Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20294 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. III, 26/07/2019, (ud. 15/04/2019, dep. 26/07/2019), n.20294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23504-2017 proposto da:

M.P., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

SILVIO MONTI;

– ricorrente –

contro

F.F., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

STEFANIA MEZZETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 266/2017 del TRIBUNALE di LIVORNO, depositata

il 09/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/04/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RITENUTO

che:

1. M.P. ricorre, affidandosi a cinque motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza del Tribunale di Livorno che, riformando la pronuncia del giudice di pace, aveva respinto la sua domanda volta ad ottenere da F.F., coniuge dal quale si era separata, la somma di Euro 1500,00, ulteriore rispetto a quella che le era stata già versata, quale differenza del ricavato della vendita dell’autovettura che ricadeva nel regime di comunione legale.

2. L’intimato ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1324 c.c., art. 1362 c.c., comma 1, art. 1363 c.c. con riferimento all’interpretazione delle comunicazioni telematiche del 13.9.2013 a sua firma e delle risposte del F. del 29.9.2013 e dell’1.10.2013.

1.2. Con il secondo ed il quarto motivo, entrambi riferiti al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si lamenta: a. la grave anomalia motivazionale consistente nel fatto che la sentenza conteneva due affermazioni in contrasto fra loro: la prima (pag. 5 della sentenza punto 2.2.) in cui il Tribunale assumeva, contrariamente al vero, che i messaggi telematici del 29.9.2013 e dell’1.10.2013 contenevano un testo identico, nonostante che fossero diversi fra loro; e la seconda secondo cui essi presentavano il medesimo contenuto, nonostante che il significato complessivo fosse del tutto differente;

b. l’apparenza della motivazione con riferimento al messaggio del 13.9.2013 al quale la Corte si era apoditticamente riferita senza affatto spiegare in base a quale canone ermeneutico da tale comunicazione si potesse evincere la concorde volontà delle parti.

1.3. Con il terzo motivo, ancora, la ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione delle norme sull’interpretazione dei contratti e degli atti unilaterali di cui agli artt. 1366 e 1324 c.c.: assume che era stato violato il canone della buona fede, sia nel caso in cui dette comunicazioni fossero parti integranti di un accordo, sia nel caso in cui il messaggio dell’1.10.2013 fosse interpretabile come un atto unilaterale

1.4. Con il quinto motivo, infine, la M. lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione delle norme sull’interpretazione dei contratti e degli atti unilaterali di cui agli artt. 1324 e 1362,1363 c.c. relativamente all’interpretazione del messaggio telematico del 13.9.2013.

Contesta l’interpretazione subordinata prospetatta dal Tribunale che postulava che l’ex coniuge si fosse impegnato a versare solo la somma, inferiore, pari ad Euro 7000,00.

2. Il primo ed il quinto motivo devono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione logica e la parziale sovrapponibilità.

2.1. Essi sono fondati ed assorbono anche la terza censura.

La ricorrente prospetta, infatti, un vizio di erronea interpretazione di atti, aventi valenza negoziale, descrivendone un contenuto che risulta ben diverso da quello al quale il Tribunale si era riferito: al riguardo emerge che il giudice d’appello, invero, ha valorizzato soltanto la successione cronologica delle comunicazioni, giungendo, in tal modo, ad una decisione inosservante dei criteri ermeneutici sanciti dagli art. 1362 e 1363 c.c..

2.2. Questa Corte, al riguardo, ha avuto modo di chiarire che “nell’interpretazione del contratto, che è attività riservata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni ermeneutici o vizio di motivazione, il carattere prioritario dell’elemento letterale non va inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo nell’art. 1362 c.c. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l’indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici anche laddove il testo dell’accordo sia chiaro ma incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti.” (cfr. ex multis Cass. 16181/2017): ed è stato anche chiarito che sebbene la ricerca della comune intenzione delle parti debba essere operata innanzitutto sulla base del criterio dell’interpretazione letterale delle clausole, assume valore rilevante anche il criterio logico-sistematico di cui all’art. 1363 c.c., che impone di desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, tenendosi, altresì, conto del comportamento, anche successivo, delle parti. (cfr. Cass. 10434/2006).

