Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20291 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. III, 26/07/2019, (ud. 26/03/2019, dep. 26/07/2019), n.20291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29297/2017 proposto da:

D.M., DU.DA., E.A. (OMISSIS), rispettivamente

madre, sorella germana e sorella unilaterale del defunto

d.n., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 243,

presso lo studio dell’avvocato MARINA ARMELISASSO, che li

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

B.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4397/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/03/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.M., Du.Da. ed E.A. citarono in giudizio avanti il Tribunale di Milano l’UCI e B.M. chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a seguito del decesso di d.n. di anni 19, rispettivamente figlio e fratello delle attrici, avvenuto il (OMISSIS), quando l’autovettura Fiat Regata condotta da B.M. e sulla quale viaggiava il d. quale terzo trasportato, andò ad urtare contro un muretto di cemento provocando, appunto, la morte del trasportato. Nel contraddittorio con l’UCI il Tribunale di Milano rigettò la domanda, sul presupposto che le attrici non avessero fornito prova del vincolo parentale e che il diritto fosse comunque prescritto. Il Tribunale osservò come il rapporto di parentela non provato dalle attrici non afferisse alla mera legittimazione ad agire ma ad un fatto costitutivo della domanda che doveva essere provato ai sensi dell’art. 2697 c.c. e che tale prova non era stata fornita, perchè la lettera dell’Ufficiale di Stato Civile allegata era munita di “apostille” ma con traduzione non asseverata. Mancherebbero elementi certi per stabilire la concreta individuazione dello stato di nascita delle attrici e del loro grado di parentela con il defunto. Secondo il Tribunale la domanda non poteva trovare accoglimento anche per l’intervenuta prescrizione biennale applicabile al caso in esame, in ragione dell’avvenuto decorso del tempo di due anni dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna del B. (30/3/2003), non contenente statuizioni risarcitorie.

La Corte d’Appello di Milano, adita dai parenti del defunto, con sentenza n. 4397 del 19/10/2017, per quel che rileva in questa sede, ha confermato che nei certificati di nascita di d.n., Du.Da. ed E.A., prodotti e muniti di “apostille” era riportato solo il nominativo dei genitori, senza alcuna data di nascita nè altro elemento idoneo alla loro concreta individuazione. La Corte ha ritenuto che l’insufficienza della documentazione relativa allo stato civile delle persone non forniva adeguata prova dei rapporti parentali e che tale insufficienza non poteva essere integrata da mezzi di prova orali, “in quanto questi non garantiscono la precisione e non sono portatori di credibilità circa la ricostruzione della sussistenza di un rapporto di parentela naturale tra i soggetti di causa”. Quanto alla prescrizione la Corte d’Appello ha rigettato il motivo volto a far valere la mancata eccezione di controparte, confermando il ragionamento del primo giudice che, trattandosi di fatto costitutivo della domanda, non integrava un’eccezione in senso lato ma una mera difesa, soggetta quanto al regime probatorio alla regola generale dell’art. 2697 c.c., prova non data dalle attrici-appellanti e difesa non rinunciata dall’UCI che, formulata nella comparsa di costituzione, l’aveva riproposta anche nella comparsa conclusionale. A fronte del motivo di appello con il quale si contestava la prescrizione biennale con un ragionamento per cui le attrici appellanti avrebbero interrotto la prescrizione quinquennale, la Corte d’Appello ha replicato che, in mancanza di prova del momento in cui le ricorrenti fossero venute a conoscenza della morte del figlio e fratello, allegando a fronte di un fatto così devastante nella vita familiare semplicemente la presenza di due difensori, fatto del tutto irrilevante rispetto alla conoscenza della morte del prossimo congiunto; ha quindi confermato pienamente il ragionamento del giudice di prime cure, corredato da giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il termine biennale era già decorso sia tra il passaggio in giudicato della sentenza di condanna e la lettera del 21/6/2005, sia tra questa e la successiva lettera del 29/7/2008. Il giudice ha rigettato l’appello e condannato le appellanti alle spese del grado.

