Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20297 del 23/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 23/08/2017, (ud. 21/04/2017, dep.23/08/2017),  n. 20297

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25187-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato GAETANO GRANOZZI, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

C.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PIEMONTE 32, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

SPADA, rappresentata e difesa dall’avvocato SEBASTIANO SALLEMI,

giusta delega in atti

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 861/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 22/10/2010 R.G.N. 1094/07.

Fatto

RILEVATO

Che con sentenza in data 22/10/2010 la Corte d’Appello di Catania, ha confermato, con diversa motivazione, la sentenza del Tribunale di Ragusa del 19/07/2006 la quale aveva dichiarato nullo il termine apposto al contratto intercorso tra Poste Italiane e C.S. dal 9/02/2001 al 31/05/2001 e sussistente un contratto a tempo indeterminato per assenza della causale giustificativa, assumendo, il secondo Giudice, che la datrice era venuta meno alla prova del rispetto della clausola collettiva relativa al tetto massimo di contratti a termine fissato dagli accordi collettivi al 5% dell’organico (cd. clausola di contingentamento);

Che la sentenza d’Appello dà atto che la controricorrente, riammessa in servizio, è stata licenziata da Poste Italiane per motivi disciplinari l’11/04/2008;

Che avverso la sentenza Poste Italiane ha proposto ricorso, affidato a sei motivi e illustrato da memoria difensiva, al quale ha opposto difese, con tempestivo controricorso, C.S..

Diritto

CONSIDERATO

Che nel primo motivo parte ricorrente deduce che il contratto si sarebbe sciolto per mutuo consenso (art. 1372 cod. civ.), avendo la lavoratrice proposto azione in giudizio dopo oltre un anno dalla scadenza del termine, con ciò rendendosi la domanda inammissibile;

Che nel secondo motivo la ricorrente contesta la pronuncia per aver ritenuto illegittima l’apposizione del termine per superamento del limite percentuale, là dove lungi dall’avere, tale illegittimità, conseguenze sulle sorti del singolo contratto stipulato, esso è posto dagli accordi collettivi a carico del datore di lavoro come limite all’adozione di contratti flessibili, su cui la legge riconosce al sindacato un ruolo di garanzia (L. n. 56 del 1987, art. 23 e art. 25, comma 3 c.c.n.l. di settore 11/01/2001);

Che nel terzo motivo si contesta la sentenza per aver negato le risultanze numeriche, di cui al prospetto riepilogativo di Poste Italiane per la prima volta in grado di appello, di cui la lavoratrice non aveva contestato il contenuto;

Che col quarto motivo la parte ricorrente contesta la sentenza per non aver ammesso la prova testimoniale sul rispetto del limite numerico perchè ritenuta generica;

Che nell’ultima censura, riguardante lo jus superveniens, costituito dall’entrata in vigore del cd. collegato al lavoro (L. n. 183 del 2010), parte ricorrente sostiene che la sentenza gravata – che ha condannato Poste Italiane alla corresponsione, a titolo risarcitorio, delle retribuzioni maturate medio tempore – avrebbe dovuto applicare l’indennità omnicomprensiva compresa tra 2,5 e 12 mensilità, prevista dall’art. 32 della legge in caso di conversione del rapporto di lavoro, in quanto regola speciale, espressamente estesa a tutti i giudizi in corso;

Che il primo motivo è infondato, sulla base del costante orientamento di questa Corte (Cass. n.16339/2015) secondo il quale, ai fini della risoluzione del contratto di lavoro per mutuo consenso, in assenza di altri elementi indicativi di una tale volontà contrattuale, la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine è irrilevante, gravando sul datore di lavoro che eccepisca la risoluzione, l’onere di provare le circostanze dalle quali ricavare la volontà chiara e certa delle parti di voler porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro, onere che la Corte territoriale non ritiene essere stato assolto da Poste Italiane;

Che il secondo, terzo e quarto motivo, esaminati congiuntamente per la loro omogeneità, sono egualmente infondati in quanto la sentenza gravata, con motivazione coerente ed esente da vizi logico – argomentativi, non ha ritenuto adeguatamente provato da parte di Poste Italiane il rispetto del limite percentuale fissato dai contratti collettivi del settore;

Che, pertanto, accertata la violazione del requisito numerico percentuale di lavoratori a termine assunti rispetto a quelli a tempo indeterminato, l’apposizione del termine al contratto di lavoro in esame va ritenuta nulla e il contratto di lavoro ab origine a tempo indeterminato;

Che il sesto motivo di censura va accolto, poichè ogni questione che faccia riferimento all’art. 32 del Collegato lavoro (L. n. 183 del 2010) in quanto jus superveniens, secondo la recente giurisprudenza delle Sezioni Unite n. 11374/2016, acquista rilevanza “…quando, accertata l’illegittimità della apposizione del termine, si passi all’individuazione delle sanzioni da applicare quale conseguenza dell’illegittimità”;

Che essendo stata in questo caso accertata l’illegittimità dell’apposizione del termine al contratto per violazione della cd. clausola contrattuale di contingentamento, è fondata la doglianza di Poste Italiane che contesta la condanna alla corresponsione, a titolo risarcitorio, delle retribuzioni maturate medio tempore, in luogo dell’indennità omnicomprensiva tra 2,5 e 12 mensilità, prevista dall’art. 32 della legge in caso di conversione del rapporto di lavoro, in quanto regola speciale, espressamente estesa a tutti i giudizi in corso;

Che pertanto deve rinviarsi alla stessa Corte d’Appello, in diversa composizione, per la determinazione dell’indennità omnicomprensiva di cui all’art. 32;

Che, pertanto, i primi cinque motivi di ricorso sono respinti, mentre il sesto è accolto.

PQM

 

La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa la sentenza gravata in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d’Appello di Catania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 21 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2017

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