Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20298 del 31/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 20298 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: CASTORINA ROSARIA MARIA

ORDINANZA

sul ricorso 28865-2011 proposto da:
LEASINT SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE
DELLE MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato
MASSIMO LANDI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
2018
2180

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 41/2011 della COMM.TRIB.REG. di
MILANO, depositata il 13/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Data pubblicazione: 31/07/2018

consiglio del 20/06/2018 dal Consigliere Dott. ROSARIA

MARIA CASTORINA.

RG N 28865/11

Rilevato in fatto
Leasint s.p.a. impugnava l’avviso di accertamento notificatole per
l’anno d’imposta 2002, a seguito dell’indebita detrazione dell’Iva
portata dalla fattura emessa da Norsider s.r.l. per un’operazione (di
vendita di un centro punzonatura Rainer, concesso poi da Leasint in

inesistente.
L’impugnazione veniva rigettata dalla Commissione tributaria
provinciale di Milano e l’appello proposto dalla contribuente contro la
decisione veniva a sua volta rigettato dalla CTR della Lombardia, la
quale rilevava che l’Ufficio aveva fornito attendibili e dettagliati riscontri
che, seppure indiziari sull’entità e sulla effettiva sussistenza delle
operazioni contestate, consentivano una ricostruzione attendibile del
rapporto inter partes, mentre era onere della ricorrente provare la
reale sussistenza ed entità delle operazioni fatturate.
Contro la sentenza, depositata in data 13.4.2011, Leasint s.p.a.
ricorre per cassazione con un motivo; resiste l’Agenzia delle Entrate
con controricorso.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Con l’unico motivo, che denuncia violazione e/o falsa
applicazione dell’art.19 del dPR n. 633/72 ed insufficiente e/o omessa
motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, Leasint
sostiene che la CTR ha ritenuto soggettivamente inesistente
l’operazione fatturata sulla scorta di elementi probatori insufficienti;
lamenta inoltre che i giudice abbia omesso di motivare in ordine alla
dedotta, inconsapevole partecipazione di essa ricorrente all’ipotizzato
disegno fraudolento.

locazione finanziaria a Vanoni s.r.I.) ritenuta soggettivamente

RGN 28865/11

La censura è fondata.
1 a. La questione controversa è stata oggetto di numerose
pronunce di questa Corte (da ultimo Cass. n. 9851/2018) che, in linea

interventi della Corte di Giustizia, hanno stabilito come è ripartito
l’onere della prova tra fisco e contribuente in tema di indebita
detrazione di Iva portata da fatture emesse per operazioni ritenute
inesistenti.
Appare opportuno, peraltro, riepilogare e meglio precisare l’assetto
della materia (in ispecie, con riguardo alle ipotesi di inesistenza
soggettiva).
Punto di partenza è l’emissione di una fattura che sia conforme ai
requisiti di forma e contenuto richiesti dalla vigente disciplina (art. 21
del d.P.R. n. 633/ 1972 e, con riguardo al diritto unionale, art. 22, par.
3, della Sesta direttiva): la fattura fa presumere la verità di quanto in
essa rappresentato, sicché costituisce titolo per il contribuente ai fini
del diritto alla detrazione dell’Iva. L’art. 168, lett. a, della direttiva
2006/112 puntualizza le condizioni sostanziali per beneficiare di tale
diritto: occorre, da un lato, che l’interessato sia un soggetto passivo ai
sensi della stessa direttiva e, dall’altro, che i beni o servizi che fondano
il diritto siano utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie
operazioni soggette a imposta e, a monte, forniti da un altro soggetto
passivo (v. tra le tante Corte di Giustizia 6 settembre 2012, Tóth, C324/11; Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C-277/14; Corte di
Giustizia 19 ottobre 2017, SC PaperConsult, C-101/16).

con quanto già affermato da Cass. n. 24426/2013 ed alla luce di ripetuti

RGN 28865/11

1 b. La falsità della fattura è, peraltro, potenzialmente idonea ad
escludere la riconoscibilità del diritto alla detrazione. Due le situazioni
in presenza delle quali l’Iva non è, in linea di principio, detraibile : a)
le operazioni commerciali non sono (in tutto o in parte) mai state poste
in essere, ossia sono oggettivamente inesistenti, e la fattura è mera

state rese al destinatario, che le ha effettivamente ricevute, ma da un
soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la
prestazione rappresentata nella fattura (operazioni soggettivamente
inesistenti). In tale seconda ipotesi, pur essendo i beni o il servizio
entrati nell’effettiva disponibilità dell’utilizzatore, il diritto alla
detrazione è precluso perché la falsa indicazione di uno dei soggetti del
rapporto determina l’evasione del tributo relativo all’operazione
effettivamente realizzata da altri soggetti (Cass. nn. 20060/2015,
7672/2012).
1.c In un simile contesto, ai fini della ripartizione dell’onere della prova,
occorre considerare che il diniego del diritto alla detrazione segna
un’eccezione al principio di neutralità dell’Iva che tale diritto
costituisce: incombe, dunque sull’Amministrazione finanziaria provare
che, a fronte dell’esibizione del titolo, difettano, le condizioni, oggettive
e soggettive, per la detrazione. Una volta raggiunta questa prova,
spetterà al contribuente fornire la prova contraria, ossia di aver svolto
le trattative in buona fede, ritenendo incolpevolmente che le merci
acquistate fossero effettivamente rifornite dalla società cedente.
In sostanza, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti,
l’Amministrazione deve provare sia l’alterità soggettiva
dell’imputazione delle operazioni, sia che il cessionario sapeva, o
avrebbe dovuto sapere, che la cessione si inseriva in un’evasione Iva.
La circostanza che l’operazione si inserisca in una fattispecie

espressione cartolare di eventi non avvenuti; b) le operazioni sono

RG N 28865/11

fraudolenta di evasione dell’Iva non comporta, infatti, ineludibilmente
la perdita, per il cessionario, del diritto di detrazione, attesa l’esigenza
di tutela della buona fede del soggetto passivo, il quale non può essere
sanzionato, con il diniego del diritto di detrazione, se «non sapeva e
non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si collocava

operazione facente parte della catena delle cessioni, precedente o
successiva a quella da detto soggetto passivo, era viziata da evasione
dell’Iva» (Corte di Giustizia 6 luglio 2006, Kittel, C-439/04 e C-440/04;
Corte di Giustizia 21 giugno 2012, Mahagében e David, C-80/11 e C142/11; Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C-277/14).
Nella specie, la motivazione sulla quale poggia la decisione impugnata
risulta gravemente carente con riguardo ad entrambi i profili rispetto
ai quali andava valutato l’assolvimento dell’onere della prova da parte
dell’Amministrazione. La CTR ha infatti non solo mancato di precisare
quali fossero gli elementi indiziari addotti dall’Ufficio che deponevano
per la natura di interposto del soggetto emittente la fattura, ma ha
totalmente omesso di accertare se la contribuente, anche in relazione
alla qualità professionale ricoperta e alle concrete modalità di scelta e
realizzazione dell’operazione commerciale, “sapesse o avrebbe dovuto
sapere con l’uso dell’ordinaria diligenza” che la fattura si inseriva in
un’operazione di evasione dell’imposta.
Il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza deve essere
cassata, con conseguente rinvio della causa, per un nuovo esame,
alla CTR della Lombardia in diversa composizione, che provvederà
anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM

nell’ambito di un’evasione commessa dal fornitore o che un’altra

RGN 28865/11

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia
alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese
del presente giudizio di legittimità.

Ma

Così deciso il Roma nella Camera di consiglio del 20.6.2018

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