Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20288 del 25/09/2020
Cassazione civile sez. I, 25/09/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 25/09/2020), n.20288
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6206/2019 proposto da:
F.S., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della I
sezione civile della Corte di Cassazione e difesa dall’avvocato
BASSAN Maria;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il
04/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/07/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Venezia, con decreto depositato in data 4.01.2019, ha rigettato la domanda di F.S., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.
E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, non essendo stato il suo racconto ritenuto credibile (il ricorrente aveva riferito di essersi allontanato dal (OMISSIS) per il timore di essere ucciso dallo zio).
Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo per il ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel suo paese di provenienza.
Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.
Ha proposto ricorso per cassazione F.S. affidandolo a tre motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. E’ stata è stata censurata la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Si duole il ricorrente che il Giudice non abbia adeguatamente motivato il suo provvedimento in merito alla ritenuta non credibilità del suo racconto, limitandosi a delle considerazioni generiche. Rileva, invece, che il proprio narrato è coerente e non contraddittorio e quindi credibile.
2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 e art. 14, lett. b) e c).
Deduce il ricorrente, in ordine al pericolo di danno grave di cui all’art. 14, lett. b) legge cit, che in (OMISSIS) non vi è sistema giuridico effettivo che consenta di assicurare adeguati livelli di protezione preventiva e repressiva agli atti di persecuzione perpetrati da agenti terzi allo Stato, nella fattispecie, il proprio zio.
Quanto al pericolo di danno grave D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) rileva che in (OMISSIS) vi è una situazione di violenza generalizzata anche nelle regioni del sud, come evincibile dal sito “(OMISSIS)” del Ministero degli Esteri nel report pubblicato il 28.01.2019.
3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.
Si duole il ricorrente che, in caso di rimpatrio, sarebbe soggetto al rischio di violazione dei diritti umani, come si evince da numerosi rapporti internazionali.
Espone, altresì, che il Tribunale non ha tenuto conto delle torture dallo stesso subite in Libia, nonostante che il verbale di audizione innanzi alla Commissione territoriale, nel quale si faceva riferimento a tali abusi.
4. Il primo motivo è fondato.
Va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).
Ciò premesso, il ricorrente ha correttamente contestato il giudizio di non credibilità formulato dal giudice di merito, evidenziando la genericità e quindi la sostanziale apparenza della motivazione di quest’ultimo, il quale si è limitato ad affermare apoditticamente che le dichiarazioni del richiedente “appaiono poco credibili ritenuto che lo stesso non ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda”, “non avendo lo stesso specificato tutte le circostanze utili a corroborare la vicenda”. Si tratta di un’evidente motivazione apparente, non essendo state indicate le ragioni per cui il giudice di merito ha ritenuto la non plausibilità e tenuta logica delle dichiarazioni del richiedente.
5. I residui motivi sono assorbiti.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbiti i residui, cassa il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Venezia, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020