Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20297 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. III, 26/07/2019, (ud. 15/04/2019, dep. 26/07/2019), n.20297

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3623-2017 proposto da:

C.U., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ERCOLE

FORGIONE;

– ricorrente –

contro

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

ADRIANA 8, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI FRANCESCO

BIASIOTTI MOGLIAZZA, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DANIELA GAMBARDELLA;

– controricorrente –

e contro

REALE MUTUA ASSICURAZIONI, D.C.A.;

– intimati –

Nonchè da:

SOCIETA’ REALE MUTUA ASSICURAZIONI, in persona del Procuratore

Speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ASOLONE 8,

presso lo studio dell’avvocato FABIOLA LIUZZI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MILENA LIUZZI;

– ricorrente incidentale –

contro

D.C.A., G.F., C.U.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4177/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/04/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI CORRADO, che ha chiesto

l’accoglimento p.q.r. del ricorso incidentale, con particolare

riferimento al primo motivo di gravame, con conseguente assorbimento

degli altri motivi di detto gravame nonchè del gravame principale.

Fatto

RILEVATO

che:

1. IL PROCEDIMENTO: Con ricorso notificato 30 gennaio 2017 il signor C.U. chiede la cassazione della sentenza resa dalla Corte d’appello di Roma in data 30 giugno 2016 nei confronti suoi, in qualità di attore acquirente di un immobile, e del notaio G.F. e della venditrice D.C.A., in qualità di convenuti, e della società REALE MUTUA ASSICURAZIONI S.p.A., quale terza chiamata in manleva dal convenuto, in relazione a un giudizio di responsabilità avviato da C.U. nei confronti del Notaio e della venditrice mediante il quale, per quanto qui di interesse, si imputava al convenuto, notaio rogante dell’atto di compravendita di un immobile trasferito all’attore in data 26 settembre 2001, di non aver assolto ai propri obblighi professionali in relazione alle informazioni da darsi all’acquirente stipulante, (in tesi) all’epoca non in grado di percepire appieno, in quanto straniero, le dichiarazioni rese dalla parte venditrice e dal notaio in ordine alla sussistenza della trascrizione di una domanda giudiziale di petizione ereditaria, svolta dall’erede – non legittimario – della proprietaria del bene, deceduta, nei confronti della convenuta venditrice che, per via testamentaria, aveva ricevuto il bene immobile oggetto di compravendita. Sul bene trasferito risultavano infatti trascrizioni pregiudizievoli relative al giudizio di petizione ereditaria pendente innanzi al Tribunale di Roma, cui dopo la vendita era seguita anche la trascrizione relativa all’impugnativa del testamento olografo da parte dell’erede in tesi pretermesso. Il ricorso è affidato a un motivo; il notaio resistente ha notificato contro-ricorso per resistere e così anche la compagnia assicuratrice che, a sua volta, ha notificato ricorso incidentale, notificato il 10 marzo 2017, con quattro motivi. Il pubblico ministero produceva requisitoria scritta. Le parti producevano memorie.

2. LA VICENDA: Per quanto qui di interesse, il giudizio di primo grado instaurato innanzi al Tribunale di Roma veniva definito nei confronti del notaio con il rigetto della domanda per carenza della prova del danno, sull’assunto che non vi fosse prova che gli assegni emessi in pagamento del corrispettivo di vendita, intervenuto dopo il rogito, non risultassero effettivamente versati, come attestato dal notaio.

3. In seguito all’appello dell’acquirente del bene, la Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza, decideva che i) sulla dedotta nullità dell’atto per mancata presenza di un interprete (in particolare per non avere il notaio assolto agli oneri imposti dalla L. n. 89 del 1913, art. 54 che gli impongono di verificare se il testo delle dichiarazioni racchiuse nell’atto notarile sia compreso dalla parte straniera e, in caso negativo, di nominare un interprete), non se ne ravvisavano i presupposti, in quanto la parte non aveva dichiarato al notaio di non comprendere la lingua italiana e, inoltre, un teste presente al rogito era intervenuto a spiegare meglio all’acquirente alcune espressioni; ii) sul secondo motivo di appello riteneva che fosse sussistente la responsabilità del notaio nel non aver prestato la necessaria informativa sullo scenario dei rischi inerenti alla trascrizione pregiudizievole inerente all’azione di petizione ereditaria intentata dall’erede non legittimario pretermesso, tra cui doveva ricomprendersi quello relativo alla possibile impugnazione del testamento olografo, e nel non avere effettuato una idonea consulenza rispetto allo scopo tipico dell’atto di compravendita; iii) che il danno tuttavia, non poteva essere equivalente al prezzo versato per il corrispettivo di vendita, posto che, da un lato, al momento del rogito le parti avevano dichiarato essere stato già interamente versato e quietanzato mentre, dall’altro, non era adeguatamente provato che il pagamento fosse avvenuto successivamente; iv) che, quindi, il risarcimento doveva limitarsi alle spese del rogito equivalenti al deposito cauzionale ricevuto dal Notaio, oltre rivalutazione, interessi legali e compensativi a titolo di lucro cessante, trattandosi di debito di valore da responsabilità contrattuale per fatto illecito iii) riteneva quindi fondata la manleva proposta dal notaio nei confronti della compagnia assicuratrice, nei limiti del massimale convenuto e dell’importo riconosciuto a titolo risarcitorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

RICORSO PRINCIPALE.

