Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20290 del 31/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 20290 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: GIUDICEPIETRO ANDREINA

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.28076/2011 R.G. proposto da
BZ Immobiliare s.a.s. di Acetti Cinzia e Savegnago Alice Norma (già
Stampi BZ s.r.I.), in persona del I.r.p.t., rappresentata dall’avv. Raimondo
Fulcheri, elettivamente domiciliata in Roma alla via Marianna Dionigi n.29,
presso l’avv. Marina Milli;
– ricorrente contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata
dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

controricorrente-

avverso la sentenza n.22/35/11 della Commissione Tributaria Regionale
della Lombardia, sezione 35, del 14/12/2010, depositata il giorno
4/3/2011, non notificata.

Data pubblicazione: 31/07/2018

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 giugno 2018 dal
Consigliere dott.ssa Andreina Giudicepietro;

RILEVATO CHE:
1. la BZ Immobiliare s.a.s. di Acetti Cinzia e Savegnago Alice Norma
ricorre con sei motivi per la cassazione della sentenza n.22/35/11 della

14/12/2010, depositata il giorno 4/3/2011, non notificata, che, in
controversia concernente l’impugnativa dell’avviso di accertamento n.
R2W030200636/2008 di maggior reddito ai fini IRPEG ed IRAP per l’anno
2003, notificato in data 19 dicembre 2008, prima del decorso del termine
dilatorio di 60 giorni dall’accesso, avvenuto in data 13 novembre 2008
senza redazione di P.V.C., previsto dall’art.12, comma 7, L. n. 212/2000, ha
rigettato l’appello della società contribuente, confermando la sentenza della
C.T.P. di Varese di rigetto del ricorso del contribuente;
2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. della Lombardia esponeva che
l’Ufficio aveva eseguito un accesso mirato presso la sede della contribuente
al fine di reperire documentazione;
inoltre esponeva che, sulla base della documentazione reperita e di
quella fornita dalla società in successivi incontri, l’Agenzia delle entrate in
data 19/12/2008 aveva notificato l’avviso di accertamento, recuperando a
tassazione gli utili spettanti alla società associata Profil. Mec s.r.I., in quanto
costo indeducibile ex art. 75 T.u.i.,r,. (ora 109), sul presupposto che il
contratto di associazione configurasse un’operazione antieconomica e priva
di idoneo supporto probatorio;
tanto esposto, la C.T.R. della Lombardia riteneva che

l’avviso di

accertamento, notificato prima del decorso del termine dilatorio di 60 giorni
dal verbale di accesso, previsto dall’art.12, comma 7, L. n. 212/2000, non
fosse nullo e che fosse adeguatamente motivato circa l’antieconomicità
dell’operazione contestata alla società associante, la quale non aveva fornito
sul punto idonea prova contraria;
3.

la società contribuente ha impugnato la sentenza suddetta,

contestando la nullità dell’atto impositivo per l’inosservanza del termine

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Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione 35, del

dilatorio di cui all’art.12, comma 7, L. n. 212/2000, la genericità della
motivazione, la violazione degli artt. 62 T.U.I.R., 42 D.P.R. n.600/73 e
2697 c.c. sul riparto dell’onere della prova, l’irrilevanza della pretesa
antieconomicità dell’operazione ai fini fiscali;
a seguito del ricorso della società, l’Agenzia delle Entrate si è costituita,
resistendo con controricorso;

14/6/2018 ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc.
civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016,
n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197;
5. la ricorrente ha depositato memorie;

CONSIDERATO CHE:
1.1. con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente denunzia la
violazione e falsa applicazione dell’art.12, comma 7, L. n.212/2000 e
dell’art.24 L.n.4/1929, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.;
secondo la ricorrente il giudice di appello ha erroneamente ritenuto che
l’avviso di accertamento notificato prima del decorso del termine dilatorio di
sessanta giorni (in assenza di verbale di constatazione consegnato al
contribuente) non fosse per ciò stesso nullo, perchè la sanzione della nullità
non era prevista da una specifica disposizione normativa, considerando
anche la mancanza, nel caso di specie, di un’attività accertativa vera e
propria in fase di accesso;
1.2. la censura è fondata e va accolta;
1.3. in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche
fiscali, secondo l’orientamento attuale della giurisprudenza di legittimità,
sancito dalla sentenza delle Sezioni Unite n.18184/2013, l’emissione
dell’avviso prima del decorso del termine di sessanta giorni dal termine
degli accertamenti ne comporta l’invalidità, a meno che la deroga non sia
giustificata da “particolari” ragioni di urgenza, idonee a giustificare
l’anticipazione dell’emissione del provvedimento;
la Corte ritiene, quindi, di dare continuità al consolidato orientamento
secondo cui l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve

