Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20298 del 04/10/2011

Cassazione civile sez. II, 04/10/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 04/10/2011), n.20298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1682/2010 proposto da:

I.G. (OMISSIS), P.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO

CONTI ROSSINI 26, presso lo studio dell’avvocato D’URBANO PAOLO,

rappresentati e difesi dall’avvocato BARTOLOMEI Ettore, giusta delega

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

N.C. (OMISSIS), M.L.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR,

presso la CASSAZIONE rappresentati e difesi dall’avvocato DI

BONAVENTURA Massimo, giusta delega in calce al controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

P.A. (OMISSIS), I.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO

CONTI ROSSINI 26, presso lo studio dell’avvocato D’URBANO PAOLO,

rappresentati e difesi dall’avvocato BARTOLOMEI ETTORE giusta delega

in calce al ricorso principale;

– controricorrenti ai ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 424/2009 della CORTE D’APPELLO di ANCONA del

4/06/09, depositata il 20/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Ettore Bartolomei, difensore dei ricorrenti che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che ha

concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il tribunale di Fermo con sentenza 30 gennaio 2004 accoglieva la domanda di regolamento dei confini proposta da M.L. e N.C.. Ordinava l’apposizione di termini e condannava i convenuti P.A. e I.G. al rilascio di porzioni di terreno oggetto di sconfinamento rispetto alle risultanze catastali, utilizzate in mancanza di altri validi elementi probatori.

Il gravame proposto dai convenuti veniva respinto il 20 giugno 2.009 dalla Corte di Ancona, che modificava la sentenza di primo grado solo in ordine al riparto delle spese di c.t.u..

P. e I. hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 19 gennaio 2010.

M. e N. hanno resistito con controricorso e hanno svolto ricorso incidentale, resistito da controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Il Collegio ha deliberato che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Il ricorso è soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, giacchè il nuovo rito, che abroga l’art. 366 bis c.p.c., si applica, per effetto della disposizione transitoria contenuta nella L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, solo con riferimento alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della legge (Cass. 26364/09).

I tre motivi di ricorso riguardano:

a) il primo, violazione di norme di diritto per omessa applicazione dell’art. 950 c.c. e dell’art. 112 c.c. – Vizi di motivazione “su un punto decisivo della controversia prospettato dagli appellanti (art. 360 c.p.c., comma 3, in relazione all’art. 950 c.c., comma 3 e all’art. 112 c.p.c.).

b) il secondo, violazione ed erronea applicazione dell’art. 116 c.p.c., per omessa e comunque insufficiente contraddittoria e incongrua motivazione “su un punto decisivo della controversia prospettato dagli appellanti (art. 360 c.p.c., comma 3, in relazione all’art. 950 c.c., comma 3) – violazione dei principi che regolano la prova”.

c) il terzo, “violazione ed erronea applicazione dell’art. 1158 c.c. in relazione all’art. 116 c.p.c. – Difetto erronea e insufficiente motivazione sui punto”.

I motivi che concernono violazioni di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, non espongono il quesito di diritto che è indispensabilmente previsto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, per l’illustrazione di ciascun motivo nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1), 2), 3), e 4).

Essi sono pertanto inammissibili.

Quanto alla parte dei motivi che espone vizi di motivazione in relazione all’art. 360, n. 5, si rileva la mancata indicazione del fatto controverso su cui cadrebbe il vizio di motivazione.

In proposito la giurisprudenza (SU n. 20603/07; Cass. 4309/08;

16528/08) ha chiarito che la censura ex art. 360, n. 5, deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere.

Anche questa omissione è sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c..

Nella specie non è ravvisabile alcun momento di sintesi recante le caratteristiche tratteggiate dalla giurisprudenza.

Nella norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ., nonostante a mancanza di riferimento alla conclusività (presente, invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al n. 5 del precedente art. 360 – cioè la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione” – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito de citato art. 366-bis, che il motivo stesso concerne uri determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione.

