Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20286 del 15/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/07/2021, (ud. 20/04/2021, dep. 15/07/2021), n.20286

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10737-2020 proposto da:

M.J.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CHISIMAIO, 29,

presso lo studio dell’avvocato MARILENA CARDONE, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1977/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 15/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO

MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – M.J.S., cittadino del Bangladesh, ricorre per tre mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 15 ottobre 2019, con cui la Corte d’appello di Catanzaro ha respinto l’appello avverso ordinanza del locale Tribunale di diniego, in conformità alla decisione della competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi a scrivere ad un atto di costituzione depositato per i fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. – Il primo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma 4, nonché art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, censurando la sentenza impugnata sull’assunto che il richiedente avrebbe fornito alla Commissione territoriale dichiarazioni dettagliate in ordine al proprio allontanamento dal Paese di provenienza.

Il secondo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 8, censurando la sentenza impugnata perché sarebbe “mancato il dovere di cooperazione istruttoria officiosa… in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al paese di origine”.

Il terzo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c. in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, sostenendo che la Corte d’appello non avrebbe operato alcuna valutazione comparativa degli elementi che concorrevano a determinare una condizione di vulnerabilità legata sia alla vicenda personale del richiedente, sia alle condizioni del suo paese di origine.

RITENUTO CHE:

4. – Il ricorso è inammissibile.

4.1. – E’ inammissibile il primo mezzo.

La Commissione prima, il Tribunale poi ed infine la Corte d’appello hanno affermato che la narrazione del richiedente sulle ragioni del proprio allontanamento dal Paese di origine non fossero credibili, sia perché generiche e non circostanziate, sia perché l’interessato non aveva chiarito le ragioni per le quali non aveva fruito della protezione del suo Paese. La Corte d’appello, d’altro canto, ha aggiunto che la vicenda narrata, concernente un’estorsione subita dal richiedente, cui sarebbe seguito l’incendio di un suo banco per la vendita di merci, aveva un rilievo esclusivamente penalistico.

Orbene, questa seconda ratio decidendi, sintetizzabile in ciò, che la vicenda narrata dal richiedente possedeva un rilievo circoscritto a rapporti interprivati, per i quali la protezione non spetta (tra le tante Cass. n. 16940/2020, Cass. n. 24361/2020, Cass. n. 19258/2020, Cass. n. 9043/2019), non è censurata, sicché sol per questo il provvedimento impugnato deve in parte qua rimanere fermo.

Il motivo è comunque inammissibile in applicazione del principio secondo cui, in materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa – spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il fatto storico non valutato, il dato testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua decisività per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578). Nel caso di specie il ricorrente non indica uno specifico fatto storico decisivo, omesso e controverso, ma sollecita, peraltro del tutto genericamente, un diverso apprezzamento delle sue dichiarazioni, semplicemente contrapponendo la sua lettura di esse alla lettura datane dalla Corte territoriale.

4.2. – E’ inammissibile il secondo mezzo.

Secondo il ricorrente la Corte territoriale sarebbe venuta meno al proprio dovere di cooperazione istruttoria, non avendo proceduto all’accertamento della situazione del Paese di provenienza.

Il che non e’, dal momento che detta situazione è illustrata alle pagine 7 e seguenti, con la finale affermazione che il Bangladesh non è Paese caratterizzato dalla violenza indiscriminata riconducibile alla previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.

L’inammissibilità discende dunque dalla circostanza che il ricorso non si misura con la ratio decidendi che effettivamente sostiene il provvedimento impugnato.

4.3. – E’ inammissibile il terzo mezzo, ove si consideri che dal ricorso non riesce assolutamente ad intendersi quali sarebbero le personali, individuali ragioni di vulnerabilità del richiedente, distinte, ovviamente, dalla generica circostanza della provenienza da un paese povero, dovendosi ribadire che, ai fini del riconoscimento del permesso di soggiorno per gravi ragioni umanitarie (nella disciplina di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, applicabile ratione temporis), non è sufficiente la mera allegazione della situazione di grave difficoltà economica e sociale anche estrema in cui il richiedente verrebbe a trovarsi ove fosse rimpatriato nel Paese di provenienza, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass. n. 3681/2019, Cass. n. 23757/2019),

5. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

 

 

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