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4. il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio del

essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di
sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine
decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato
un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio
dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza,

termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio
procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di
derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra
amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace
esercizio della potestà impositiva (Cass. S.U. sent. n. 18184/13);
nel caso di specie, il giudice di appello sostiene che l’avviso di
accertamento è stato emesso a seguito di un accesso mirato, diretto
all’acquisizione di documentazione (reperita solo in parte, secondo quanto
riportato in sentenza dal giudice di appello), per cui l’inosservanza del
termine di sessanta giorni non determinerebbe la nullità dell’avviso, non
essendo applicabile alla fattispecie in esame l’art. 12, comma 7, L.n.212/00;
deve, però, rilevarsi che, come chiarito in recenti pronunce di questa
Corte, “le dette garanzie statutarie operano già in fase di accesso,
concludendosi anche tale attività con la sottoscrizione e consegna del
processo verbale di chiusura delle operazioni svolte, e ciò alla stregua delle
prescrizioni dell’art. 52, cornma 6, del decreto IVA ovvero dell’art. 33 del
decreto sull’accertamento; siffatte, garanzie si applicano anche agli atti di
accesso istantanei finalizzati all’acquisizione di documentazione, sia perché
la citata disposizione non prevede alcuna distinzione in ordine alla durata
dell’accesso, ed è comunque necessario, anche in caso di accesso breve,
redigere un verbale di chiusura delle operazioni (in senso conf. Cass.
2593/14 e Cass. 15624/14), sia perché, anche in caso di “accesso breve”, si
verifica quella peculiarità che, secondo Cass. sez. unite n. 24823/2015,
giustifica, quale controbilanciamento, le garanzie di cui al cit. art. 12;
peculiarità consistente nelrautoritativa intromissione dell’Amministrazione
nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi

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l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poichè detto

valutati a lui sfavorevoli” (Cass. sent. n. 11471/2017; cfr. anche
n.18110/16; n.25265/17; n.1007/17; n.8246/18);
quindi deve concludersi nel senso che “in materia di garanzie del
contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 52 del d.P.R. 26 ottobre
1972, n. 633, impone la redazione del processo verbale di chiusura delle
operazioni in ogni caso di accesso o ispezione nei locali dell’impresa, ivi

dal rilascio di copia del predetto verbale decorre il termine di sessanta giorni
trascorso il quale può essere emesso l’avviso di accertamento ai sensi
dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212” (Sez. 5, Sentenza
n. 7843 del 17/04/2015, Rv. 635300 – 01; Cass. ord. n. 3060/18);
2.1. l’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento dei motivi
successivi, il cui esame diventa superfluo (il secondo, il quarto ed il quinto
motivo sono relativi alla violazione dell’art.2697 c.c. sull’onere probatorio e
dell’art. 42 D.P.R. n.600/73 per il difetto di motivazione dell’avviso di
accertamento, il terzo motivo riguarda la violazione dell’art.62, co.4,
T.U.I.R., che prevede la deduzione degli utili spettanti agli associati in
partecipazione nell’esercizio di competenza, il sesto motivo censura, in
maniera del tutto inammissibile ex art. 360, comma 1, n.5 c.p.c., l’omessa
pronuncia in relazione ai requisiti richiesti dall’art. 37 bis D.P.R. n.600/73,
riconducibile più correttamente ad un vizio di sussunzione – violazione di
legge ex art. 360, comma 1, n.3 c.p.c.-);
2.2. a seguito dell’accoglimento del primo motivo, la sentenza
impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in
fatto, il ricorso della società contribuente va accolto;
2.3. attesa la formazione ed il consolidarsi dell’orientamento
giurisprudenziale citato successivamente all’instaurazione del giudizio,
sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dell’intero
giudizio;
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario
della società contribuente; compensa tra le parti le spese dell’intero

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compresi gli atti di accesso finalizzati alla raccolta di documentazione, e solo

giudizio.

Così deciso in Roma, il giorno 14 giugno 2018.

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