Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20292 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. III, 26/07/2019, (ud. 10/04/2019, dep. 26/07/2019), n.20292

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26253/2017 proposto da:

G.W., M.G., GA.GR., P.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MERULANA 234, presso lo

studio dell’avvocato CRISTINA DELLA VALLE, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE ROMUALDI;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI LOVERO;

– intimato –

nonchè da:

COMUNE DI LOVERO, in persona del Sindaco in carica e legale

rappresentante pro tempore S.A., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G. CACCINI 1, presso lo studio

dell’avvocato RICCARDO VILLATA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1426/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/04/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e l’accoglimento del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato CRISTINA DELLA VALLE;

udito l’Avvocato DAMIANO PALLOTTINO per delega.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Ga.Gr., P.P., G.W. e M.G. ricorrono, affidandosi ad un unico motivo illustrato anche con memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano resa nel giudizio di rinvio riassunto a seguito della pronuncia di questa Corte n. 6407/2015 del 30.3.2015.

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, la Corte territoriale, all’esito del giudizio rescissorio, ha riformato totalmente la pronuncia del Tribunale di Sondrio n. 57/2007 che aveva accolto le domande risarcitorie avanzate dagli odierni ricorrenti nei confronti del Comune di Lovero per il pregiudizio subito a causa delle procedure di riscossione coattiva, promosse nei loro confronti sulla base dei decreti ingiuntivi ottenuti per il pagamento del servizio di trasporto, dalle rispettive abitazioni alla scuola elementare, di cui avevano fruito i figli minori: dette procedure esecutive erano state attivate nelle more del giudizio di opposizione che si era concluso con la revoca dei provvedimenti monitori.

2. Ha resistito il Comune di Lovero intimato, proponendo altresì ricorso incidentale sulla base di un unico motivo, supportato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’articolato svolgimento della controversia rende opportuna una breve sintesi delle circostanze di fatto che hanno caratterizzato le varie fasi che si sono succedute, al fine di inquadrare correttamente le questioni di diritto che devono essere affrontate.

1.1 Il Comune di Lovero ottenne nel 1993 alcuni decreti ingiuntivi nei confronti degli odierni ricorrenti, genitori di bambini che avevano fruito del servizio di trasporto presso la scuola elementare, perchè non avevano pagato la relativa retta: questi proposero opposizione sostenendo che il servizio doveva essere gratuito.

1.2. Il Pretore di Sondrio dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ma la pronuncia venne riformata dal Tribunale, con rinvio dinanzi al primo giudice. Nelle more, il comune aveva attivato il procedimento coattivo di riscossione a seguito del quale si giunse al pignoramento di beni mobili dei debitori.

1.4. A ciò, tuttavia, seguiva:1) la sentenza del Tribunale con la quale venivano revocati i decreti ingiuntivi, con ordine di restituzione delle somme indebitamente percepite dal Comune e compensazione delle spese lite; 2) la parziale riforma della sentenza da parte della Corte d’Appello di Milano in punto di spese le quali venivano poste a carico del Comune (cfr. Corte appello Milano n. 1221/2002); 3) un separato giudizio promosso dagli odierni ricorrenti dinanzi al Tribunale di Sondrio nel 2005 per il risarcimento dei danni derivanti dalla ingiusta esecuzione, domanda che veniva accolta; 4) l’integrale riforma di tale pronuncia da parte della Corte meneghina che disconosceva il diritto al risarcimento; 5) il giudizio di Cassazione che si concludeva con la sentenza (Corte Cass. 6404/2015) che cassava tale sentenza con rinvio alla Corte territoriale perchè verificasse se il comportamento del Comune che aveva proceduto all’esecuzione fosse connotato da dolo o colpa, nonostante che i ricorrenti avessero intrapreso numerose iniziative per contestare la legittimità delle ingiunzioni.

1.5. I giudici d’appello, in sede di rinvio, hanno escluso che ricorresse il dolo o la colpa dell’ente locale, tenuto conto della cronologia degli eventi processuali e della circostanza che, una volta intervenuta la prima sentenza della Corte d’Appello (n. 1221/2002), il Comune aveva immediatamente deliberato di provvedere all’esecuzione spontanea di essa, corrispondendo sia il capitale che gli accessori liquidati a titolo di risarcimento: la Corte, pur condannando gli appellanti a rifondere al Comune le spese del giudizio rescissorio, ha posto a carico dell’ente locale le spese del giudizio di legittimità nella fase rescindente.

2. Sul ricorso principale.

2.1. Con unico articolato motivo, i ricorrenti deducono, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare degli artt. 34 e 97 Cost., L. n. 241 del 1990, artt. 21 quater e segg., D.L. n. 564 del 1994, art. 2 quater, convertito nella L. n. 656 del 1994, integrata dalla L. n. 28 del 1999 e dal D.M. Finanze n. 37 del 1997 e della L. n. 28 del 1999, art. 27; lamentano altresì l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto essenziale della controversia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.2. Assumono, al riguardo, che:

a. la Corte d’Appello di Milano aveva errato nell’escludere che ricorresse il dolo o la colpa grave nella condotta del Comune di Lovero che non aveva sospeso il procedimento di esazione in via di autotutela come stabilito nel principio di diritto enunciato nella sentenza emessa a seguito del giudizio rescindente: precisavano che l’istituto era stato disciplinato, da ultimo, dalla L. n. 28 del 1999 e dal D.M. Finanze n. 37 del 1997, che aveva regolato la materia prevedendo il potere di disporre la sospensione degli effetti di un atto, in apparenza illegittimo o infondato, anche al fine di ridurre il contenzioso.

b. la motivazione della Corte territoriale era, inoltre, illogica e contra legem, in quanto giustificava una condotta amministrativa posta in essere in violazione degli artt. 34 e 97 Cost., in relazione alla quale era sorto il loro diritto al risarcimento del danno, conseguente al fatto che i decreti ingiuntivi erano stati emessi in spregio del principio che l’istruzione obbligatoria era gratuita: affermavano, pertanto, che l’esecuzione di essi doveva essere evitata attraverso la sospensione della riscossione.

