modo che la Corte venga posta nella
condizione di procedere ad un controllo mirato sugli atti processuali in funzione di quella
verifica. L’onere di specificazione in tal caso deve essere assolto tenendo conto delle
regole processuali che presiedono alla rilevazione dell’errore ed alla sua deducibilità come
motivo di impugnazione>> (Cass. n. 4741 del 2055, seguita da numerose conformi).
§6. Il motivo è, poi, ulteriormente inammissibile, perché si astiene dal farsi carico dei
puntuali rilievi della motivazione della decisione impugnata alla pagina otto, onde viene in
rilievo il principio di diritto secondo cui «Il motivo d’impugnazione è rappresentato
dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal
legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione,
la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna
identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione
di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i
motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e,
quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per
essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la
sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non
rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In
riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un
“non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4
cod. proc. civ.>> (Cass. n. 359 del 2005, seguita da numerose conformi).
§7. Il ricorso dovrebbe, dunque, dichiararsi inammissibile.>>.
§2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle
quali nulla è necessario aggiungere, nemmeno in relazione a quanto argomentato in sede di

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Est. Co

aele Frasca

R.g.n. 28739-12 (c.c. 26.6.2014)

audizione dal difensore dei ricorrenti, che non è stato in alcun modo idoneo a superare i
rilievi di inammissibilità.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano ai sensi del d.m. n. 55 del 2014.

P. Q. M.

resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro seimiladuecento, di cui
duecento per esborsi, oltre accessori e spese generali come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 26
giugno 2014.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione al

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