Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 203 del 11/01/2021

Cassazione civile sez. III, 11/01/2021, (ud. 23/09/2020, dep. 11/01/2021), n.203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30018/2019 proposto da:

I.N., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.to CARMELA

GRILLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 473/2019 della CORTE D’APPELLO DI PERUGIA,

depositata il 31/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/09/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

I.N., cittadino del (OMISSIS), ha chiesto alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politica, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis);

a sostegno della domanda proposta, il ricorrente ha dedotto di essere fuggito dal proprio paese per il timore di subire violenze per ragioni di carattere privato e socio-politico;

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento I.N. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Perugia, che ne ha disposto il rigetto con ordinanza in data 23/8/2018;

tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Perugia con sentenza in data 31/7/2019;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto: 1) della mancata corrispondenza delle ragioni di fuga del ricorrente dal paese di origine con i presupposti di legittimazione al riconoscimento della protezione internazionale rivendicata; 2) del carattere sostanzialmente personale delle ragioni della fuga del ricorrente dal paese di origine; 3) dalla mancanza, nei territori di provenienza del ricorrente, di condizioni tali da integrare, di per sè, gli estremi di una situazione generalizzata di conflitto armato; 4) della insussistenza di un’effettiva situazione di vulnerabilità suscettibile di giustificare il riconoscimento dei presupposti per la c.d. protezione umanitaria;

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da I.N. con ricorso fondato su cinque motivi;

il Ministero dell’interno, non costituito in termini mediante controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con i primi due motivi, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione di legge ed omesso esame di fatti decisivi controversi, nella parte in cui il giudice a quo ha disatteso la propria domanda diretta al riconoscimento della protezione sussidiaria, senza tener conto delle specifiche ragioni di fuga indicate nel proprio racconto di vita, e senza aver svolto alcuna indagine ufficiosa sulle effettive condizioni di insicurezza politico-sociale del paese di provenienza;

i motivi sono parzialmente fondati nei limiti di cui appresso;

preliminarmente, dev’essere disattesa la doglianza del ricorrente nella parte in cui censura il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria in relazione alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

al riguardo, osserva il Collegio come, con riferimento all’invocato riconoscimento, da parte dell’odierno istante, della protezione sussidiaria in ordine alle ipotesi indicate, debba ascriversi un valore dirimente alla circostanza, espressamente sottolineata dal giudice a quo, della mancata corrispondenza, delle ragioni indicate dal ricorrente a fondamento della propria fuga dal paese di origine, con i presupposti normativi previsti ai fini del riconoscimento delle forme di protezione internazionale rivendicate (pericolo di condanna a morte, torture o trattamenti inumani o degradanti);

sul punto, del tutto correttamente il giudice a quo ha sottolineato l’assenza di alcun effettivo pericolo di persecuzione discriminatoria, di uccisione o di un danno alla persona, concretamente predicabile a carico dall’odierno istante in relazione alle ragioni indicate a fondamento del proprio allontanamento dal Pakistan, essendo emerso, dal racconto del ricorrente, unicamente il ricorso di circostanze del tutto personali, o comunque private, in relazione alle quali nessun accenno risulta essere stato svolto, dal richiedente, in relazione ad eventuali situazioni di assenza di protezione nei suoi confronti da parte delle autorità statali;

detta decisiva carenza di adeguata allegazione e prova risulta peraltro riscontrabile anche in questa sede, essendosi il ricorrente limitato, attraverso le censure sollevate dinanzi a questa Corte, a ribadire il ricorso di generiche (precorse) rapine, aggressioni o attentati, senza alcun minimo riferimento all’eventuale paventata carenza di adeguata protezione ad opera delle autorità statali del proprio paese;

devono essere, viceversa, accolte le censure del ricorrente nella parte in cui contestano il mancato riconoscimento, in proprio favore, della protezione sussidiaria, in relazione all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

osserva sul punto il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione sussidiaria dello straniero, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato determinativa di minaccia grave alla vita o alla persona), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente;

al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 11312 del 26/04/2019, Rv. 653608 – 01);

nel caso di specie, la corte territoriale non ha adeguatamente assolto ai propri doveri di cooperazione istruttoria nei termini specificati, avendo totalmente trascurato di indicare, nella propria sentenza, da quali fonti, attendibili e aggiornate, abbia tratto le informazioni poste a fondamento del rigetto della domanda di protezione sussidiaria in relazione all’ipotesi in esame, limitandosi a escludere il ricorso dei presupposti necessari ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria sulla base di indicazioni meramente generiche, oltre che del tutto prive, occorre ribadire, di riscontri identificativi della provenienza delle fonti d’informazione reperite;

col terzo e il quarto motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione di legge ed omesso esame di fatti decisivi controversi, nella parte in cui il giudice a quo ha rigettato la sua domanda di protezione umanitaria, senza tener conto della propria condizione di vulnerabilità e delle condizioni di criticità sociale e istituzionale del paese di provenienza;

con il quinto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la corte territoriale disatteso le norme che regolano il regime dell’onere della prova, con particolare riguardo agli oneri di integrazione istruttoria d’ufficio;

la rilevanza del terzo, del quarto e del quinto motivo deve ritenersi assorbita dal rilevato accoglimento dei primi due;

sulla base di tali premesse, rilevata la fondatezza, per quanto di ragione, dei primi due motivi del ricorso (assorbito il terzo, il quarto e quinto), dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie i primi due motivi nei limiti di cui in motivazione e, dichiarati assorbiti il terzo, il quarto e il quinto motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2021

 

 

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