Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2030 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. trib., 24/01/2022, (ud. 12/01/2022, dep. 24/01/2022), n.2030

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13319/2013 R.G. proposto da:

Studio infermieristico Associato C.- S. e associati, in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e

difeso, anche disgiuntamente, in virtù di procura speciale posta in

calce al ricorso, dall’Avv. Oscar Podda e dall’Avv. Daniela Jouvenal

Long, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Daniela

Jouvenal Long, in Roma, piazza di Pietra, n. 26;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e

presso i cui uffici domicilia in Roma, alla Via dei Portoghesi n.

12;

– controricorrente –

E

Regione Lombardia, Direzione Generale Risorse e Bilancio, con sede in

Milano, Via Pola, n. 14;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 130/7/2012, depositata il 19 novembre 2012;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 gennaio 2022

dal Consigliere D’Orazio Luigi;

Udite le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. Locatelli Giuseppe, che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

Udito l’Avv. Alice Cogliati Dezza, per delega dell’Avv. Daniela

Jouvenal Long, per lo Studio Infermieristico Associato C.-

S. e Associati.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dallo Studio infermieristico Associato C.- S. e Associati avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano (n. 125/31/2011), che aveva rigettato i ricorsi riuniti presentati dallo Studio infermieristico avverso il silenzio rifiuto formatosi a seguito della istanza di rimborso dell’Irap per gli anni 2004, 2005 e 2006, oltre che contro la cartella di pagamento con cui erano stati iscritti a ruolo interessi e sanzioni per ritardato pagamento dell’Irap, dovuta per l’anno 2006. Il giudice d’appello evidenziava che, in base alle dichiarazioni dei redditi presentate dal contribuente, emergeva che questi aveva sostenuto oneri per quote di ammortamento pari ad Euro 21.187,00, spese relative agli immobili per Euro 4276,00, altre spese per Euro 40.400,00, tali da far ritenere che l’attività venisse svolta abitualmente e con un’organizzazione dotata di autonomia, tale da consentire di produrre una nuova ricchezza, con conseguente assoggettabilità del reddito all’Irap; inoltre, lo studio si era avvalso per l’esercizio della professione di un immobile, condiviso con altri professionisti della stessa preparazione professionale ed esercenti analoga professione, tali da poter essere intercambiabili nella resa di analoghi servizi; il contribuente si era avvalso anche di terzi collaboratori in modo non occasionale. Peraltro, l’esercizio in forma associata di una professione liberale era circostanza di per sé idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e di mezzi, nonché dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sicché poteva ritenersi che il reddito prodotto non fosse frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione lo Studio infermieristico associato, depositando anche memoria scritta.

3. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

4. E’ rimasta intimata la Regione Lombardia.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di impugnazione il contribuente deduce “l’omesso esame del quadro RE delle dichiarazioni dei redditi dello studio ricorrente negli anni d’imposta 2004 e 2005”. In particolare, dalla motivazione della sentenza impugnata emerge che la stessa si basa sulla dichiarazione dei redditi di un solo periodo di imposta, l’anno 2006, mentre l’oggetto della controversia riguardava tre differenti periodi, e precisamente gli anni 2004, 2005 e 2006. Non si e’, quindi, tenuto conto delle spese dedotte nei periodi di imposta 2004 e 2005.

2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta “l’omesso esame dell’uso dell’immobile da parte dello studio in relazione all’esistenza (o meno) di autonoma organizzazione presupposto dell’Irap”. Nell’atto di appello il contribuente ha evidenziato che l’immobile detenuto in locazione dallo studio era un appartamento su due piani, ciascuno di circa 40 m2; il piano terra era un garage adibito a magazzino ed il primo piano era un ufficio utilizzato dagli associati per le riunioni e/o le mansioni di segreteria. L’immobile, dunque, non partecipava dell’attività professionale infermieristica. A differenza di altri professionisti, come gli avvocati, i commercialisti o i medici, l’infermiere non esercita la sua attività presso una struttura propria, ma si reca presso una struttura di proprietà di terzi, gestita da terzi. Tale peculiare utilizzo dell’immobile non è stato oggetto di specifica contestazione da parte dell’Agenzia, sicché il fatto deve ritenersi non contestato ai sensi dell’art. 115 c.p.c.

3. Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente si duole “dell’omesso esame dell’assenza di spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato come risultante nel quadro RE delle dichiarazioni fiscali degli anni 2004, 2005 e 2006”. L’affermazione contenuta nella sentenza, per cui l’appellante si è avvalso di terzi collaboratori in modo non occasionale, sarebbe priva di senso. Negli anni 2005 e 2006 non è indicato alcun costo dedotto. Solo per l’anno 2004 si fa riferimento a tali voci di spesa, riferite a prestazioni di lavoro dipendente o assimilato, per la somma di Euro 6909,00, ma si tratta di pagamenti per importi relativamente modesti, dai 60 ai 1.500 Euro ciascuno, per collaborazioni occasionali relative all’attività prestata da parte di 8 infermieri.

4. Con il quarto motivo di impugnazione il ricorrente deduce “l’omesso esame dell’esercizio individuale degli associati infermieri dello studio dell’attività e della concreta impossibilità di potere essere sostituiti dai colleghi associati nello stesso studio in relazione all'(in)esistenza di una autonoma organizzazione presupposto dell’Irap”. Invero, l’attività degli infermieri associati avveniva presso strutture terze, come istituti di ricovero e cura, che selezionavano prima gli infermieri e che non permettevano, anche attraverso cartellini di riconoscimento e badge anche per la timbratura delle presenze, ad altri l’espletamento del servizio presso le loro strutture.

4.1. I motivi primo, secondo, terzo e quarto di ricorso, che vanno trattati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono infondati.

4.2. Invero, per questa Corte, a sezioni unite, l’esercizio di professioni in forma collettiva (associazioni professionali, studi associati, società semplici esercenti attività di lavoro autonomo, etc.) costituisce ex lege presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza di un’autonoma organizzazione, questa essendo implicita nella forma di esercizio dell’attività (Cass., sez. 5, 28 novembre 2014, n. 25313, in relazione all’esercizio in forma associata della professione forense; Cass., 25238/2017; Cass., sez. 5, 31 ottobre 2018, n. 27843, con riferimento ad uno studio legale associato costituito tra padre figli; Cass., 14 febbraio 2019,n. 4421; Cass., sez. un., 14 aprile 2016, n. 7371, con riferimento all’esercizio di professioni in forma societaria), con la sola eccezione della c.d. medicina di gruppo (Cass., sez. un., 7291 del 13 aprile 2016). Peraltro, già in passato, con riferimento agli studi legali si è affermato che l’esercizio in forma associata di una professione liberale integra di per sé un’autonoma organizzazione di strutture e mezzi e, quindi, tale da rendere operante il presupposto impositivo (Cass., sez. 5, ordinanza n. 12078 del 2009).

In particolare, costituisce principio giurisprudenziale di legittimità ormai consolidato quello per cui l’esercizio in forma associata di una professione liberale (nella specie, associazione di infermieri) è circostanza di per sé idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorché non di particolare onere economico, nonché dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio. Ne consegue che legittimamente il reddito dello studio associato viene assoggettato all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati (Cass., sez. 6-5, 26 novembre 2019, n. 30873, con riferimento alle associazioni professionali senza personalità giuridica; Cass., sez. 5, 13 novembre 2009, in ordine all’associazione di ingegneri civili; Cass., sez. 5, 27 gennaio 2014, n. 1575, in relazione all’esercizio in forma associata dell’attività di amministratore di condominio).

4.3. Il giudice d’appello ha esaminato in modo completo ogni elemento istruttorio posto alla sua attenzione, senza incorrere, in alcun modo, nell’omesso esame di fatti decisivi. In particolare, la Commissione regionale ha, con precisione, esaminato i fatti di causa, e segnatamente le dichiarazioni dei redditi degli anni 2004, 2005 e 2006, come emerge in modo chiaro dalla motivazione della decisione (“nella fattispecie in base alle dichiarazioni dei redditi presentate dal contribuente…”). Inoltre, in motivazione si fa riferimento all’esercizio in forma associata di una professione liberale, evidenziando che proprio tale modalità organizzativa costituisce circostanza di per sé idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture di mezzi, nonché dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio. A tale affermazione di principio corrisponde poi un analitico esame degli elementi di fatto, soffermandosi il giudice d’appello sulle spese sostenute per quote di ammortamento pari ad Euro 21.187,00, sulle spese relative agli immobili per Euro 4276,00, sulle spese per Euro 40.400,00; la Commissione regionale ha poi valorizzato l’utilizzo dell’immobile da parte dell’associazione, condiviso con altri professionisti della stessa preparazione professionale ed esercenti analoga professione, tali da poter essere intercambiabili nella resa di analoghi servizi.