1. Con un unico motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 l’acquirente qui ricorrente deduce violazione1falsa applicazione dell’art. 2700 c.c., laddove la Corte, dando fede alle dichiarazioni delle parti, non ha ritenuto che la dichiarazione di avvenuto pagamento del prezzo convenuto, pari a Lire 538.000.000, potesse essere provata dalle parti come non veritiera. La Corte d’appello quindi sarebbe incorsa nella violazione della norma nel ritenere come provato il pagamento del prezzo sulla base di quanto indicato nel rogito dalle parti.

RICORSO INCIDENTALE.

1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., art. 1176 c.c., comma 2, artt. 2230,2236,2697 c.c., artt. 115 e art. 116 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, la compagnia assicuratrice chiamata in manleva dal notaio deduce che al notaio rogante non sarebbe addebitabile alcuna colpa professionale sull’assunto che nell’atto di compravendita vi è menzione della trascrizione della domanda giudiziale inerente all’azione petitoria esercitata dall’erede legittimo – e non legittimario – nei confronti della parte venditrice del bene del de cuius, in quanto erede testamentaria, e che sono state date all’acquirente straniero le dovute informazioni sul punto, rilevabili in atti tramite le testimonianze e missive intercorse tra il notaio e legale del ricorrente, nonostante il ricorrente con argomenti nuovi abbia dedotto di non averle intese per mancata comprensione della lingua italiana, mentre l’impugnativa del testamento indicato come falso, per converso, è stata effettuata successivamente al passaggio di proprietà, di talchè al tempo del trasferimento del bene essa non era oggetto della trascrizione giudiziale pregiudizievole esaminata dal notaio, riguardante l’azione di petizione ereditaria tra erede legittimo ed erede testamentario, esercitata nei confronti della proprietaria del bene compravenduto. Inoltre deduce che non siano state adeguatamente considerate le prove acquisite sul punto. Con il secondo motivo la ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., n. 5 l’omessa considerazione del fatto che il deposito cauzionale per il pagamento delle imposte non è stato costituito dall’acquirente, bensì dalla venditrice con parte del corrispettivo di vendita, in particolare con titoli a firma dell’acquirente (doc. 2 fascicolo primo grado attore), sottoposto a vincolo cauzionale. Pertanto sarebbe inammissibile la pretesa di riferire all’acquirente il deposito cauzionale costituito dalla parte venditrice.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 1223,1224,1225,1227,1277,1282 e 2697 c.c., e degli artt. 115e 116 c.p.c. nella parte in cui la Corte ha indicato il debito restitutorio come debito di valore su cui deve aggiungersi la rivalutazione dal fatto al saldo e gli interessi compensativi. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. non essendosi la Corte di merito pronunciata sulle domande formulate dall’acquirente nei confronti della venditrice, pur avendo accolto il primo motivo dell’appello dell’acquirente volto a rilevare la nullità della domanda per difetto di petitum e di causa petendi nei confronti dell’acquirente.

1.1. Il primo motivo di ricorso incidentale è fondato e determina l’assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso principale e incidentale.

1.2. La censura riguarda una pronuncia che ha inteso applicare consolidati principi giurisprudenziali che, in tema di responsabilità professionale del notaio, impongono al professionista incaricato di stipulare l’atto pubblico obblighi di comportamento, tra i quali vi è quello di assicurarsi che il cliente abbia ben compreso il contenuto del negozio che si accinge a sottoscrivere e tutte le implicazioni che ne conseguono (cfr. Cass., sez, 3, 26020/2011). Tra gli obblighi del notaio rogante, difatti, è inclusa l’attività accessoria di consulenza rispetto allo scopo tipico dell’atto da stipulare, sino a giungere all’attività di dissuasione dei clienti dalla stipula dell’atto, salvo espressa dispensa delle parti (Cass., Sez. 3, del 22/06/2006, n. 14450/2011). Inoltre la Corte ha richiamato l’ampio spettro della responsabilità del notaio, che nel caso specifico non riguarda l’imperizia nella soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, ma la normale diligenza professionale esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2, rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve, essendo inapplicabile al caso di specie l’art. 2236 c.c. (in ciò riportando Cass. civ. sez. 2, 4427/2005; cfr anche Sez. 2 -, Sentenza n. 32147 del 12/12/2018).

