Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20293 del 31/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 20293 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: GIUDICEPIETRO ANDREINA

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.8861/2012 R.G. proposto da
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata
dall’Avvocdtura Generale dello Stato, con domicilio legale in ROFIld, viClCi
Portoghesi, n. 12, pres5o l’Avvoca tura Generdle dello Stato;
– ricorrente contro
Rubino s.r.l. in liquidazione, in persona del I.r.p.t.;
– intimata-

avverso la sentenza n.97/29/11 della Commissione Tributaria Regionale
della Lombardia, depositata il 23/9/2011 non e notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 giugno 2018 dal
Consigliere dott.ssa Andreina Giudicepietro;

Data pubblicazione: 31/07/2018

RILEVATO CHE:
1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi contro la Rubino s.r.l. in
liquidazione per la cassazione della sentenza n.97/29/11 della Commissione
Tributaria Regionale della Lombardia, depositata il 23/9/2011 e non
notificata che, in controversia concernente l’impugnativa dell’avviso di
accertamento n. 4653009493 relativo ad IRPEG ed ILOR per l’anno

contribuente, sostenendo che il maggior valore riconosciuto alle rimanenze
iniziali non poteva giustificare la sua ripresa a fini tributari, in mancanza di
alienazione nel corso dell’anno di imposta in contestazione;
2. a seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la società è rimasta
intimata;
3. il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio del
14/6/2018 ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc.
civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016,
n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197;

CONSIDERATO CHE:
1.1. con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denunzia la
nullità della sentenza impugnata per la violazione degli artt.112 c.p.c., 57 e
24, comma 2, D.Lgs. n.546/92in relazione all’art. 360, comma 1, n.4,
c.p.c.;
secondo la ricorrente il giudice di rinvio ha erroneamente accolto il
ricorso in appello della contribuente, sulla base di un motivo che non era
originariamente contenuto nel ricorso introduttivo del giudizio, ma che è
stato introdotto in maniera inammissibile solo successivamente, con la
memoria depositata ai sensi dell’art. 32, comma 2, D.L.gs. n.546/92;
1.2. il motivo è infondato;
1.3. invero, come già rilevato dal giudice di rinvio, il contribuente con il
ricorso introduttivo del giudizio aveva impugnato il recupero a tassazione
del maggior valore delle rimanenze iniziali dell’anno 1995, contestando in
parte la stessa supervalutazione e lamentando, comunque, il difetto di
motivazione;

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d’imposta 1995, ha accolto in sede di giudizio di rinvio l’appello della società

con la memoria depositata ai sensi dell’art. 32 comma 2, D.L.gs.
n.546/9, il contribuente ha semplicemente chiarito in cosa effettivamente
consistesse il difetto di motivazione della ripresa a tassazione, sviluppando
delle argomentazioni a sostegno dell’impugnativa;
in particolare, il ricorrente ha dedotto che la consistenza materiale delle
rimanenze (iniziale e finale) non è variata nel corso dell’anno 1995, per cui

un’identica rivalutazione di quelle finali, non ha determinato alcuna
variazione sul risultato del bilancio di esercizio;
pertanto solo l’alienazione dei cespiti (che non si è verificata nella
fattispecie in esame e non costituisce il presupposto del recupero a
tassazione effettuato dall’Amministrazione) avrebbe potuto provocare una
variazione del risultato di esercizio e giustificare il provvedimento
i mpositivo;
tale argomentazione risulta funzionale a mettere in luce l’assenza di
motivazione del recupero a tassazione del maggior valore delle rimanenze
iniziali, derivante dal fatto che non è stata realizzata alcuna plusvalenza
mediante l’alienazione degli immobili costituenti rimanenze;
dall’esame del ricorso introduttivo si evince che la parte privata, seppur
in forma concisa, ha ritualmente e tempestivamente introdotto nel giudizio il
motivo di impugnazione del difetto di motivazione dell’atto impositivo, che
attiene proprio alla mancata realizzazione del maggior valore delle
rimanenze, che solo avrebbe potuto giustificare il recupero a tassazione dei
relativi importi;
appare evidente che i motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo
costituiscono la causa petendi rispetto all’invocato annullamento dell’atto
medesimo, mentre le argomentazioni contenute nella memoria sono
meramente esplicative del contenuto del ricorso, perché non implicano
l’inserimento di temi d’indagine nuovi;
queste ultime, nel caso in esame, costituiscono mere difese, che il
contribuente può sempre opporre all’amministrazione per contestare la
fondatezza della pretesa impositiva (cfr.- in tema di giudizio di eccezioni nel
giudizio di appello – Cass. ord. n. 11223/16);

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il maggior valore riconosciuto alle rimanenze iniziali, comportando

2.1. con il secondo motivo, la ricorrente denunzia il vizio di motivazione
della sentenza impugnata, ex art.360, commal, n.5, c.p.c., per non avere il
giudice adeguatamente motivato in ordine all’eccepita inammissibilità delle
deduzioni contenute nella memoria depositata dalla società ricorrente ex
art.32 d.lgs. n.546/92, costituenti un nuovo e diverso motivo di
impugnazione dell’atto impositivo;

della motivazione in diritto della sentenza impugnata, incensurabile sotto il
profilo dell’art.360, comma 1, n.5, c.p.c.;
3.1. ne discende che il ricorso nel suo complesso deve essere rigettato;
3.2. nulla deve disporsi in ordine alle spese, in quanto la società
contribuente è rimasta intimata;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il giorno 14 giugno 2018.

2.2. il motivo è inammissibile, poiché ha ad oggetto l’inadeguatezza

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