Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20289 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. I, 25/09/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 25/09/2020), n.20289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 752-2019 proposto da:

D.S., domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato

GUIDO FAGGIANI, rappresentato e difeso dall’Avvocato ROBERTO DALLA

BONA giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI MILANO n. 3200/2018, depositato

il 9.7.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15.7.2020 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

D.S. propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione del provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Tribunale di Milano aveva respinto il ricorso presentato contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della richiesta di protezione internazionale, sub specie di riconoscimento della protezione sussidiaria ed umanitaria;

la domanda del ricorrente era stata motivata in ragione dei rischi di rientro nel suo Paese d’origine ((OMISSIS)), in quanto dopo aver ucciso per errore un ragazzo, temendo per la sua vita a seguito delle minacce del padre di quest’ultimo, era fuggito raggiungendo l’Italia;

il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo si lamenta la nullità del procedimento per aver il Tribunale cumulato la domanda di protezione umanitaria assieme alla domanda di protezione internazionale, quantunque la prima sia “soggetta ad ordinaria azione di cognizione”, mentre la seconda è “soggetta a rito speciale camerale”;

1.2. con il secondo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 alla Direttiva 2004/83/CE e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 essendosi il Tribunale interrogato, nel ritenere privo di credibilità il ricorrente, sulle responsabilità ed eventuali conseguenze circa il tragico incidente narrato dal ricorrente senza valutare l’esposizione alla vendetta dei parenti dell’ucciso, e fermo in ogni caso che occorre valutare se le strutture statuali di quel paese siano effettivamente in grado di garantire i “diritti “minimi” della persona”, il mantenimento dell’ordine pubblico e la giustizia;

1.3. con il terzo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 111 Cost., all’art. 6 CEDU, all’art. 101 c.p.c., al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,27 e 35 avendo il Tribunale disatteso le anzidette domande sulla base di COI acquisite nella fase amministrativa al di fuori del contraddittorio delle parti, senza cioè “assegnare un termine ex art. 101 c.p.c. perchè il difensore presane conoscenza, potesse svolgere la propria attività difensiva”;

1.4. con il quarto motivo si lamenta violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, alla Direttiva 2004/83/CE, all’art. 2 Cost. e all’art. 8 CEDU, poichè la valutazione circa la concessione della protezione umanitaria prescinde dall’assenza o meno di prove o principi di prova, va condotta d’ufficio e si deve fondare su di una valutazione comparativa volta a verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio di diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile, – mentre nella specie “sembrava di poter dedurre” che il decidente si fosse attenuto al medesimo quadro probatorio giudicato sfavorevolmente ai finì delle altre misure;

2.1. il primo motivo di ricorso, come diffusamente illustrato da questa Corte (cfr. Cass., n. 9658/2019), è inammissibile, dovendo invero rilevarsi, sul presupposto che è stato lo stesso ricorrente ad instaurare il giudizio di merito mediante la proposizione di un ricorso unico e unitario ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis avente ad oggetto la richiesta di ogni forma di protezione, la preclusione risultante dall’art. 157 c.p.c., comma 4, non potendo essere eccepita la nullità del procedimento dalla parte che vi abbia dato causa;

2.2. il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile in quanto rivolto alla rinnovazione del giudizio di fatto esperito dal decidente, considerato che il Tribunale di Milano ha escluso la credibilità intrinseca del ricorrente sulla base di un motivato apprezzamento delle circostanze fattuali sottese alla vicenda narrata dal ricorrente, all’esito del quale si è indotto a negarne ogni plausibilità (“il racconto… risulta… poco circostanziato, privo di elementi specifici rispetto a circostanze fondamentali della storia e non plausibile… con riferimento all’incidente che avrebbe indotto il ricorrente ad espatriare si evidenzia la mancanza di riferimenti temporali… il momento centrale dell’uccisione del ragazzo è riferito in modo del tutto generico e non plausibile… altro elemento di scarsa plausibilità è il comportamento dell’amico che, chiamato nell’immediatezza del sinistro, si sarebbe attardato al lavoro nei campi prima di recarsi dal richiedente, e dopo averlo lasciato solo senza avere certezza alcuna circa lo stato di salute del ragazzo, avrebbe semplicemente informato dell’accaduto i genitori…(del ricorrente)… i quali, a loro volta, avrebbero comunicato il fatto ai genitori del ragazzo senza preoccuparsi di chiedere aiuto e soccorso… non si comprendono i motivi che avrebbero indotto il ricorrente, o i suoi familiari, a non denunciare le minacce di morte ricevute”);

2.3. il terzo motivo è infondato, non ravvisandosi la denunciata violazione del contraddittorio nell’acquisizione d’ufficio delle COI;

2.4. come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 1600/2020 in motiv.) va osservato infatti, più in generale, che esse sono acquisibili liberamente in quanto mutuate da fonti pubbliche accessibili a chiunque, onde è nel contraddittorio che ha luogo avanti al giudice che si sviluppa il confronto tra le parti in ordine all’attendibilità delle informazioni raccolte e alla loro idoneità ad orientare la valutazione circa la situazione interna del paese interessato;

2.4. inoltre, le COI a cui abbia attinto la Commissione territoriale si riflettono nella motivazione del provvedimento da essa adottato e, dunque, essendone perciò informato, il ricorrente non può opporre la sua mancata conoscenza a pretesto della mancata interlocuzione su di esse, dovendo altresì evidenziarsi che le COI non costituiscono un fatto o non integrano una questione, in ragione dei quali si possa profilare una violazione del contraddittorio, trattandosi propriamente di un elemento istruttorio ed essendo ben noto che spetta al giudice scegliere facendo esercizio del suo prudente apprezzamento le fonti del proprio convincimento;

2.5. va-res011itbanch4 il quarto motivo, relativo al rigetto della domanda di protezione umanitaria, in quanto la censura non si misura affatto con la ratio decidendi del decreto impugnato, in cui sono state approfonditamente enunciate nella motivazione (pagg. 8-9) le ragioni del diniego della protezione umanitaria osservando come non risultassero comprovati seri motivi umanitari connessi ad una situazione di particolare vulnerabilità del richiedente (con specifico riguardo alle patologie fisiche e psichiche dedotte dal richiedente), nè elementi attestanti un’effettiva integrazione sociale in Italia;

3. sulla scorta di quanto precede il ricorso va respinto;

4. nulla sulle spese in difetto di costituzione avversaria.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

 

 

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