1 3. Nell’applicare i suddetti principi la Corte d’appello ha messo in rilievo che la questione non riguarda il contenuto dell’atto, ove è menzionata la presenza di trascrizioni pregiudizievoli (con riferimento all’azione di petizione ereditaria) e le verifiche effettuate dal notaio prima del trasferimento, nè le informazioni rese in sede di stipula in ordine alla presenza di dette trascrizioni, essendo state tutte tali attività effettivamente espletate, bensì i) il non avere fatto menzione nell’atto della compiuta della informazione del contenuto della trascrizione al cliente, (v. Cass. n. 2485/2007) e ii) il non avere messo il cliente – per lo più straniero – nella condizione di comprendere o conoscere appieno i possibili rischi dell’acquisto di un bene rivendicato da un erede, per quanto non legittimario.

1.4. In merito alla prova dell’adempimento della prestazione dovuta la Corte di merito ha ritenuto che le prove per testi, e lo stesso carteggio intervenuto successivamente tra il notaio e l’avvocato dell’acquirente, comprovano che il notaio non informò la parte acquirente sui possibili rischi derivanti dalla trascrizione pregiudizievole rilevata al tempo del trasferimento e aveva anzi rassicurato il cliente sulla indifferenza del contenzioso in atto (allora circoscritto all’azione petitoria di un erede non legittimario nei confronti di un erede testamentario), aggiungendo che a nulla rileva che il notaio fosse intimamente convinto della assenza di rischi derivanti dalla trascrizione.

1.5. In proposito va rimarcata la validità dell’indirizzo giurisprudenziale richiamato dalla stessa Corte di merito a supporto della decisione, secondo cui il notaio incaricato dalla redazione e autenticazione di un contratto per la compravendita di un immobile, non può limitarsi a procedere al mero accertamento della volontà delle parti e a sovraintendere alla compilazione dell’atto, occorrendo che egli si interessi dell’attività, preparatoria e successiva, necessaria ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto medesimo e del risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti stesse, rientrando tra i suoi doveri anche quello di consiglio ovvero di dissuasione consistente nell’avvertire le parti degli effetti dell’esistenza di una trascrizione o iscrizione pregiudizievole sul bene oggetto di trasferimento (cfr. Cass. Civ, Sez 3a, 18 maggio 2017, n. 12482).

1.6. Il principio di diritto sopra richiamato non può però spingersi, pena la violazione del reciproco dovere della buona fede gravante sui contraenti, sino a richiedere al notaio il dovere di rappresentare agli stipulanti circostanze non esistenti all’epoca del rogito e relative a fatti, atti, ovvero ad azioni giudiziarie ancora non proposte (quali l’impugnazione del testamento esperita dopo l’azione di petizione ereditaria), e comunque non prevedibili al momento della stipula. Difatti non si condivide l’estensione del suddetto principio di diritto, operata dalla Corte territoriale, fino al punto da ricomprendere tra gli obblighi di informativa e di consulenza cui è tenuto il notaio al momento del rogito tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione o iscrizione pregiudizievole, quantunque essi non siano ad essa direttamente collegati, proprio per la posizione di equidistanza dagli interessi delle parti contraenti che si richiede al notaio a tutela di un corretto e imparziale presidio del traffico di negozi giuridici (v. anche il Codice deontologico vigente all’epoca sino al 2003).

1.7. Deve pertanto ritenersi estraneo all’obbligo di diligenza relativo all’attività esercitata dal notaio quello di fornire informazioni o consigli non basati sullo stato degli atti a disposizione del professionista e sulle circostanze di fatto specificamente esistenti, note o comunque prevedibili, dovendosi valutare la diligenza del notaio ex ante e non ex post, e dunque giammai sulla base di circostanze future e meramente ipotetiche, quali ad esempio la proposizione di una querela di falso avverso il testamento olografo nell’ambito di un giudizio di petizione ereditaria avanzata da un erede non legittimario, come avvenuto nella concreta fattispecie, caratterizzata dalla chiara indicazione nel rogito, da parte del notaio, dell’esistenza di una trascrizione pregiudizievole sugli immobili in argomento, datata 13 settembre 2001, rispetto un atto stipulato successivamente, il 26 settembre 2001, risultando invece proposta la querela di falso del testamento olografo il successivo 31 ottobre 2001.

1.8. L’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale comporta quindi l’assorbimento degli altri motivi di gravame nonchè del gravame principale, che deve essere di conseguenza rigettato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso incidentale per quanto di ragione, e assorbito il ricorso principale, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 15 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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