2.3. Nel caso in esame, la decisione del Tribunale si è fondata sull’interpretazione di quattro messaggi telematici, e cioè:

a. quello in data 13.9.2013 in cui la ricorrente M. chiese all’ex marito, prima di dare il proprio consenso alla vendita dell’autovettura, che le venisse accreditato sul conto corrente la metà del valore della macchina risultante da (OMISSIS);

b. quello in data 29.09.2013 con il quale il F. comunicava alla M. che avrebbe trovato sul conto (il versamento di) “ciò che dici tu (metà del valore dell’auto indicato nella rivista mensile (OMISSIS))”: segnala che dovevano essere pagati due bolli e chiede alla moglie come intende accordarsi per suddividere la spesa;

c. quello in data 1.10.2013, con il quale il F. scrive che, non avendo avuto risposta, le avrebbe accreditato quello che proponeva nella prima comunicazione del 13.9.2013, ed aggiunge che “quando arriveranno le multe per i mancati pagamenti dei bolli ne riparleremo”;

d. quello in data 4.10.2013 con il quale la M. lamenta che le era stato sottratto, dal corrispettivo della vendita dell’auto, la somma di Euro 3000,00 e contesta le pertinenza della detrazione.

2.4. Il Tribunale ha interpretato al di fuori dei criteri intenzionali e di quelli complessivi di cui all’art. 1363 c.c., richiamati anche dall’art. 1324 c.c., l’accordo che emerge dal complessivo carteggio, affermando che dal messaggio del 29 settembre, di accettazione dell’accordo, doveva evincersi che il F., pur avendo accettato di accreditare sul conto corrente la somma ricavata, aveva fatto presente che avrebbe detratto quella di Euro 3000,00: ciò, però, contrasta sia con il testo letterale della mail del 29.9.2013 riportato dallo stesso Tribunale (con il quale la proposta era stata accettata), sia con il dato oggettivo rappresentato dalla metà del valore di vendita paventato (cioè Euro 11.000,00).

2.5. Si osserva, infine, che il testo del messaggio dell’1.10.2013 risulta erroneamente interpretato dal Tribunale, perchè la proposta del 13.9.2013, al quale esso era riferito, conteneva la richiesta della M., per il consenso alla vendita, del versamento della metà del valore risultante dalla rivista “(OMISSIS)” e cioè, pacificamente, la somma di Euro 17.000,00.

2.6. In buona sostanza, il Tribunale nell’esame delle comunicazioni intervenute fra le parti, aventi valenza negoziale, ha confuso il significato dei vari testi ed ha violato, con ciò, i criteri di legge, previsti dalle norme sopra richiamate, per l’interpretazione del contratto.

3. La sentenza, pertanto, deve essere, in parte qua, cassata, con rinvio al Tribunale di Livorno in persona di un diverso giudice, per il riesame della controversia alla luce del principio di diritto sopra evidenziato.

4. Il secondo ed il quarto motivo sono, invece, inammissibili.

Entrambe le censure, infatti, pur invocando il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non indicano il fatto storico di cui sarebbe stato omesso l’esame, prospettando argomentazioni volte a criticare, inammissibilmente, la motivazione.

4.1. Questa Corte ha affermato, con orientamento ormai consolidato che “in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (cfr. ex multis Cass. SU 8053/2014; Cass. 23940/2017): il vizio dedotto, quindi, postula che venga indicato il fatto storico principale o secondario, ma decisivo ai fini della soluzione della controversia, il cui esame sarebbe stato omesso.

4.2. Nel caso di specie, tale omissione e le argomentazioni volte a censurare complessivamente la motivazione del Tribunale, impongono la dichiarazione di inammissibilità di entrambi i motivi.

5. Il Tribunale dovrà decidere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte,

accoglie il primo ed il quinto motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Livorno in persona di diverso giudice per il riesame della controversia in relazione ai motivi accolti ed anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 15 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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