Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20298 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/09/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 25/09/2020), n.20298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20470-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIA

COLONNA, 40, presso lo studio dell’avvocato MARCO TOCCI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 381/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 25/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI

ROBERTO GIOVANNI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro R.G., impugnando la sentenza resa dalla CTR Lazio indicata in epigrafe con la quale è stato dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’ufficio avverso la sentenza di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento concernente la revisione del classamento dell’immobile sito in Roma. Secondo la CTR l’impugnazione era inammissibile in quanto effettuata a mezzo servizio privato postale.

La parte intimata si è costituita con controricorso, pure depositando memoria.

L’Agenzia ricorrente deduce con il primo motivo la violazione del D.Lgs. n. 58 del 2011, art. 1, comma 2, lett.o) e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 3, nonchè la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38 e dell’art. 327 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19, 21 e 53. La CTR avrebbe errato nel ritenere inesistente la notifica a mezzo poste private.

Lamenta poi la ricorrente, col secondo motivo, la violazione dell’art. 156 c.p.c. poichè la parte appellata, nel costituirsi, avrebbe sanato l’eventuale invalidità dell’atto che avrebbe così raggiunto il suo scopo.

I due motivi di ricorso meritano un esame congiunto vanno rigettati, confermando il dispositivo, ma correggendo la motivazione.

Giova ricordare che le Sezioni Unite della Cassazione n. 299 del 2020 hanno di recente fissato il seguente principio di diritto:

“in tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124 del 2017”;

“la sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva aì fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perchè sprovvisto di titolo abilitativo” (Cass. SU n. 299 del 2020).

Orbene, la CTR ha ritenuto inesistente la notifica a mezzo poste private dichiarando inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate. Tale statuizione non è conforme al principio fissato dalle SU appena ricordate, ma non questo risulta meritevole di cassazione.

Si impone preliminarmente, a prescindere dalla circostanza che l’appellato si sia costituito o meno in appello (secondo costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità infatti, l’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi indisponibili e, come tale, è rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della costituzione dell’appellato: Cass. SU n. 6983 del 2005; Cass. n. 11666 del 2015; Cass. n. 23907 del 2009; Cass. n. 4206 del 2020), una verifica relativa alla tempestività o meno dell’appello (che va proposto, quando – come nel caso di specie – non sia notificata la sentenza di primo grado, entro sei mesi dal deposito della stessa: cfr. art. 327 c.p.c. e Cass. n. 30850 del 2019 e Cass. n. 33168 del 2018) che prenda sì naturalmente in considerazione come termine a quo il giorno del deposito della sentenza della Commissione tributaria provinciale (Cass. SU n. 18569 del 2016; Cass. 4206 del 2020) ma che consideri quale termine ad quem non già – in ossequio al dettato delle predette sezioni unite n. 299 del 2020 – il momento della spedizione da parte dell’appellante (ossia quello della consegna del plico da notificare all’operatore della posta privata) bensì il diverso e successivo momento in cui si abbia la certezza legale che l’appello sia stato ricevuto dall’appellato o che lo stesso si sia costituito in giudizio-cfr.Cass.n. 7774/2020-.

Tale verifica, alla quale questa Corte è tenuta d’ufficio (cfr. ex plurimis, da ultimo Cass. SU n. 19769 del 2019 e Cass. n. 1654 del 2020, secondo cui la mancata prospettazione, nel giudizio di secondo grado, della questione della tempestività o meno dell’appello incidentale, non determina una preclusione processuale nella deduzione della stessa con il ricorso per cassazione, potendo essere eccepita o rilevata d’ufficio per la prima volta anche in sede di legittimità), ha consentito nel caso di specie di verificare il mancato raggiungimento della prova della tempestività dell’appello, con conseguente declaratoria di inammissibilità sotto il profilo della tardività, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 51, spettando l’onere della prova della suddetta tempestività della notifica a chi propone l’azione secondo gli ordinari e generali criteri di distribuzione dell’onere probatorio (Cass. SU n. 22438 del 2018; Cass. n. 27722 del 2019).

Infatti, a seguito dell’acquisizione del fascicolo di merito, risulta che a fronte della sentenza di primo grado della CTP pubblicata il 12.7.2016 e che l’atto di appello è stat consegnato a Nexive il 13.2.2017, non risultando alcuna documentaizone attestante la ricezione dell’atto da parte dell’appellato costituito in fase di gravame, il quale dichiarò di avere ricevuto l’atto il 20.2.2017.

Sulla base di tali elementi risulta dunque evidente che non avendo alcuna rilevanza ai fini della ricezione della raccomandata la data di consegna del plico alla società Nexive e risultando la data di ricezione dell’atto di appello indicata dalla parte appellata successiva al decorso del termine di impugnazione- che andava a scadere il 12.2.2017 – ampliato del periodo di sospensione feriale di 31 giorni in relazione alla modifica introdotta dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 16, comma 1, conv. con mod. in L. 10 novembre 2014, n. 162, applicabile ratione temporis in relazione alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado successiva all’1.1.2015 (cfr.Cass.n. 21674/2017)-, nè potendo la costituzione in appello della parte appellata risultare idonea a sanare l’intempestività della notifica dell’atto di impugnazione, il ricorso in appello era dunque inammissibile in quanto notificato fuori termine.

Le superiori considerazioni rendono dunque infondate le censure proposte dalla parte ricorrente risultando corretta nel dispositivo la dichiarata inammissibilità dell’appello in ragione della sua tardività e non dell’inesistenza della notifica effettuata a mezzo poste private.

Le spese devono compensarsi in ragione dell’applicazione di principi giurisprudenziali successivi rispetto alla proposizione del ricorso introduttivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 8 settembre 2020.

Depositato in cancelleria il 25 settembre 2020

 

 

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