Nessun elemento istruttorio è stato, allora, dimenticato dal giudice d’appello, né le dichiarazioni dei redditi degli anni di imposta 2004 e 2005, né l’uso dell’immobile da parte dello studio, né l’assenza di spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato, avendo anzi chiarito la Commissione regionale che “l’appellante si è avvalso di terzi collaboratori in modo non occasionale”, né la concreta impossibilità di potere essere sostituiti dai colleghi associati nello stesso studio. Tali circostanze, pure specificamente esaminate dal giudice d’appello, non assumono, prese singolarmente, il carattere della decisività, proprio per l’esistenza del consolidato principio giurisprudenziale sopra richiamato, in base al quale l’esercizio in forma associata di una professione liberale è circostanza di per sé idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione strutture e mezzi. Per tale ragione, perde consistenza anche la censura, in verità presente soltanto nel corpo del ricorso per cassazione (pagina 10), in base alla quale il documentato uso dell’immobile, utilizzato quale semplice deposito e non come “sede operativa”, non sarebbe stato specificatamente contestato dall’ufficio, ai sensi dell’art. 115 c.p.c. Analogamente, scolora la doglianza contenuta solo a pagina 16 del ricorso per cassazione, all’interno del quarto motivo, in relazione alla possibile sostituibilità degli infermieri tra loro, con conseguente non contestazione, ai sensi dell’art. 115 c.p.c.

In realtà, poi, a prescindere dalla preliminare considerazione che la censura di violazione di legge ex art. 115 c.p.c., non compare nella rubrica dei quattro motivi di ricorso per cassazione, nonché dalla mancata allegazione da parte del ricorrente del luogo e del momento in cui i fatti sono stati specificamente dedotti nel ricorso di prime cure, né del contenuto analitico delle difese dell’Agenzia nelle controdeduzioni di primo grado, il giudice di prime cure ha rigettato i ricorsi proprio per l’esistenza di una struttura organizzativa, nella quale il ruolo degli infermieri era del tutto intercambiabile, sicché su tale aspetto non può in alcun modo farsi riferimento al principio di non contestazione. In particolare, la Commissione provinciale ha affermato che “affrontando la tematica dell’esercizio in forma associata della professione la stessa Corte ha statuito che codesta tipologia è sintomatica nel far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi ancorché non di particolare valore economico oltre che dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza ovvero della sostituibilità nell’espletamento di talune incombenze”. Il giudice di prime cure aggiunge che era onere del contribuente fornire la prova “per il superamento della presunzione e cioè che neppure in minima parte i singoli associati sono stati in grado di fruire dei benefici organizzativi discendenti dalla adesione all’associazione”. Al contrario, aggiunge la Commissione provinciale “la forma prescelta – al di là dell’indipendenza delle singole prestazioni fornite a terzi – funge sicuramente da collettore per convogliare le prestazioni presso i centri di richiesta facendo conseguire le utilità proprie del servizio collettivo delle quali il singolo professionista non potrebbe godere se non partecipando alla compagine unitaria che tra l’altro – nel caso concreto – risulta utilizzare uno studio autonomo di riferimento per razionalizzare tale lavoro (attestato nel quadro E sotto la voce spese per immobili) e di collaborazioni di terzi (infermieri indicati ai centri che necessitano di prestazioni inesigibili dagli associati al momento a disposizione) come ammesso a verbale della stessa difesa”.

Pertanto, non erano in alcun modo pacifiche le circostanze sull’utilizzo dell’immobile e sulla non intercambiabilità delle prestazioni, oltre che sull’utilizzo di prestazioni di terzi.