Avverso la sentenza D.M., D.D. ed E.A. propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Resiste con controricorso l’UCI – Ufficio Centrale società consortile a r.l..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo denunciano, con riguardo all’art. 360 c.p.c. commi 3 e 5, la “Violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (omessa pronuncia) art. 115 c.p.c. (il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti) art. 2699 c.c., art. 2700 c.c. (l’atto pubblico fa fede fino a querela di falso) art. 2043, art. 2054 c.c., art. 1223 c.c.(obbligo di risarcimento del danno) art. 2697 c.c. (onere della prova) art. 2729 c.c. (presunzione della prova) art. 2 Cost.(diritti inviolabili dell’uomo) art. 3 (divieto di discriminazione) art. 13 Cost. (libertà personale) art. 22 Cost. (diritto ad operare giuridicamente) art. 32 Cost. (diritto alla salute) art. 24 Cost. (diritto ad agire in giudizio). Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

2. Con il secondo motivo denunciano “l’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5. Violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.(omessa pronuncia) art. 115 c.p.c. (il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonchè i fatti specificamente non contestati) art. 241 c.c., art. 242 c.c. (prova in giudizio) art. 2043 c.c., art. 2054 c.c., art. 1223 c.c. (risarcimento del danno) art. 2697 c.c. (onere della prova) art. 2729 c.c. (presunzione della prova) art. 2 Cost.(diritti inviolabili dell’uomo) art. 3 (divieto di discriminazione) art. 13 Cost. (libertà personale) art. 22 Cost. (diritto ad operare giuridicamente) art. 32 Cost. (diritto alla salute) art. 24 Cost. (diritto ad agire in giudizio) art. 111 Cost. (durata ragionevole del processo). Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

3. Con il terzo motivo denunciano l’art. 360 c.p.c., commi 3, 4 e 5. Violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. (il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonchè i fatti specificamente non contestati) art. 116 c.p.c. (valutazione delle prove) art. 167 c.p.c. (decadenza dalla contestazione) art. 2043 c.c., art. 2054 c.c., art. 1223 c.c. (risarcimento del danno) art. 2697 c.c. (onere della prova) art. 2729 c.c. (presunzione della prova) art. 2 Cost. (diritti inviolabili dell’uomo) art. 3 (divieto di discriminazione) art. 13 Cost. (libertà personale) art. 22 Cost. (diritto ad operare giuridicamente) art. 32 Cost. (diritto alla salute) art. 24 Cost. (diritto ad agire in giudizio) art. 111 Cost. (durata ragionevole del processo). Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

4. Il ricorso è inammissibile sotto plurimi distinti profili. Premesso che la Corte d’Appello di Milano ha confermato integralmente la sentenza di prime cure sia in merito al difetto di legittimazione attiva sia in merito alla prescrizione del diritto al risarcimento del danno, ne deriva la presenza di una cd. “doppia conforme” che preclude, in base alle previsioni dell’art. 348 ter c.p.c., u.c., il ricorso per cassazione per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Le critiche sono, in ogni caso, inammissibili perchè volte a sollecitare una rilettura degli elementi istruttori preclusa in sede di legittimità. Le critiche specificamente volte a censurare la sentenza nella parte in cui ha negato ingresso alle prove testimoniali sono pure inammissibili in quanto non esplicitano i capitoli di prova non ammessi dal giudice del merito, nè gli elementi di fatto che il giudice del merito avrebbe dovuto valutare in termini di prova presuntiva. Infine, per quel che riguarda le critiche svolte alla impugnata sentenza in punto di prescrizione le stesse devono ritenersi inammissibili anche per difetto di interesse, stante la inammissibilità delle critiche alla prima ratio decidendi.

5. Il ricorso va dichiarato inammissibile e le ricorrenti condannate in solido alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, oltre che al cd. “raddoppio” del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna le ricorrenti a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 6.200 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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