2.3. Il motivo è inammissibile.

In disparte il lapsus calami contenuto nella rubrica – in cui è stato erroneamente richiamato l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2, essendo palese che il riferimento fosse al vizio di violazione di legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si osserva che la censura, dopo una lunga esposizione teorica sul principio di autotutela della pubblica amministrazione, omette del tutto di formulare una critica specifica e concreta al corretto ed esaustivo percorso argomentativo della Corte territoriale che attraverso l’esame delle decisioni che avevano inciso sulla specifica vicenda ed attenendosi al principio di diritto pronunciato da questa Corte con la sentenza n. 6407/2015 del 30.3.2015, ha indagato sulla effettiva riscontrabilità, nella condotta del Comune, dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa “delle cui conseguenze nell’altrui sfera giuridica” avrebbe dovuto rispondere l’amministrazione che ne era stata autrice; ed ha negato che ricorressero tali caratteristiche, tenuto conto della complessiva cronologia degli eventi e della circostanza che una volta intervenuta la prima sentenza della Corte d’Appello n. 1221/2002, il Comune aveva immediatamente deliberato di provvedere all’esecuzione spontanea della decisione corrispondendo ai ricorrenti sia il capitale che gli accessori liquidati a titolo di risarcimento, con ciò elidendo ogni pregiudizio subito (cfr. pagg. 5, 6, 7, 8, 9 della sentenza impugnata).

2.4. Nessuna specifica censura viene proposta a tale ricostruzione: il motivo, pertanto, si limita inammissibilmente a contrapporre alla motivazione della Corte territoriale una diversa tesi difensiva, chiedendo una rivalutazione di merito non consentita in questa sede: si osserva, infatti, che è stato reiteratamente affermato il principio, al quale questo Collegio intende dare seguito, secondo cui “con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità” (cfr. Cass. 29404/2017; Cass. 8758/2017; Cass. 18721/2018).

3. Sul ricorso incidentale.

3.1. Con unico motivo di ricorso incidentale, il Comune di Lovero deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 91 c.p.c..

3.2. Assume che la sentenza era erronea nella parte in cui aveva posto a carico dell’ente locale, vittorioso, le spese della fase rescindente del precedente giudizio di legittimità; e che la Corte territoriale, in tal modo, aveva reso un’applicazione frazionata del principio della soccombenza, trascurando che il giudizio cassatorio e quello di rinvio costituiscono due fasi di un unico procedimento, il cui esito – al quale riferirsi per la valutazione della soccombenza – è quello finale.

3.3. Il motivo è fondato.

Questa Corte ha affermato, con orientamento ormai consolidato che “in tema di liquidazione delle spese, per la ipotesi di cassazione della sentenza, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, deve attenersi al principio della soccombenza, applicato all’esito globale del processo piuttosto che ai diversi gradi del giudizio e al loro risultato, con la conseguenza che la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione e tuttavia soccombente in rapporto all’esito finale della lite può essere legittimamente condannata al rimborso delle spese in favore dell’altra parte anche per il grado di cassazione” (cfr. Cass. 2634/2007; Cass. 14619/2010; ed, in termini, Cass. 15483/2008; Cass. 19345/2014; Cass. 9064/2018).

3.4. Nel caso in esame, la Corte territoriale, ponendo a carico del Comune di Lovero le spese del giudizio (rescindente) di legittimità, ha errato in quanto ha valutato la soccombenza con esclusivo riferimento a quella fase, omettendo di considerare che proprio la rivalutazione demandata alla Corte di merito nel principio di diritto pronunciato aveva determinato la riforma della sentenza di condanna del Tribunale ed il conseguente rigetto delle domande risarcitorie avanzate dagli odierni ricorrenti: l’ente locale pertanto deve ritenersi, all’esito della lite, complessivamente vittorioso e le spese della fase in esame non possono essere poste a suo carico, in quanto ciò rappresenterebbe una violazione del principio della soccombenza.

3.5. Il ricorso incidentale, dunque, deve essere accolto e la sentenza impugnata, in parte qua, deve essere cassata.

3.6. Tuttavia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, il Collegio può decidere la questione nel merito: ed, al riguardo, si ritiene che gli oscillanti esiti dei precedenti gravami rappresentino le gravi ed eccezionali ragioni che rendono opportuna la compensazione delle spese della fase rescindente.

4. Quelle del presente giudizio di legittimità seguono, invece, la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso principale; accoglie quello incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, compensa le spese della fase rescindente del giudizio di legittimità.

Condanna i ricorrenti principali alle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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