Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20301 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/10/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 07/10/2016), n.20301

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22162-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALe DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA

78, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO SPAGNUOLO, rappresentato

e difeso dall’avvocato DOMENICA PETRONE giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 348/48/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALI dì NAPOLI del 27/06/2013, depositata il 15/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO CIGNA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi ad un motivo, per la cassazione della sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale, nel rigettare l’appello dell’Ufficio, ha confermato la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da contribuente S.G., socio al 27% della L.E.V. srl, avverso avviso – relativo ad IRPEF anno 2003 – con il quale l’Agenzia, sulla base di un maggior reddito accertato nei confronti della società e della ristretta base sociale (5 soci) della detta società di capitali (con conseguente presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio ai soci), aveva accertato un maggiore reddito anche nei confronti del contribuente; la CTR, in particolare, ha evidenziato che quest’ultimo aveva sporto denuncia nei confronti dei soci M. e R. per fatti illeciti concernenti la vita societaria dagli stessi posti in essere nel (OMISSIS), dimostrando con siffatta denuncia di non avere concorso all’alterazione dei bilanci e alla realizzazione delle dette vicende illecite. Il contribuente resiste con controricorso, illustrato anche da successiva memoria.

L’unico motivo, con il quale, denunziando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 3, si ribadisce che nel caso di maggiori utili accertati nei confronti di società a ristretta base sociale, il contribuente ha l’onere di provare che siffatti utili sono stati accantonati o reinvestiti (o comunque non distribuiti), è ammissibile e, nel merito, fondato.

In ordine all’ammissibilità va rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto da contribuente, con il detto motivo si censura espressamente – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione del D.PR. n. 600 del 1973, art. 38 dolendosi che “secondo i giudici di appello, la denuncia presentata dal ricorrente ai danni degli altri soci della società deve ritenersi prova più che sufficiente nel caso de quo per sostenere l’assunto di mancata distribuzione degli utili, in maniera tale da rendere nullo l’accertamento emesso dall’Ufficio a suo carico”.

Nel merito, va evidenziato che, secondo consolidato principio di questa Corte, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base sociale (quale è da ritenersi quella in questione, la cui compagine è formata da cinque soci, di cui due tra loro parenti), è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano stati invece accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti.

La CTR non si è attenuta a detti principi, avendo invero valorizzato una circostanza (l’eventuale estraneità del contribuente all’alterazione dei bilanci ed ai fatti illeciti dallo stesso denunziati) relativa al modo con cui si erano formati gli utili extrabilancio ma assolutamente estranea alla su esposta presunzione di distribuzione (utili extrabilancio accertati nei confronti della società in altro giudizio con sentenza che si assume passata in giudicato: circostanza quest’ultima affermata dall’Agenzia e non contestata dal contribuente).

In conclusione, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata l’impugnata sentenza, con rinvio per nuova valutazione alla CTR Campania in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza, con rinvio alla CTR Campania, diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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