Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2029 del 26/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 26/01/2017, (ud. 30/11/2016, dep.26/01/2017),  n. 2029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10537/2016 proposto da:

S.I.S., in proprio che nella qualità di unica

erede legittima di E.D., elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato FABRIZIO MOBILIA, in virtù di mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, C.F. (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTIGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 446/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

emesso il 05/406/2015 e depositato il 06/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con decreto depositato il 6 ottobre 2015, la Corte d’appello di Messina, in sede di rinvio da Cassazione n. 17930 del 2014, ha confermato la liquidazione in favore di S.I.S., in proprio e nella qualità di coniuge superstite di E.D., dell’importo di Euro 500,00 per ciascun anno di irragionevole durata del giudizio introdotto dinanzi al TAR per la Sicilia – Sezione staccata di Catania nel 1990, e ancora pendente al momento della proposizione della domanda di equa riparazione, nel 2011;

che la Corte di cassazione aveva annullato il decreto del 2-4 aprile 2012 con riferimento alla liquidazione del danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo, sul rilievo che non era motivato lo scostamento dai criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU (750,00 Euro all’anno per i primi tre anni di durata eccedente; 1.000,00 Euro per gli anni successivi), tenuto conto, per un verso, che la pretesa azionata nel giudizio presupposto era tutt’altro che esigua (credito di circa 32.000,00 Euro), e che, per altro verso, non vi fosse necessità di reiterare l’istanza di prelievo, che era stata presentata nel 1996;

che la Corte d’appello, in sede di rinvio, ha ribadito che lo scostamento si giustifica in ragione del comportamento a lungo inerte della parte che aveva presentato l’istanza di prelievo dopo sei anni dall’introduzione del giudizio, dimostrando lo scarso interesse alla sollecita definizione dello stesso, tanto più considerando che la pretesa concerneva la riliquidazione del trattamento supplementare di fine servizio, e quindi accessori asseritamente maturati su un credito che risaliva al 1982;

che per la cassazione del decreto S.I.S. ha proposto ricorso sulla base di un motivo, e depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.;

che l’intimato Ministero dell’economia e delle finanze ha depositato atto per l’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con l’unico motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2 e si contesta che la Corte d’appello non si sarebbe uniformata alla statuizione contenuta nella sentenza di annullamento con rinvio, poichè ha ribadito uno dei due profili della motivazione che la Corte di cassazione aveva ritenuto insufficienti a giustificare lo scostamento della liquidazione dallo standard fissato dalla Corte EDU;

che la doglianza è fondata;

che il giudice del rinvio si è limitato a ribadire argomenti che erano stati ritenuti insufficienti a supportare la decisione, difatti annullata, e quindi non ha dato esecuzione al compito affidatogli dalla pronuncia di cassazione, così violando i principi in tema di rapporto tra fase rescindente e fase rescissoria;

che, infatti, in ipotesi di annullamento per vizi della motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà, non limita il potere del giudice di rinvio all’esame dei soli punti specificati, ma conserva al giudice stesso tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento, anche se, nel rinnovare il giudizio, egli è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato, ritenuti illogici, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi (ex plurimis, Cass., Sez. U., sent. 10598 del 1997);

che all’accoglimento del ricorso segue la cassazione del decreto impugnato con rinvio ad altro giudice, che si designa nella Corte d’appello di Catania, per la determinazione della misura dell’indennizzo spettante alla ricorrente;

che il giudice del rinvio provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Catania.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2017

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