Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20301 del 04/10/2011

Cassazione civile sez. II, 04/10/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 04/10/2011), n.20301

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31926/2005 proposto da:

P.L. (OMISSIS), C.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ZANARDELLI

20, presso lo studio dell’avvocato ALBISINNI LUIGI, rappresentati e

difesi dall’avvocato D’AMBROSIO Luigi;

– ricorrenti –

contro

L.G., V.M.G.;

– intimati –

sul ricorso 2328/2006 proposto da:

V.M.G. (OMISSIS), L.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 132, presso lo studio dell’avvocato RIGGIO GIANDOMENICO,

rappresentati e difesi dall’avvocato GIACOMO OLIVIERI con procura

notarile rep. 181967 del 31/5/2011;

– controricorrenti ricorrenti incidentali –

contro

C.A. (OMISSIS), P.L.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.

ZANARDELLI 20, presso lo studio dell’avvocato ALBISINNI LUIGI,

rappresentati e difesi dall’avvocato D’AMBROSIO LUIGI;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1174/2004 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 22/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE;

udito l’Avvocato DALFINO Luciano, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato D’AMBROSIO Luigi difensore del ricorrente che si

riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato OLIVIERI Giacomo, difensore del resistente che si

riporta agli atti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per rigetto del ricorso

principale ed accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 20 settembre 2002 il Tribunale di Bari – adito da C.A. e P.L., nonchè in via riconvenzionale da L.G. e V.M.G., rispettivamente acquirenti e alienanti di un appartamento – respinse le domande degli attori, intese ad ottenere la restituzione di una parte del prezzo e il risarcimento dei danni, conseguenti sia a difetti manifestatisi nel bene, sia al mancato rilascio del certificato di abitabilità; condannò gli stessi attori al pagamento di 2.568,03 Euro, oltre agli interessi, come compenso di lavori effettuati nell’immobile dai venditori.

Impugnata da C.A. e P.L., la decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Bari, che con sentenza del 22 dicembre 2004 ha rigettato anche la domanda riconvenzionale.

Contro tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione C. A. e P.L., in base a due motivi. L.G. e V.M.G. si sono costituiti con controricorso, formulando a loro volta un motivo di impugnazione in via incidentale, cui C.A. e P.L. hanno opposto un proprio controricorso. I ricorrenti principali hanno altresì presentato una memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell’art. 335 cod. proc. civ..

Con il primo motivo del ricorso principale C.A. e P.L. deducono innanzi tutto che i difetti dell’appartamento da loro acquistato erano di entità tale, da rendere applicabile l’art. 1669 cod. civ., come era risultato dalla consulenza tecnica di parte in atti, avente valore pienamente probatorio in quanto non contestata affatto dagli avversari.

L’assunto è inconferente, poichè la Corte d’appello ha ritenuto comunque tardiva la denuncia dei vizi in questione – anche per l’ipotesi che fossero sussumibili nella previsione della norma richiamata dai ricorrenti – e per questa decisiva e assorbente ragione ha confermato la decisione del Tribunale, di rigetto delle domande di riduzione del prezzo e di risarcimento di danni proposte dagli attori.

Con lo stesso primo motivo di ricorso C.A. e P. L. sostengono che la denuncia dei difetti non era necessaria, poichè la loro sussistenza era stata riconosciuta almeno implicitamente da L.G. e V.M.G., mediante l’esecuzione gratuita di lavori di rifacimento.

Neppure questa censura può essere accolta, poichè la Corte d’appello è argomentatamente pervenuta alla conclusione che non fosse stata in alcun modo provata la consistenza dei lavori suddetti e quindi la loro connessione con i vizi lamentati dagli acquirenti dell’appartamento. La contraria tesi dei ricorrenti non può costituire idonea ragione di una pronuncia di cassazione, in quanto attiene alla valutazione delle risultanze istruttorie, che è insindacabile in sede di legittimità, essendo sorretta da adeguata motivazione.

Sempre con il primo motivo del loro ricorso C.A. e P.L. sostengono che nella sentenza impugnata la denuncia è stata erroneamente reputata non tempestiva, essendosi fatto decorrere il relativo termine dal giorno della consegna dell’immobile invece che da quello della scoperta del difetti, avvenuta circa sette mesi dopo.

Anche questa doglianza va disattesa, non essendo fondato il presupposto sul quale si basa: che l’onere di provare la tardività della denuncia dei vizi della cosa venduta gravi sull’alienante che la eccepisce. La giurisprudenza di legittimità – da cui non si ravvisano ragioni per discostarsi, nè del resto i ricorrenti ne hanno prospettato alcuna – è invece univocamente orientata in senso opposto (v., per tutte, Cass. 14 maggio 2008 n. 12130).

Con il secondo motivo del ricorso principale C.A. e P.L. contestano l’affermazione della Corte d’appello, secondo cui il mancato rilascio del certificato di abitabilità per l’appartamento oggetto della causa era addebitabile a loro stessi, per aver modificato la destinazione di un vano adibito a cantina e servizio al piano seminterrato: sostengono che il rifiuto del Comune era derivato dalla presenza in quel piano di un bagno, che era stato realizzato precedentemente al loro acquisto.

La censura non può essere accolta, poichè si risolve nella contestazione della plausibilità di una presunzione – l’essere il mutamento di destinazione attribuibile ai compratori dell’immobile anzichè ai venditori – che il giudice di secondo grado ha ricavato dall’esame di quelle risultanze documentali di causa, da cui secondo i ricorrenti si sarebbe dovuto trarre conclusioni opposte: si verte dunque in tema di apprezzamenti prettamente di merito, che non possono costituire oggetto di sindacato in questa sede.

Per analoga ragione è da disattendere il motivo addotto a sostegno del ricorso incidentale, con cui L.G. e V.M. G. lamentano che ingiustificatamente la Corte d’appello ha ritenuto che il compenso per le opere cui si riferiva la loro domanda riconvenzionale fosse compreso in quello relativo agli altri lavori, che già erano stati pagati da C.A. e P. L.. Sul punto, nella sentenza impugnata, è stato dato conto in maniera esauriente e logicamente coerente delle ragioni della decisione, la quale pertanto non può formare oggetto di sindacato in questa sede.

I ricorsi vanno quindi entrambi rigettati.

Le spese del giudizio di cassazione vengono compensate tra le parti, stante la loro reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorso e li rigetta; compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2011

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