Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20285 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. I, 25/09/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 25/09/2020), n.20285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5793/2019 proposto da:

A.J., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della I

sezione civile della Corte di Cassazione e difeso dall’avvocato

BASSAN MARIA;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

02/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2020 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Venezia, con decreto depositato n data 2.01.2019, ha rigettato la domanda di A.J., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, non essendo stato il suo racconto ritenuto credibile (il ricorrente aveva riferito di essersi allontanato dal (OMISSIS) per le denunce di molestie sporte nei suoi confronti dalla famiglia della fidanzata, il cui padre era un membro influente del partito (OMISSIS), mentre il proprio padre e fratello militavano nel (OMISSIS)).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo per il ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel suo paese di provenienza.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione A.J. affidandolo ad un unico articolato motivo.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ stata censurata la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Si duole il ricorrente che il Tribunale non abbia valutato correttamente la situazione instabile del tessuto socio politico del (OMISSIS) ai fini della concessione della protezione umanitaria.

Espone che, in caso di ritorno in patria, sarebbe esposto al rischio di compromissione dei più basilari diritti umani ed al pericolo per la propria incolumità.

Deduce che il Tribunale ha travisato le fonti ufficiali (tra cui il rapporto di Amnesty International).

Infine, si duole che il Tribunale di Venezia non ha tenuto conto del suo percorso di integrazione sociale nel paese di accoglienza.

2. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che questa Corte ha già affermato che, ai fini della concessione della protezione umanitaria, pur dovendosi partire, nella valutazione di vulnerabilità del richiedente, dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale, atteso che, diversamente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (in questi termini sez. 1 n. 4455 del 23/02/2018).

Nel caso di specie, il ricorrente non ha minimamente correlato la dedotta violazione dei suoi diritti fondamentali – allegazione effettuata, peraltro, in modo del tutto apodittico – alla sua condizione personale, non deducendo, peraltro, neppure di aver intrapreso un proprio percorso di integrazione sociale nel paese di accoglienza, limitandosi all’uopo a citare qualche precedente giurisprudenziale.

La declaratoria di inammissibilità non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in conseguenza della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

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