Ne’ il contribuente ha fornito la prova contraria, dimostrando che il reddito dell’associazione era derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati (Cass., 11 giugno 2007, n. 13570).

5. Con il quinto motivo di impugnazione il ricorrente deduce la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 132 c.p.c., n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 61 e art. 36, n. 4, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, per non avere il giudice dell’appello esaminato e pronunciato sui “motivi specifici dell’impugnazione” (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ovvero art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per nullità della sentenza o del procedimento)”. L’appello del contribuente era incentrato sulla censura della sentenza di prime cure per due temi: da un lato la detenzione in locazione di un piccolo ufficio con autorimessa-magazzino; dall’altro il fatto che l’associazione potesse fare da collettore tra le esigenze della committenza, che è essenzialmente costituita da strutture sanitarie, ed i singoli infermieri. In realtà, l’immobile non era strumentale all’esercizio dell’attività degli infermieri; inoltre, in nessun caso l’associazione ha consentito una maggiore capacità di produzione del reddito per i singoli infermieri. Il reddito era, dunque, frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio. Nella sentenza d’appello non vi sarebbe alcuna traccia di riferimenti a tali motivi di impugnazione. Sarebbero stati violati i principi generali sulla necessaria motivazione della sentenza sul divieto di omessa pronuncia.

5.1. Il motivo è inammissibile.

5.2. Il motivo e’, infatti, costituito da un insieme confuso di affermazioni, sia in fatto che in diritto, essendo articolato con l’indicazione di plurime disposizioni normative asseritamente violate, con riferimento alla griglia impugnatoria di legittimità richiamata sia con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, sia con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, anche in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, che invece attiene alla ammissibilità dei motivi d’appello per la loro specificità (l’appello è stato però articolato proprio dal contribuente).

Ne’ è in alcun modo possibile riscontrare l’apparenza della motivazione di cui all’art. 132 c.p.c., in quanto la motivazione è sussistente, non solo graficamente, ma anche nel suo apparato ricostruttivo delle argomentazioni logico-giuridiche utilizzate dal giudice d’appello.

Ne’ ovviamente v’e’ stata omessa pronuncia, avendo la Commissione regionale dato esaustiva risposta a tutte le doglianze avanzate dal contribuente.

6. Con il sesto motivo di impugnazione il ricorrente deduce la “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, in relazione al requisito dell’attività autonomamente organizzata”. Vi sarebbe stata violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 (in realtà il ricorrente, a pagina 20 del ricorso per cassazione, fa erroneamente riferimento al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2) perché la sentenza impugnata avrebbe desunto l’autonoma organizzazione illegittimamente da meri dati quantitativi riportati in una dichiarazione dei redditi; l’esistenza dei costi sarebbe del tutto priva di significatività, in quanto le spese totali sarebbero meno del 10% di tutti i proventi; non vi sarebbe autonoma organizzazione dell’attività, ma soltanto “un mero raggruppamento contabile” per ridurre i modesti costi amministrativi.

6.1. Il motivo è inammissibile.

6.2. In realtà, il ricorrente, pur deducendo il vizio di violazione di legge, chiede a questa Corte una nuova valutazione di tutti gli elementi istruttori, già ampiamente e congruamente esaminati dal giudice d’appello, che ha posto a premessa delle sue considerazioni l’esercizio in forma associata di una professione liberale che costituisce circostanza di per sé idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione, salvo prova contraria da parte del contribuente in ordine al fatto che il reddito prodotto è frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio, senza che l’organizzazione dell’associazione abbia svolto alcun ruolo nella produzione del reddito.

Tra l’altro, dal contenuto del controricorso della Agenzia, che ha riprodotto il contenuto delle dichiarazioni dei redditi degli anni di imposta 2004, 2005 2006 oltre che degli studi di settore (TK19U) emerge che nel 2004 erano impiegati presso l’associazione 29 soci, nel 2005 gli associati erano 43 e nel 2006 gli associati erano 45. Inoltre, come risulta da ricorso per cassazione, nel 2004 i ricavi avevano raggiunto la soglia di Euro 393.503,00, nel 2005 di Euro 632.231,00 e nel 2006 di Euro 825.079,00.

7. Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate in ragione del recente consolidamento della giurisprudenza in materia.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

 

 

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