Mette conto rilevare che neanche il secondo motivo, contenente nella par Le conclusiva alcune indicazioni, sia pur con inammissibili rinvii al testo (“nella sentenza impugnata non si rinviene alcuna motivazione al riguardo”), può essere ritenuto ammissibile.

In primo luogo il motivo non coglie snodi fondamentali della motivazione: a) quello in cui la sentenza afferma che eventuali accordi tra le parti per regolamentare i confini dovevano essere provati per iscritto; questa affermazione avrebbe dovuto essere criticata con motivo dedotto ex art. 360 c.p.c., n. 3, e con specifico quesito di diritto, restando altrimenti irrilevante il riferimento agli accordi amichevoli intercorsi tra le parti.

b) Quanto alla valutazione delle prove testimoniali, che si assume errata, perchè ritenute irrilevanti in relazione alla ctu, in quanto il consulente si sarebbe indebitamente rifatto alle mappe catastali, va rilevato: 1) che resta estraneo al momento di sintesi – ove fosse ravvisabile nell’ultima parte del motivo – l’aspetto della motivazione in cui si spiega la impossibilità di trarre elementi dalle testimonianze perchè relative a sconfinamenti così modesti, rispetto all’entità dei terreni, da non poter essere considerate fonti probatorie affidabili; 2) che comunque la censura si risolve, proprio per la puntualità e completezza della motivazione, qui parzialmente riferita con riguardo ai profili decisivi, in una inammissibile richiesta di rivisitazione delle valutazioni di merito rese dalla Corte d’appello, rivisitazione che non è consentita in sede di legittimità.

Va ricordato che i vizi della motivazione non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato da 1 giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale e1 assegnato alla, prova (Cass. 6064/08; 18709/07).

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Identica sorte merita il ricorso incidentale, relativo alla liquidazione delle spese del giudizio.

Inammissibile è il quesito di diritto formulato – in due riprese pag. 39 e pag. 40 – a conclusione del controricorso; esso infatti si risolve in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata; per contro il quesito deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regula iuris” da applicare nel caso concreto (Cass. 9477/09; Su 7433/09).

Quanto alla parte del motivo che lamenta assenza di motivazione sulla “mancata condanna dell’appellante alle spese di ctu”, v’è da rilevare la omessa chiara indicazione del fatto controverso e comunque a apoditticità della doglianza indicata come mancante e illogica. La sentenza giustifica infatti congruamente il riparto al 50% delle spese di ctu, facendo specifico riferimento alla situazione di effettiva incertezza esistente tra i fondi e alla natura dell’azione di regolamento dei confini.

Giustifica poi diversamente la compensazione delle spese di lite, consentita ex art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. 23 dicembre 2005, n. 263, art. 21, lett. a). La norma, nel nuovo testo, ai sensi dell’art. 24, L. cit., come modificato dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39-quater, conv., con modificazioni, dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51, è stata in vigore dal 1 marzo 2006 fino all’entrata in vigore, nel luglio 2009, della L. n. 69 del 2009.

Non è vero quindi che sia stata omessa l’applicazione del principio della soccombenza, come parte controricorrente insiste a sostenere in memoria, essendo stata applicata la disposizione citata.

Inoltre la relativa motivazione non viene criticata con censura ex art. 360, n. 5, adeguatamente formulata ex art. 366 bis c.p.c., nei termini descritti nella prima parte di questa sentenza.

Le spese di questo grado di giudizio, in relazione alla reciproca soccombenza, possono essere compensate per metà, posto che la preponderanza della questione di merito oggetto del ricorso principale giustifica la condanna del resistente alla refusione al ricorrente principale della restante parte. Le spese si liquidano per l’intero in Euro 2.000,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi. Spese compensate per metà.

Condanna parte controricorrente alla refusione in favore del ricorrente principale della restante parte delle spese di lite liquidate per l’intero in Euro 2.000,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2011

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